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Il Presidente o la Presidente? Dopo la scelta di Giorgia Meloni divampa la polemica. Cosa è giusto?

La decisione della premier ha suscitato reazioni veementi. Sull’argomento intervengono in tanti, dalla Boldrini a Luxuria e a Michela Murgia. Ma c'è chi la pensa diversamente. E poi c’è la precisazione dell’Accademia della Crusca

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Il Presidente o la Presidente? Magari PresidentessaPresidenta? La discussione divampa fragorosa e molti vip e non vip si accalorano nel sostenere una posizione o l’altra. Da quando la nuova premier Giorgia Meloni ha fatto sapere di volersi far chiamare “il Presidente” le reazioni sono state veementi. E importanti.

Il Tweet di Boldrini

Per l’ex presidente della Camera Laura Boldrini la scelta della leader di FdI non è condivisibile. “La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente – scrive su Twitter - Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato? La Treccani dice che i ruoli vanno declinati. Affermare il femminile è troppo per la leader di FDI, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?”.

Ovviamente il Tweet della Boldrini attira risposte piccate. “I deliri delle fantomatiche femministe stanno sfociando in attacchi deprimenti e in inutili tentativi di gettare fango contro una donna forte e indipendente che non ha certo bisogno, al contrario di loro, di dimostrare di esserlo con un articolo determinativo.#Boldrini #rosicona”, risponde Daniele Pozzi.

Michela Murgia

Ma sull’importanza dell’usare il femminile da parte di una donna che giunge su uno degli scranni più alti della nostra Repubblica ritorna la scrittrice Michela Murgia. 'Meloni è il presidente? Modello di potere maschilista. Deve spiegare perché ce l'ha con la lingua italiana, il femminile di presidente esiste'. Perché allora non usarlo? Sembra una cosa scontata.

Giorgia Meloni però pare avere un concetto di rispetto dei diritti del mondo femminile diverso. Forse più basato sulla sostanza che sulla forma. Anche se, in certi casi, sostengono in molte sui social, ciò ha la sua importanza. Ma tant’è. Giorgia del resto l’universo femminile non lo dimentica. “Il giorno della fiducia lo dedico alle donne, terremo unito il Paese”, fa sapere.

Senza dimenticare che lei, nel nostro Paese, rappresenta la novità assoluta. E’ la prima donna a guidare un governo in Italia. 'Festeggiamo un primato sperando che in futuro non sia più una eccezione, mi auguro che non sarà più una notizia', dichiara in una intervista all'Ansa la nota direttrice d’orchestra Beatrice Venezi.

I complimenti dal Centrosinistra

Ma sotto questo punto di vista i complimenti giungono anche da donne del fronte opposto.

“È tutto quello che non siamo”, affermano sul Corriere della Sera Chiara Geloni, Elisabetta Gualmini e Alessia Morani, esponenti del centrosinistra. Applaudono il risultato della leader di FdI e di come lei sia riuscita a farcela “senza meccanismi di cooptazione”.

Ma quella scelta di sorvolare, anzi chiedere, di essere chiamata “il Presidente”, nel Centrosinistra, fa sussultare moltissime donne. La ritengono un'occasione mancata. E in primo luogo quelle che sulla questione di genere hanno affrontato lotte estenuanti.

Le parole di Luxuria

Vladimir Luxuria non si esime dall’intervenire e cinguetta: “Strana la vita: io nata anagraficamente maschio che chiedo di essere declinata al femminile e @GiorgiaMeloni, nata femmina, che chiede di essere declinata al maschile”.

Apriti cielo. Anche questa notazione scatena la frenesia sui tasti di molti pc e smartphone.

Le risposte

Il commento di Elisabetta Aldrovandi, Avvocato, Docente di criminologia presso CIELS, Presidente Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime e Garante Tutela Vittime di reato regione Lombardia, ne riassume molti altri. “Lei è declinata al femminile. Le professioni non hanno appartenenza di genere, sono professioni. Io sono donna e avvocatO, per esempio”, scrive.

Lucrezia Modugno precisa: “No, sei avvocata per le regole della grammatica italiana, parola attestata al femminile quantomeno dal Medioevo. Se poi le vuoi ignorare in nome di chissà quale convinzione, sei avvocato”.

“Il termine avvocato si usa anche per un avvocato di sesso femminile e non è sbagliato dal punto di vista grammaticale. Sono entrambe corrette e l'uso femminile è più per una questione di sensibilità”, incalza Alberto Battistoni.

Mentre Anna Tortora precisa: “Infatti io sono donna e giornalista. Un mio collega maschio è ugualmente giornalista, non giornalisto”.

Usigrai

Le polemiche e le discussioni comunque sembrano non volersi calmare. Anche i giornalisti Rai, attraverso l'Usigrai, hanno protestato parlando di 'pericoloso arretramento' ed evidenziando che in molte testate della Rai le direzioni 'stanno chiedendo alle colleghe e ai colleghi di usare il maschile per indicare il nuovo incarico di Giorgia Meloni, perché è lei a chiederlo'.

E Michela Murgia coglie al volo l'assist e ci va giù duro. 'I giornalisti Rai giustamente vogliono scrivere in italiano”. Ad avviso della scrittrice “dal punto di vista simbolico Giorgia Meloni, che pretende l'articolo maschile sta dicendo io governerò come un maschio.  E questo credo sia la migliore risposta possibile a chi gioisce per una donna al potere. Non è il sesso di chi comanda che conta, è il modello di potere che si ricopre. Il modello di potere di Giorgia Meloni è quello maschilista al maschile. Più di così'.

L'Accademia della Crusca

Va detto però che l’Accademia della Crusca ritiene corretto quanto deciso dalla prima premier del Belpaese. 'Non c'è nulla di strano nella decisione di Giorgia Meloni di firmare gli atti ufficiali come 'il' presidente del Consiglio. I titoli al femminile sono legittimi sempre; chi usa questi femminili accetta un processo storico ormai ben avviato. Chi invece preferisce le forme tradizionali maschili ha comunque diritto di farlo', spiega Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca, la più antica istituzione linguistica del mondo. Bisogna abituarsi tuttavia 'a non avere paura di queste oscillazioni linguistiche'.

'Quella di Giorgia Meloni direi che è persino una decisione prevedibile - spiega all'Adnkronos il professore Marazzini - Del resto non è cosa inaudita. Basti pensare, tra i tanti casi noti, alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati nella precedente legislatura. La preferenza della Casellati era ben nota a tutti. Questo vale per le cariche pubbliche e politiche. Ma forse non ricordiamo la questione del 'direttore d'orchestra', sollevata dalla Venezi?”.

E proprio la più giovane direttrice d'orchestra d'Italia, tra le pochissime bacchette femminili nel mondo della musica, non nasconde da subito la soddisfazione per l'incarico a Giorgia Meloni.

La posizione di Venezi

'Meloni che ha rotto il soffitto di cristallo è una questione socio culturale che ha a che vedere con la politica nel senso più nobile del termine. E' una novità che sicuramente avrà ricadute positive: non c'è niente di più potente dell'esempio - sostiene Beatrice Venezi -  L'Italia ci arriva tardi, avevamo avuto anche l'opportunità di eleggere un presidente della Repubblica donna ma ce lo siamo fatto sfuggire. Una cosa però voglio mettere in chiaro: essere donna non deve essere considerato un valore aggiunto, ci tengo a sottolinearlo se no cadiamo dall'altra parte, bisogna avere, garantire, accesso paritario a tutti e andare avanti sulla base del merito e si deve essere messe in condizioni di poterlo dimostrare senza barriere, al di là del genere sessuale'. Arriverà il tempo in cui tutto questo discorso di oggi sarà archeologia culturale? 'Ritengo di si - risponde il Direttore d’orchestra (come ama essere chiamata) - l'obiettivo è non considerare tutto questo un problema”.

Si, perché “altre donne – riprende Marazzini - non si riconoscono nelle scelte linguistiche della tradizione femminista di marca anglosassone, introdotta in Italia nel 1986 da Alma Sabatini (al tempo delle Pari opportunità del governo Craxi), e ribadiscono la propria diversità attraverso scelte alternative di immediata evidenza'.

'In questo modo - sottolinea il presidente dell'Accademia della Crusca - mettono in luce il valore ideologico delle opzioni linguistiche sul genere (le proprie, ma indirettamente anche quelle avverse). Sarebbe riduttivo giudicare tutto questo come una semplice questione grammaticale, perché non lo è affatto'.

Infatti. Viva la libertà di scelta, tuttavia. Anche quella della giornalista Lilli Gruber che riferendosi a quanto avverrà nel suo programma (Otto e Mezzo su La7) avverte: “Noi continueremo a chiamarla la presidente”.

25/10/2022