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Francesca Barra: 'Le mie ricette del cuore. Così io e Claudio ci amiamo in cucina'

'Sono cresciuta in una famiglia dove la cucina era una fucina sempre in azione. Ecco perché ho deciso di aprire un food blog. Claudio? Insieme facciamo gnocchi e ravioli: cucinare insieme è una delle cose più belle che facciamo amandoci'

Francesca Barra Le mie ricette del cuore Così io e Claudio ci amiamo in cucina

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“Cucinare per me è un atto di amore. E farlo insieme a Claudio (Santamaria, ndr) è una delle cose più belle che condividiamo amandoci. In cucina, così come in tante altre passioni, è lui il mio compagno di avventure”. Da qualche tempo Francesca Barra ha aggiunto alle sue varie attività di giornalista, scrittrice, conduttrice televisiva, anche quella di food blogger, aprendo un blog di cucina sui social. “Aocchioequantobasta” infatti è nato direttamente su Instagram e fin dal nome, che mette insieme due locuzioni tipiche delle ricette casalinghe di ognuno di noi, dichiara di essere una guida per “donne imperfette ma capaci di preparare qualcosa di buono con gli ingredienti che si ritrovano in frigo. Il mio ideale d'altra parte è Jiulia Child, una cuoca casalinga americana che mentre preparava il tacchino farcito faceva vedere che un ingrediente le cadeva in terra. Proprio come succede a tutti”. 

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Da dove viene la tua passione per la cucina?
“La mia nonna paterna è bolognese, quella paterna calabrese. Io sono nata in Basilicata e sono cresciuta in una famiglia dove cucinare è sempre stata una forma di comunicazione alta. Mia nonna che portava un piatto a tavola non faceva un atto servile ma un dono d’amore. Vederla alzarsi la mattina alle prime ore dell’alba per preparare i tortellini fatti con le sue mani significava assistere a un immenso gesto di affetto. La cucina nella mia casa è sempre stata una fucina di creazioni di alimenti. Io, fin da bambina, sono sempre stata il braccio in quella che somigliava a una catena di montaggio. C’era chi sbatteva le uova, chi stendeva la sfoglia col mattarello, chi metteva il ripieno. Sono cresciuta guardando e aiutando. Da noi si preparava la conserva dei pomodori, il succo di frutta fatto in casa, le marmellate. E il tutto pur avendo una madre che ha sempre lavorato”.

D’altra parte anche tu sei una donna che lavora.
“Da questo punto di vista io vorrei fare una difesa delle donne che nel 2019 scelgono di fare una vita da casalinghe. Ormai sembra che famiglie tradizionali non ne esistano più. Tutto è pensato per le coppie miste per le famiglie allargate. Ma io credo che oggi scegliere di stare a casa e mandare avanti l’organizzazione domestica sia una scelta di emancipazione. Mi ricordo che qualche tempo fa scrissi una lettera aperta sull’Unità indirizzata a Laura Boldrini per ribadirle che non c’era niente di mortificante, come invece l’aveva definito lei, nel portare in tavola un piatto. Non solo. Io sono quel tipo di casalinga che quando prepara un piatto chiede ai propri figli: “Ti piace?”. E se loro mi dicono sì, sono felice. Quindi il mio target non sono né le donne schiave né quelle talmente occupate che comprano solo cibo già pronto. Mi rivolgo invece alle persone che riescono a conciliare tutto”.

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Quali erano i “must” in cucina delle tue nonne?
“Una delle mie due bimbe ha il nome composto da quello delle due mie nonne, Emma Angelina. Mia nonna Angelina, quella calabrese, era tornata al Sud dopo aver vissuto in Africa dove mio nonno fu rinchiuso per sette anni in un campo di concentramento. Erano orafi ma lei all’arte del creare gioielli ha sempre unito anche quella del creare dei piatti. Me la ricordo elegante e affettuosa mentre cucinava con il filo di perle al collo. Il suo best era il riso al forno con polpettine e salsiccia. Da lei ho imparato che non si butta via niente e che con gli avanzi s possono preparae dei piatti buonissimi. Mia nonna Emma invece ha 97 anni e vive in perfetta autonomia a Bologna. Quando vado a trovarla tutt’oggi mi fa trovare i suoi tortellini fatti a mano, il chinotto in frigo e le polpette. Con gli avanzi mi fa la frittata di pasta che è la mia “madeleine” di Proust”.

Quale cucina proponi nel tuo blog?
“Ricette semplici con quello che ho in casa. Senza stare con le mani in pasta non vivo ma nessuno deve farsi venire l’ansia perché prepararle è semplice. Io poi quando posso coinvolgo anche le mie due bimbe e anche il mio primogenito Renato. Emma, ad esempio, si bagna i polpastrelli e fa delle polpette perfette. Greta mi aiuta a impastare. E Renato sa pulire bene i carciofi. Credo che i ragazzi che crescono senza avere ricordi affettivi legati al cibo e alla cucina si perdano qualcosa di importante. E poi c’è Claudio”.

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Hai contagiato anche a lui la passione per la cucina?
“Sì. Claudio è un uomo che sa fare tutto. Credo che il mio amore per lui sia nutrito da una grande ammirazione. Perché è un uomo di grandi talenti. Sa cantare, ballare, aggiustare, prendersi cura, scrivere. Fotografare. Oltre che ovviamente recitare. Il suo unico limite reale è davvero il tempo. In cucina ha sempre cucinato per sua figlia anziché prendere una tata come fanno tanti uomini . E in questo, come in tante altre cose, ci siamo ritrovati in pieno. I nostri figli preferiamo goderceli il più possibile. Insieme ci siamo messi a fare ravioli e gnocchi ripieni e lui è davvero bravissimo. Claudio ha la capacità di plasmare una materia informe e di creare bellezza”.

Così non rischiate di ingrassare?
“In effetti siamo ingrassati entrambi. Ma io per la gravidanza che poi purtroppo è stata interrotta. Lui invece deve stare a stecchetto per il film che sta girando con Gabriele Muccino. E quindi succede che Muccino mi mandi messaggini in privato per raccomandarmi di non preparargli dei manicaretti… “. E ridendo aggiunge: “E comunque non è che i cibi pronti non contengano salse o grassi. Certamente bisogna sempre fare un buon movimento fisico”.

Che cosa gli prepari per farlo felice?
“Lui ama i dolci. Una volta gli ho fatto una torta a forma di cuore che all’interno aveva cioccolata rossa. Era molto scenografica”.

Insieme state anche scrivendo un libro.
“Sì, uscirà a settembre. Si tratta di un romanzo ambientato in Basilicata. Scrivere a quattro mani è un’esperienza catartica che richiede pazienza. Si tratta di fondere due visioni del mondo e due stili: o ti lasci o funziona per sempre. Nel nostro caso vale la seconda opzione”.

 

 

 

16/07/2019