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Accusato di molestie, insegnate si difende: «Parlavo di sesso ma senza avance»

Quattro studentesse di un liceo romano lo accusano, lui: “Fraintesi i miei messaggi”. E' stato sospeso dalla sezione ma non dalla scuola

Accusato di molestie insegnate si difende Parlavo di sesso ma senza avance
di Redazione

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Sarà regolarmente a lezione, lunedì prossimo, il professore di storia e filosofia allontanato dalla sezione in cui è esploso il caso di molestie sessuali. Maurizio Gracceva, pittore e autore di saggi oltre che insegnante al liceo Tasso di Roma, è ancora in servizio in altre classi nonostante le accuse. Come racconta Il Corriere della Sera, la prima a denunciare è stata una minorenne, poi si è fatta avanti una compagna e infine una diciottenne si è presentata ai magistrati. Tutte hanno raccontato lo stesso tipo di comportamento depositando agli atti la chat su Whatsapp estratta dal proprio cellulare con gli insistenti messaggi.

Indagini per molestie

Stando a chi li ha letti, i messaggi sono tutti perfettamente espliciti. Per le giovani la chat serviva a veicolare avance, per il docente accusato si parla sì di sesso ma non si tratta di avance. Sta di fatto che il pubblico ministero Francesca Passaniti, componente del pool dei reati sessuali, indaga per molestie. Gracceva è stato iscritto sul registro degli indagati a ottobre scorso e dovrebbe essere interrogato il prossimo 12 gennaio.

Nessun ricatto sessuale

«L’intera vicenda è un grande equivoco», assicura lui al Corriere della Sera. Dice di sentirsi «tranquillo» e di avere «fiducia» nella magistratura. «Quei messaggi - assicura - sono stati fraintesi. Erotismo? Io parlo così con tutti, ragazze e ragazzi, insegno da 30 anni, prima ero all’Augusto (altro liceo classico di Roma, ndr) e tra sei mesi vado in pensione». Nessuna avance, «figurarsi ricatti sessuali» dice. Soprattutto niente chat: «Ho un vecchissimo cellulare con il display. Lo mostrerò ai pm» anticipa.

Rapporto aperto e confidenziale

Il suo difensore, l’avvocato Antonio Carmelo Pirrone minimizza: «Il mio cliente ha solo stabilito un rapporto aperto e confidenziale con le proprie classi. La sua materia, la filosofia, invita a interrogarsi: forse è sembrato naturale rappresentare i propri problemi al loro insegnante. Le ragazze si sono confidate e lui è stato in ascolto, tutto qui». Sta di fatto che quattro delle sue studentesse si sono sentite molestate e ricattate, per questo hanno sporto querela. Fatto che il professore non saprebbe come spiegarsi.

Il decreto di allontanamento

Per lui tutto è stato improvviso e inatteso: «Ho saputo per la prima volta che c’erano dei problemi i primi giorni di ottobre, il preside ha firmato un decreto che mi toglieva una classe quinta. Il provvedimento non faceva però riferimento alle molestie, parlava solo di riorganizzazione interna. Io ho 18 ore di insegnamento in tutto, 6 a cattedra, 3 classi, due quinte e una terza, mi hanno tolto la quinta, in quelle ore il preside mi ha destinato alla biblioteca». L’avvocato di Gracceva assicura che in famiglia non ci sia stata «nessuna tragedia. La moglie, preside di un’altra scuola, non giudica né accusa, almeno non pubblicamente».

Studenti confusi

Invece a scuola i ragazzi sono a disagio. Il prof, dicono, «si è collocato al di fuori del proprio ruolo, abusando della sua autorità per proporsi alle sue stesse allieve. I messaggi, risaputi, erano decisamente hard, le telefonate pare altrettanto». Per l’avvocato Pirrone, invece, si tratta di «telefonate reciproche che sono andate avanti per molto tempo, ma nessuna pressione. Produrremo il contenuto delle risposte che provano una cosa sola: l’esistenza di un rapporto reciproco fra il mio cliente e le sue studentesse». Insomma niente di morboso? Nessun rimprovero al suo assistito? «Nulla di morboso - insiste il legale - semplicemente il professore non è una persona che alza muri e barriere con i suoi allievi. Forse l’unica cosa che può rimproverarsi è un po’ di imprudenza. Ma certamente nessun ricatto sessuale». Non solo, il fatto che Gracceva abbia spedito messaggi espliciti «deporrebbe a suo favore», assicura, «perché nessuno, se non una persona in buona fede, sarebbe così folle da lasciare traccia delle proprie avance». Vedremo cosa deciderà il giudice dopo l’interrogatorio dell’accusato.

04/01/2018