Abito immorale: l’attrice Rania Youssef rischia 5 anni di galera

Ha indossato un vestito trasparente alla finale del Cairo Film Festival, ora è sotto processo penale per “atti osceni in luogo pubblico, volti a incitare il libertinaggio, il vizio, la tentazione e la lussuria”

di Redazione

Sul red carpet di un altro Paese avrebbe fatto una bellissima figura ma sarebbe finita lì, invece per l’attrice egiziana Rania Youssef, 45 anni, avere indossato quel vestito scuro, elegante ma trasparente proprio alla finale del Cairo Film Festival è stato l’inizio di un incubo. L’outfit seducente ha scandalizzato molti suoi connazionali che hanno duramente criticato sui social l’abito. Ma non è bastato visto che ora Rania Youssef dovrà affrontare anche un processo penale a seguito della denuncia da parte di tre avvocati per “atti osceni in luogo pubblico, volti a incitare il libertinaggio, il vizio, la tentazione e la lussuria”.

Le accuse

La trasparenza è stata considerata un eccesso per un Paese islamico ancora fortemente conservatore qual è l’Egitto, che negli ultimi tempi sta addirittura stringendo le maglie della censura: costumi sempre meno permissivi e sempre più donne velate in giro. Ora l’attrice dovrà presentarsi in un Tribunale del Cairo il 12 gennaio 2019 per cercare di evitare fino a cinque anni di carcere. Come precisa Tpi.it, neppure le associazioni sindacali hanno espresso solidarietà alla donna, condannando anzi la scelta del vestito: “Ci rincresce sottolineare che alcuni invitati alla serata finale del Cairo Film Festival non si sono adeguati alla tradizione, ai valori e alla morale della comunità”.

Le scuse dell’attrice

L’attrice, dopo le numerose polemiche che si sono scatenate in Egitto, ha deciso di chiedere pubblicamente scusa, spiegando che non avrebbe indossato quel vestito se avesse saputo che le avrebbe causato così tanti problemi. Ma episodi del genere, soprattutto nei confronti delle donne, non sono affatto nuovi in Egitto. Solo pochi mesi fa, una ballerina russa di danza del ventre era finita sotto processo per turbamento della moralità, mentre tre anni fa stessa sorte era toccata a una giornalista per avere rivelato una confessione piccante. Lo scorso anno, invece, la cantante Shima Ahmed era stata condannata a due anni di reclusione a causa del video di una delle sue canzoni: l’accusa era di “incitamento al libertinaggio”.