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Bimbe contese da due madri e due uomini che chiedono di essere padri, la Consulta: serve una legge

Per la Corte Costituzionale una legge è indifferibile: i casi di maternità surrogata per due uomini uniti civilmente e di due donne ora separate ma ricorse in passato alla PMA, mette in evidenza il vuoto legislativo

Bimbe contese da due madri e due uomini che chiedono di essere padri la Consulta serve una legge
di Redazione

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Ormai è diventato un appuntamento consueto quello in cui la Corte Costituzionale bacchetta il Parlamento italiano per un “vuoto legislativo che urge colmare”. È accaduto da pochissimo per l’annosa questione del cognome materno, succede oggi per quelle, altrettanto annose, della fecondazione eterologa e della maternità surrogata. Nella sentenza n. 32 della Consulta depositata oggi (redattrice Silvana Sciarra) si afferma che non sarà più tollerabile, se si protrarrà l'inerzia del legislatore, il grave vuoto di tutela dell'interesse del minore, nato da fecondazione eterologa praticata all'estero da due donne il cui rapporto, dopo anni, è diventato conflittuale. La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate dal Tribunale di Padova, con riferimento alle norme in materia di procreazione medicalmente assistita (articoli 8 e 9 della legge 19 febbraio 2004, n.40, e dell'articolo 250 del codice civile).

Trovare un punto di equilibrio

La Corte ha quindi affermato che spetta prioritariamente al legislatore individuare il 'ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana', per fornire, in maniera organica, adeguata tutela ai diritti del minore 'alla cura, all'educazione, all'istruzione, al mantenimento, alla successione e, più in generale, alla continuità e al conforto di abitudini condivise', evitando di generare disarmonie nel sistema.

Il caso

Il Tribunale di Padova aveva denunciato il vuoto di tutela, poiché le norme citate non consentono ai nati da un progetto condiviso di PMA, praticata all'estero da due donne, l'attribuzione dello status di figlio riconosciuto anche dalla madre intenzionale, quando non vi siano le condizioni per procedere all''adozione in casi particolari' e sia accertato giudizialmente l'interesse del minore. Nella vicenda all'esame dei giudici veneti, infatti, a seguito di una situazione conflittuale creatasi nella coppia dopo anni di convivenza e di cura congiunta di due bambine nate in Italia, alla madre intenzionale era stato precluso l'esercizio della responsabilità genitoriale, nonostante i tentativi di ristabilire un normale rapporto affettivo con le stesse.

Genitorialità sociale e biologica

Nella motivazione della sentenza si fa riferimento a precedenti decisioni della Corte costituzionale da cui emerge la costante attenzione al miglior interesse del minore, anche nato da procreazione medicalmente assistita prima ancora che la pratica della fecondazione eterologa fosse disciplinata, e la valorizzazione della genitorialità sociale, se non coincidente con quella biologica, poiché il dato genetico non è requisito imprescindibile della famiglia.

I diritti dei nati

Nella sentenza si citano gli strumenti internazionali dei diritti umani e la giurisprudenza delle due Corti europee, per far emergere un quadro ampio e sinergico di riferimenti alla tutela degli interessi 'preminenti' e 'migliori' dei minori nello stabilire legami con entrambi i genitori. L'identità dei figli, centrale nelle decisioni della Corte di Strasburgo, finisce con l'essere 'incisa quale componente della sua vita privata', se non si stabilisce un legame affettivo stabile, rafforzato dalla filiazione. La Corte costituzionale ha indicato, in via esemplificativa, gli ambiti entro cui potrebbe svolgersi l'intervento del legislatore per assicurare adeguata tutela ai minori: dalla riscrittura delle previsioni sullo “status filiationis”, a una nuova tipologia di adozione che garantisca tempestivamente la pienezza dei diritti dei nati.

Figli di 2 papà: “Serve legame giuridico bimbo-coppia”

Ma la Corte oggi si è espressa pure su un altro caso analogo: per tutelare il figlio nato da maternità surrogata occorre un riconoscimento giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia che ne hanno voluto la nascita e che lo hanno poi accudito, esercitando di fatto la responsabilità genitoriale. Si legge nelle motivazioni della sentenza n. 33, depositata oggi, con cui la Consulta ha deciso la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Cassazione sull'impossibilità di riconoscere in Italia una sentenza straniera di attribuzione dello stato di genitori a due uomini italiani uniti civilmente, che abbiano fatto ricorso alla maternità surrogata all'estero.

Il caso che ha origine in Canada

La Corte ha dichiarato inammissibile la questione, ma ha sottolineato la necessità di un indifferibile intervento del legislatore, al fine di porre rimedio all'attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore. La vicenda oggetto del procedimento principale riguardava un bambino nato nel 2015 in Canada da una donna nel cui utero era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana. Quest'ultimo si era sposato in Canada - con atto trascritto in Italia nel registro delle unioni civili - con un altro uomo, anch'esso cittadino italiano, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale. In forza di una sentenza canadese, il bambino era stato quindi iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato civile. I due uomini chiedono ora il riconoscimento dell'efficacia di tale sentenza nel nostro ordinamento.

Maternità surrogata proibita in Italia

Andare oltre le attuali forme di adozione per assicurare la 'piena tutela degli interessi del minore' nato da due papà. E' l'indicazione che la Corte costituzionale dà al legislatore. Nella sentenza la Consulta ha anzitutto ribadito che il divieto, penalmente sanzionato, di ricorrere alla pratica della maternità surrogata risponde a una logica di tutela della dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate.

Salvare la comunità di affetti

Tuttavia, la Corte ha osservato che la questione ora sottoposta alla sua attenzione è focalizzata sui 'migliori interessi' del bambino nei suoi rapporti con la coppia (omosessuale o eterosessuale) che abbia condiviso il percorso che va dal suo concepimento, in un paese in cui la maternità surrogata è lecita, fino al suo trasferimento in Italia, dove la coppia si è presa quotidianamente cura del bambino. In questa situazione - ha osservato la Corte - l'interesse del minore è quello di 'ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre surrogata'.

L'orientamento sessuale e responsabilità genitoriale

Questi legami sono, infatti, parte integrante della stessa identità del minore, che vive e cresce nell'ambito di una determinata comunità di affetti; il che vale anche se questa comunità sia strutturata attorno ad una coppia composta da persone dello stesso sesso, poiché l'orientamento sessuale non incide di per sé sull'idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale. Inoltre, il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo a costoro i doveri inscindibilmente legati all'esercizio della responsabilità genitoriale e ai quali non è pensabile sottrarsi ad libitum.

09/03/2021