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Vacunae Rosae: il giardino di rose nella Sabina, regno di mitologia e meditazione

Vacunae Rosae il giardino di rose nella Sabina regno di mitologia e meditazione
di Stefania Elena Carnemolla

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La rosa, il fiore più amato, simbolo di amore, passione, fascino, amicizia, mistero, saggezza, vivacità, gelosia, desiderio, bellezza capricciosa: “Preferisco avere rose sul mio tavolo che diamanti sul mio collo” amava dire l’anarchica, femminista, saggista e filosofa statunitense di origini russo-lituane Emma Goldman. “Se il tuo bacio avrà l’ardore del sole, la rosa ti donerà tutto il suo profumo” recita, invece, un proverbio arabo.

Roseti e giardini di rose fresche e aulentissime, il Vacunae Rosae, nella Sabina laziale, è fra i più belli e originali. Un gioiello ai piedi dell’antico borgo di Roccantica, nel reatino, tra i boschi della Dea Vacuna, Vacuna Nemora, la dea della Sabina del benessere, del riposo dopo il lavoro nei campi, della fertilità e della contemplazione che il greco Plutarco chiamava la Tacita poiché “silenziosa, incorruttibile e solamente intelligibile”. Ancora oggi, in questo angolo incontaminato della Sabina, i raccolti sono abbondanti, il clima dolce, con i paesaggi che infondono pace e serenità.

E La Tacita è il nome di una grande tenuta, un tempo solo azienda agricola, immersa nella natura laziale con villa, La Limonaia, per cerimonie ed eventi, una Club House con preziose collezioni – quadri, tappeti, oggetti d’arte – provenienti da tutto il mondo e un ristorante, un villino, lo Chalet delle Rose, una suite nel verde e nella quiete pensata come nido d’amore o per un week-end di relax.

Ma è il bellissimo roseto, il Vacunae Rosae, che si osserva dalla Club House, il fiore all’occhiello della tenuta. Realizzato su un terreno con lieve pendio, ha una configurazione planimetrica ad ala d’angelo a simboleggiare il sinus femminile e l’origine della vita. Le murature dei terrazzamenti, dove corrono festoni di rose, sono in pietra locale residuo delle “lavorazioni per i miglioramenti dei percorsi pedonali e carrabili all’interno del bosco”. 

Con i suoi centotrenta settori il roseto è un vero e proprio “viaggio storico, culturale e artistico nel mondo della rosa, con le rose raggruppate per omogeneità di sviluppo botanico, storia, colori e profumi. Fanno parte della scenografia anche alcune cancellate su cui “si arrampicano muraglie di rose”, mentre all’esterno crescono alberi sacri amanti della rosa – mandorlo, tamerice, melograno –, con il mandorlo associato alla maritata, rosa “rampicante e invasiva”, e i tamerici e melograni che compongono una siepe continua con rose “ad alta densità vegetativa”.

Accoglie i visitatori un giardino in pietra ispirato all’Estremo Oriente, da cui, meditando sulla bellezza e il destino della rosa, inizia il viaggio verso il giardino-paradiso, dove scorre l’acqua di nove fontane, ognuna con una sua simbologia: Virgo, Vacuna, Pantera, l’animale sacro a Dioniso, Psyche, Viator, la fontana del pellegrino dove il visitatore “ascende la china della sapienza e viene benedetto dalle acque”, Sirr, Libra, la fonte dell’equilibrio e della saggezza, Evoè, la “folle fontana musicale” dell’invocazione a Dioniso, Hirundo, la fonte rondinella.

Impreziosisce il roseto il gioco di luci delle fontane e dei canali in rame “illuminati con led tenuamente colorati”, mentre fari interrati a bassa luminescenza assicurano la visione notturna di muri e percorsi, con un effetto visivo che ricorda le notti degli accampamenti nomadi nelle oasi del deserto, quando all’improvviso possono risplendere di “folgorazioni innescate dall’esplodere dei getti d’acqua”.

 

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23/06/2017