“Faceva la escort”: Melania Trump diffamata, il Daily Mail si scusa e paga quasi 3 milioni di dollari

I tabloid britannico costretto a fare ammenda: “False le voci sul passato della firs lady Usa”

di Redazione

Ha dovuto fare un pubblico mea culpa e pagare un risarcimento milionario a Melania Trump il tabloid britannico Daily Mail per aver diffamato la first lady affermando che aveva lavorato come escort di lusso. Le due parti sono arrivate ad un accordo di fronte all'Alta corte di Londra dopo che la moglie del presidente americano aveva presentato querele in Gran Bretagna e negli Stati Uniti contro la Associated Newspapers, società editoriale che controlla il giornale filo conservatore.

Affermazioni false e diffamatorie

Anche se non si conosce l'esatto ammontare dei danni ottenuti dalla signora Trump, secondo più fonti la cifra si aggira attorno ai 3 milioni di dollari (2,8 milioni di euro). In un primo tempo la querelante era arrivata a chiedere 150 milioni di dollari ma gli avvocati delle due parti hanno lavorato a lungo per trovare una soluzione meno onerosa. Un comunicato congiunto è stato letto di fronte a un giudice del tribunale londinese: si dice che l'articolo pubblicato lo scorso agosto sul tabloid conteneva 'affermazioni false e diffamatorie' sulla signora Trump, che mettevano in dubbio 'la natura del suo lavoro come modella professionista'.

Voci senza fondamento

Non finisce qui. L'articolo incriminato afferma anche che Donald e Melania si erano conosciuti tre anni prima di quanto hanno poi dichiarato e che il loro primo incontro sarebbe stato tutta una messa in scena. 'Ammettiamo che queste affermazioni sulla signora Trump non sono vere', ha detto un portavoce del giornale. I legali della first lady ne hanno approfittato per ribadire che quelle voci senza fondamento messe in giro dal tabloid hanno inferto un duro colpo all'integrità personale e alla dignità della loro assistita. La vicenda rappresenta una nuova debacle per la stampa scandalistica del Regno Unito, che negli ultimi anni è finita più volte in tribunale e sotto inchiesta, a partire dal 'Tabloidgate', per i suoi metodi spesso incuranti di regole e diritti.