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Daniela Ferolla: "Mi imbruttivo per essere credibile e smettere di fare la bella statuina"

Lo stereotipo della “bella ma scema” può colpire in molte forme perché sono in parecchi a credere in una madre natura avara. Se da una parte dà, in bellezza, dall’altra deve per forza togliere, in acume e intelletto: così si dice e se c’è una donna che ha fatto le spese di quest’assurda morale è Daniela Ferolla: “Mi sono imbruttita per essere credibile e accettata da chi avrebbe dovuto offrirmi un lavoro. Mortificavo il mio aspetto e indossavo abiti di una taglia più grande. Poi qualcuno mi ha fatto notare che non dovevo vergognarmi di avere delle belle gambe”.

La “donna decoro”

L’ex Miss Italia ha raccontato al Corriere della Sera gli inizi della sua carriera, quando nel 2001 venne incoronata da Sophia Loren. Insomma la sua bellezza non era possibile nasconderla, tanto valeva usarla per emergere, anche se allora “non era semplice. Il ruolo della donna era diverso da adesso. Se eri la più bella, dovevi accontentarti di fare la statuina. I ruoli che arrivavano erano quelli di valletta, un decoro”.

Dalla laurea alla conduzione

Ma Ferolla non era donna da accontentarsi di fare da cornice, per questo si è laureata in Scienze della Comunicazione alla Cattolica prima di diventare giornalista. Ma “nonostante questo sono arrivata tardi alla conduzione: era difficile avere lo stesso spazio dei colleghi uomini, non parliamo dello stipendio”. Adesso però è conduttrice di Linea Verde, e dal riposo forzato della pandemia è riuscita a tirar fuori il meglio. Un libro (“Un attimo di respiro, edito da Rai Libri), scritto per riappropriarsi del tempo e trasformarlo in messaggio positivo per il corpo, come “un’ora di meditazione, una passeggiata in un bosco: qualsiasi fuga da una vita poco sana”. 

L’ambientalismo come faro

“Ho fatto yoga sopra a un sup e mi sono immersa in una foresta, praticando il forest bathing che sviluppa serotonina: racconto ogni esperienza, per risvegliare una coscienza verde. Il mio libro è dedicato a due donne, mia madre e mia nonna. Con il mondo femminile faccio squadra. Alcuni uomini con cui ho lavorato avevano paura di una ragazza giovane e carina”, si legge nelle sue pagine.

“Non sono Greta ma…”

Un libro che racconta bene il lavoro in cui è impegnata, iniziato all’età di ventotto anni quando la sostenibilità non era ancora un tema primario nel dibattito pubblico. “Avevo 28 anni e i ragazzi della mia età non erano interessati. Io invece avevo già l’ossessione dello spreco dell’acqua e predicavo la bellezza delle serate a lume di candela. Non sono Greta Thunberg ma ho fatto la mia parte”.

Foto Ansa e Instagram

09/11/2022