logo tiscali tv

Quarantena e paralisi dei tribunali alimentano la violenza in famiglia: 25mila in attesa di separazione

“Questo è un paese che non può bloccare i diritti civili neanche davanti a una pandemia”. Previsto un aumento del 30% delle separazioni post quarantena

Quarantena e paralisi dei tribunali alimentano la violenza in famiglia 25mila in attesa di separazione

Leggi più veloce

La pandemia ha messo il Paese in pausa per più di due mesi ma nonostante la riapertura molti servizi, anche quelli fondamentali, stentano a ripartire. Dalla sanità alla scuola, dalla banca alla posta fino ai tribunali, è tutta la burocrazia ad avere subito un insopportabile rallentamento, se non addirittura un blocco totale. L’effetto è un’incomprensibile, e spesso inutile, sospensione dei diritti civili determinata dalla farraginosità di meccanismi che, dopo la chiusura obbligata, stentano a ripartire per mera inerzia. Infatti la motivazione della salvaguardia della salute pubblica non basta più e nessuno più ci crede.

Regressione medievale

I cittadini assistono inermi a una regressione ingiustificata che diventa prevaricazione, come quella che vede interminabili file alle Poste dove, senza motivo, non si usano più neanche gli eliminacode mentre è attiva la metà dei banchi in genere funzionanti. Tutti ci chiediamo quando la vita normale potrà riprendere e la sensazione è che in tanti, troppi, stiano approfittando del Covid gettando il Paese in una lunga parentesi medioevale. L’impossibilità di esercitare i propri diritti civili ha però un costo, per tutta la società.

Il costo sociale della paralisi dei tribunali

Se c’è un settore che sembra tornato all’anno zero è quello dei tribunali e uno degli effetti più nefasti è addirittura una recrudescenza della violenza familiare. 'La paralisi della giustizia come conseguenza della pandemia sta comprimendo in maniera pericolosa i diritti di migliaia di famiglie che attendono i provvedimenti di separazione'. E' l'allarme lanciato dall'avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani) 'Si calcola che ci siano almeno 25mila coppie che avevano depositato il ricorso poco prima del lockdown e che sono attualmente ancora sotto lo stesso tetto - prosegue Gassani -. Parliamo di separazioni giudiziali e consensuali. Questo alimenta violenze intrafamiliari, un sistema lento che diventa egli stesso complice della violenza stessa'. Famiglie che, in attesa di un provvedimento, non possono procedere alla separazione e sono costrette alla convivenza. E se per la violenza non può esserci nessuna giustificazione, è comunque prevedibile che lasciare sotto lo stesso tetto persone che si odiano, non può portare nulla di buono.

Separazioni in crescita

'Ci sono tante altre procedure - aggiunge Gassani - che al momento sono ferme come assegni e minori per cui i primi ad essere penalizzati sono proprio i cittadini e non gli avvocati. Servono misure urgenti per rientrare in tribunale perché i diritti dei soggetti deboli delle famiglie non possono più aspettare. Bisogna organizzare nuovi locali e fare i turni, come sempre detto dalla Avvocatura. Non si tratta di una battaglia corporativa ma per i diritti civili. Questo è un paese che non può neanche davanti ad alla pandemia bloccare i diritti civili. Tra l'altro si prevede un aumento del 30% delle separazioni e si passerà dalle attuali 90mila alle oltre 120mila. Questo lockdown, oltre a bloccare le procedure precedenti, paralizzerà quelle nuove per le coppie che proprio in questo periodo di convivenza forzata hanno capito che il loro matrimonio è finito. Non è concepibile né un processo a distanza né tanto meno cartaceo per il diritto di famiglia, serve farlo in un tribunale, perché il linguaggio verbale è molto importante e perché i giudici così facendo possono cogliere alcuni importanti segnali o aspetti che a distanza sarebbe impossibile da fare'.

Caso unico in Europa

'Pensiamo che la situazione italiana sia forse unica in Europa e che comunque la questione della pianta organica che vede 2mila magistrati in meno e pochi cancellieri - conclude Gassani - è precedente al lock down. Chiediamo alla politica e al governo di mettere un freno e trovare una soluzione immediata perché non è concepibile andare avanti così soprattutto in un Paese che è la culla del diritto'.

11/06/2020