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Plastica, da bene rivoluzionario ad emergenza ambientale. Come limitare i danni?

Plastica da bene rivoluzionario ad emergenza ambientale Come limitare i danni
di Stefania Elena Carnemolla

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La plastica ha rivoluzionato la vita quotidiana: è a basso costo, resistente, versatile. Col tempo la sua larga diffusione s’è tuttavia trasformata in una vera e propria emergenza ambientale. Da un recente studio di ENEA, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, è emerso che “oggetti e frammenti di plastica rappresentano oltre l’80% dei rifiuti raccolti sulle coste e nelle acque del Mediterraneo”.

Nell’ultimo decennio, ricorda ancora ENEA, la produzione di plastica è stata superiore rispetto a quella dell’intero XX secolo, tanto che UNEP, programma Onu per l’ambiente, prevede che nel 2050 nel mare ci sarà più plastica che pesce. L’8 giugno, giornata mondiale degli oceani, per sensibilizzare l’opinione pubblica il Ministério da Economia Marítima di Cabo Verde ha, ad esempio, realizzato un video con un ristorante dove vengono servite portate con ciò che ormai mangiano le creature marine ossia plastica.

Come convivere con la plastica? In occasione dell’ultima giornata mondiale dell’ambiente, quest’anno dedicata all’inquinamento da plastica, ENEA, che dal 2015 è impegnata nell’attività di monitoraggio e caratterizzazione delle plastiche nei mari, nei laghi, nei fiumi e nelle spiagge, ha promosso un’iniziativa sulle azioni quotidiane da intrapredere per uno stile di vita ecosostenibile secondo il motto Privilegia, Usa, Riduci, Evita: “I materiali polimerici sono materiali leggeri e resistenti dei quali non possiamo più fare a meno” spiega Loris Pietrelli della divisione Protezione e valorizzazione del territorio e del capitale naturale di ENEA. “Inoltre, si tratta di materiali che appartengono alla Terra, provenendo dalle sedimentazioni millenarie che hanno generato il petrolio. Il vero cambiamento di paradigma sta nell’evitare gli usi impropri della plastica, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza delle nostre azioni quotidiane, ad esempio nell’acquisto di prodotti usa e getta e nel loro smaltimento”.

ENEA consiglia, così, di privilegiare tessuti di fibre naturali, acqua del rubinetto, cialde per il caffè compostabili, prodotti con packaging ridotto, biodegradabile o compostabile, prodotti alla spina e ricariche, raccolta differenziata. I tessuti di fibre naturali, ad esempio: secondo studi recenti, spiega ENEA, con un solo lavaggio in lavatrice si possono scaricare fino a 700 mila microfibre, in gran parte sintetiche e che a causa delle dimensioni ridotte non vengono trattenute dagli impianti di depurazione, diffondendosi, pertanto, nell’ambiente. Al contrario i tessuti di fibre naturali “sono più idonei per l’ambiente in quanto rilasciano quantità inferiori di microfibre ed essendo traspiranti sono più adatti anche per il nostro corpo”.

Consumare acqua di rubinetto potrebbe sembrare un’abitudine come un’altra e, invece, protegge l’ambiente più di quanto non s’immagini: “Per ogni litro di acqua imbottigliata” spiega ENEA “se ne consumano almeno 5 di acqua di processo e si usano 35 g di plastica, pari a 100 cm3 di petrolio, producendo 80 grammi di CO2. Per trasportare una bottiglia di plastica si consumano mediamente circa 20 cm3 di petrolio con emissione di 48 grammi di CO2. Ogni anno in Italia si consumano 270 litri di acqua minerale pro capite, equivalente a 180 bottiglie da 1,5 litri con un impatto ambientale pari a 22 litri di petrolio, 108 litri d'acqua e 23 kg di CO2”.

Cialde di caffè: sono 10 miliardi, ricorda ENEA, le capsule in plastica vendute in tutto il mondo e che nella sola Italia producono all’incirca 120 mila tonnellate di rifiuti all’anno. “Tutto ciò” commenta “solo per mettere 5 g di polvere di caffè in un imballaggio monouso! Meglio privilegiare cialde biodegradabili oppure l’uso della moka o di altre caffettiere”.

Packaging: secondo uno studio ENEA oltre il 17% del packaging rinvenuto sulle spiagge italiane è costituito da materiale usato per avvolgere il cibo: “Spesso affidiamo al packaging una ragione estetica piuttosto che funzionale impacchettando anche ciò che è già protetto in natura (come, ad esempio, la noce di cocco o il melone)”. ENEA, che sta lavorando a un processo di solubilizzazione per il recupero del polimero vergine, ricorda che fra gli imballaggi il packaging multi-materiale è “difficilmente riciclabile” e che il polistirolo espanso, assai utilizzato, “non sempre viene riciclato” a causa della sua “bassa densità”. 

Differenziare fa bene, il trend, dati del 2017, è sempre più positivo, con un 52,5% che ha fatto registrare un +5%, spiega ENEA, rispetto al 2015. Se differenziare fa bene, il riciclo della plastica aiuta a ridurre l’impatto ambientale, favorendo la sostenibilità economica. 

Cosa usare, allora, per aiutare l’ambiente? Contenitori, ad esempio, di lunga durata, stoviglie riutilizzabili o biodegradabili, shopper bag riutilizzabili, biodegradabili o compostabili. Studi ENEA hanno, ad esempio, dimostrato che gran parte dei frammenti di plastica rinvenuti in mare, nei laghi e nelle spiagge derivano dalla “degradazione di sacchetti di polietilene i cui frammenti (<2,5 cm) rappresentano il 22% dei rifiuti plastici che invadono le nostre spiagge”, sacchetti che, utilizzati una volta sola, vengono, quindi, gettati via.

Cosa ridurre, invece? Le bottiglie di plastica, l’acquisto dei prodotti alimentari freschi già confezionati come ortofrutta, pane e formaggi, gli accendini usa e getta.

Da evitare saranno, invece, i cotton fioc non biodegradabili, le cannucce per bevande, i prodotti usa e getta in generale, cosmetici come scrub, creme e dentifrici con microplastiche, rasoi usa e getta (preferirvi quelli ricaricabili). I cotton fioc, ad esempio, che gettati nel water, superano gli impianti di depurazione raggiungendo, attraverso i fiumi, il mare. “Lungo le spiagge italiane ne sono stati stimati 100 milioni. Se li mettessimo in fila, raggiungerebbero il centro della Terra” spiega ENEA. Che ricorda: “Dai nostri studi, le cannucce integre costituiscono l’1,1% dei rifiuti di plastica trovati sui litorali italiani e sono presenti nel 75% delle spiagge monitorate. Le usiamo per pochi minuti, spesso sono a loro volta impacchettate, il loro utilizzo termina lì ma la loro vita e il loro naufragare continua per decenni contribuendo poi alla produzione di microplastiche”.

Il futuro, secondo una recente proposta della Commissione Europea, potrebbe dire addio a prodotti come piatti, bicchieri e posate in plastica, utilizzati, ricorda ENEA, “per pochi minuti con materiali che durano per sempre” e che dovranno essere, invece, realizzati “esclusivamente con materiali sostenibili”. Un buon investimento se si pensa che “la goccia di petrolio che serve per creare un bicchiere di plastica, che si usa per pochi minuti, impiega 70 milioni di anni a formarsi”.  

 

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19/06/2018