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Nel cuore del mare: le meraviglie del Museo Oceanografico di Monaco

Nel cuore del mare le meraviglie del Museo Oceanografico di Monaco
di Stefania Elena Carnemolla

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L’ Isola delle Tartarughe non è un’isola dei pirati con forzieri colmi di tesori. È un’isola per tartarughe sulla terrazza panoramica del Museo Oceanografico di Monaco, edificato su una scogliera sul mare della Costa Azzurra. Qui vivono – donate nel febbraio del 2012 dall’allora presidente del Mali, Amadou Toumani Touré, al principe di Monaco, Alberto II, durante la sua visita di Stato nella repubblica africana – sette tartarughe, due maschi e cinque femmine, esemplari di tartaruga solcata, la testuggine africana protetta dalla Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione e che nel museo monegasco hanno trovato un rifugio sicuro. Nell’isola per loro creata – inaugurata il 24 aprile 2012 alla presenza della principessa Charlene, consorte di Alberto II – le tartarughe vivono su un suolo di terra e sabbia con decorazioni di piante, giardini rocciosi, tronchi d’albero e punti d’acqua e dove sono libere di muoversi, ripararsi, bere e rinfrescarsi. Un habitat che ricorda quello originario.

Ospitando una specie di tartarughe in via di estinzione, il Museo, che è membro della Convenzione di Washington, nonché del Réseau des Tortues Marines de Méditerranée Française – gruppo specializzato della Société Herpétologique de France – ha rafforzato il proprio “ruolo nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla tutela della biodiversità”. Fra le priorità del Museo, infatti, la conservazione di habitat e specie, nonché la “tutela di animali marini in difficoltà”, come, appunto, le tartarughe, regolarmente accolte nel Museo per essere guarite e, una volta, liberate, reintegrate nei rispettivi habitat. Il Museo, che con i suoi ateliers pedagogici e animazioni già svolge un ruolo educativo, investe, infatti, anche in azioni di conservazione e riproduzione, con, ad esemoio, centinaia di pesci nati e cresciuti nei suoi bacini.

“Questo museo è una meraviglia, una festa per gli occhi, un mondo da scoprire e un luogo di conoscenza delle insospettabili ricchezze del mondo sottomarino e acquatico”, così, Amadou Toumani Touré al principe Alberto II poco prima del dono delle sette tartarughe, confessando d’essere rimasto affascinato, durante il suo soggiorno nel Principato, dalla visita al Museo creato dal principe Alberto I di Monaco, “tuo bisnonno”, dirà Amadou Toumani Touré al principe monegasco, ricordando lo “studioso ed esploratore” affascinato “dall’antropologia, paleontologia umana e oceanografia”.

Oggi sulla terrazza del Museo – museo cui fu direttore il famoso oceanografo, e non solo oceanografo, Jacques-Ives Cousteau – accanto all’Isola delle Tartarughe, c’è un’area giochi per bambini con uno scheletro di balena in legno, un veliero, sempre in legno, un dondolo a delfino, quindi, poco più in là,  uno spazio lounge dove rilassarsi godendo della vista del mare.

Dall’aria sul mare all’interno del Museo, con le collezioni storiche della Sala Alberto I – dove si conservano testimonianze delle sue campagne oceanografiche – una sala proiezioni, quindi il più grande gabinetto al mondo di curiosità del mondo marino, frutto della collaborazione fra il museo monegasco e l’artista americano Mark Dion

Quindi, l’ Acquario, dedicato al Mar Mediterraneo, ai mari tropicali e agli squali.

Del Mar Mediterraneo il Museo ospita 100 delle sue 650 specie ittiche, oltre a 200 specie di inverterbrati, rappresentativi di un mare “luminoso” e “colorato” che da solo racchiude il “7,5 % della fauna e il 18% della flora marina di tutto il mondo”. Dei mari tropicali è, invece, ricreato fedelmente, con la sua fantasmagoria di colori, l’ecosistema della barriera corallina con la “vita movimentata del reef e dei suoi abitanti”: pesci farfalla, pesci pagliaccio, murene, cavallucci marini…

Orgoglio del Museo, il “primo al mondo” a mantenerli e coltivarli, sono proprio i coralli. La coltura del corallo è iniziata nel 1989, dopo una spedizione a Gibuti, sul Mar Rosso, dove furono raccolti coralli duri, quindi trasportati al Museo per “avviare un programma di allevamento”, utilizzando la tecnica della talea, con, cioè, la “rimozione di frammenti di colonie di corallo”, quindi incollate su un “piccolo supporto” o sospese a un “filo di nylon”, con i frammenti posizionati in vasche rispettose delle esigenze biologiche degli ospiti: qualità “impeccabile” dell’acqua, intensità e spettro di luce “vicino alla luce del sole”, stabilità dei parametri fisico-chimici. Una coltura che ha dato buoni frutti, con i campioni impiantati quindi aumentati, ciò che ha consentito di ricostruire negli acquari del Museo colonie di coralli senza, pertanto, sottrarli in natura.

In un gigantesco acquario di sei metri di profondità e 450.000 litri di acqua marina, vivono, invece, loro, gli squali, i signori dei mari, che vi nuotano fra murene, tartarughe marine e pesci tropicali. Ed è uno spettacolo, per i visitatori, allorquando i sub del Museo, con muta, pinne e boccagli, si calano nella vasca, dove ripuliscono, tranquilli, le vetrate, con gli squali, i leggendari predatori dei mari, a far loro compagnia.

 

Per un approfondimento:

Museo Oceanografico di Monaco Website Twitter Facebook Pinterest Flickr YouTube Monaco Channel

Convenzione di Washington – CITES Website  Twitter Facebook Flickr  YouTube

Cousteau Society Website  Twitter Facebook YouTube 

Lo squalo, signore dei mari, principe del Museo Oceanografico di Monaco Articolo Tiscali

17/09/2015