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Aiutare o no i figli a fare i compiti?

Aiutare o no i figli a fare i compiti
di Orietta Matteucci

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Molti genitori trascurano impegni e rinunciano a spazi personali per aiutare a fare i compiti. Aiutare o no i figli a fare i compiti?

Tre azioni per risolvere il dilemma

Aiutare i figli a fare i compiti, seppure per certi versi encomiabile, appare non solo poco vantaggioso sia per i genitori, che per i figli stessi, ma soprattutto, appare disorientante e capace di generare frustrazioni da entrambe le parti.

I figli ricevono un colpo basso alla loro autostima, perché si sentono incapaci di sbagliare, di mettere alla prova se stessi, di confrontarsi con le sfide che la vita pone e di superarle con le proprie forze. In altre parole diventano incapaci di crescere sani nel corpo e nella mente e di fare esperienza.

Spesso i genitori aiutano i figli a fare i compiti per proteggerli da un fallimento che, a volte, vivono anche come il proprio.

Non c’è nulla di costruttivo in una situazione di reciproca dipendenza, un terreno fertile dove possono facilmente nascere incomprensioni, conflitti, che a lungo andare possono diventare irrisolvibili e causa di problematiche anche gravi.

Cosa fare dunque? Ecco tre azioni per risolvere il dilemma

1. Per prima cosa è bene che i genitori, magari d’accordo con i figli, chiariscano i “ruoli” di ciascun membro della famiglia, quindi decidano regole sul “CHI – FA – CHE COSA” ed eventuali penalità, sempre da concordare insieme, sul mancato rispetto delle regole stesse.

2. Dopo di ciò si potrà organizzare il tempo nel rispetto dei doveri e dei diritti di ciascun componente del nucleo familiare.


3. Infine, in ordine, ma non in importanza, bisogna accettare che i figli hanno caratteristiche, desideri, aspirazioni, progetti che possono essere molti diversi dai nostri. Il compito dei genitori è ascoltarli empaticamente per agevolare la loro realizzazione in piena autonomia.

Le tre azioni appena citate sono formidabili, in quanto sono capaci di potenziare non solo l’autostima dei figli, ma anche quella dei genitori. Questo permetterà di affrontare i molteplici impegni familiari, scolastici, ricreativi e sociali in un clima di serenità e di sicurezza.

Tuttavia c’è da dire che l’empatia non è una dote innata, ma si impara facendo pratica sul riconoscimento delle emozioni, su come si gestiscono, sull’effetto che producono negli altri.

Anche SAPER COMUNICARE non è innato, ma si impara attraverso la pratica. Esistono migliaia di libri e manuali su questi argomenti, ma un conto è la teoria, un conto è fare pratica sul come si fa.

E fare pratica da soli può essere abbastanza complicato. È preferibile esercitarsi in gruppo insieme a professionisti della comunicazione e della relazione di aiuto.

In definitiva dobbiamo andare tutti a scuola?

Di certo sarebbe davvero bello, nessuno nasce imparato, neppure i genitori!

Orietta Matteucci presidente Bambino Oggi...Uomo Domani Onlus

11/12/2017