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Le radici psicologiche dell'odio contro gli ebrei: perché l'antisemitismo è così persistente e contagioso

Decenni dopo la Shoah dobbiamo ancora fare i conti con l'antisemitismo in Europa, ecco perché

Foto Ansa

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Da almeno duemila anni il razzismo si esercita con particolare accanimento nei confronti degli ebrei: esso prende il nome di antisemitismo. Dal 7 ottobre, data in cui Hamas è passato all'azione in Israele, in Francia si sono registrati più di un centinaio di azioni contro gli ebrei. L'allerta è comunque alta in tutta Europa, tanto che da più parti si parla (e non da oggi) di un ritorno dell'antisemitismo, anche perché come antisemita è bollato l'odio di Hamas per Israele.

È davvero così? 

Decenni dopo la Shoah dobbiamo ancora fare i conti con l'antisemitismo in Europa. E ancora, se l'attacco di Hamas contro Israele ha radici antisemite, come si deve giudicare il Governo di Netanyahu e in particolare la sua politica contro i palestinesi? (Rodari, 19 ottobre 2023). 

Perché l'antisemitismo è così persistente e contagioso?

Perché come nel passato la comparsa di eventi tellurici, climatici o epidemie chiamava in causa gli ebrei come capri espiatori, la difesa del territorio di Israele o degli spazi di vita degli ebrei, ancora oggi, suscitano parole cariche di odio.

Cosa dà fastidio degli ebrei in quanto ebrei? 

Il fenomeno dell'antisemitismo, considerato la forma d'odio più antica della Storia, è la manifestazione di un'ostilità costante e duratura basata sulla persistenza di alcuni stereotipi e su accuse false e irrazionali che hanno attraversato i secoli innescando drammatiche persecuzioni. Il termine fu coniato nel 1879 dal giornalista ed agitatore tedesco Wilhelm Marr, per definire la propaganda antiebraica allora diffusa in Europa, e nel tentativo di trovare un modo di definire gli ebrei che non fosse basato sulla religione. L'antisemitismo (o ostilità antiebraica) designa un atteggiamento di rifiuto nei confronti delle persone che si definiscono ebree o sono percepite come tali. L'antisemitismo include, da un lato, reati o dichiarazioni di matrice razzista contro persone di fede ebraica o istituzioni ebraiche e, dall'altro, convinzioni ostili, pregiudizi o stereotipi chiaramente o vagamente riconoscibili nella cultura o nella società e finalizzati a denigrare o svantaggiare gli Ebrei e le loro istituzioni. Il razzismo di stato nel Reich tedesco e nell'Italia fascista, giustificato dal falso mito della purezza della razza, si è avvalso del supporto scientifico e della complicità delle scienze biologiche, mediche, psichiatriche che in vari paesi europei e negli Stati Uniti hanno protratto la loro capacità di condizionamento ben oltre il termine del secondo conflitto mondiale.

Come scatta questo meccanismo?

Quali sono le origini della discriminazione razziale, dell'antisemitismo e dell'odio per l'altro? Secondo gli psicologi il razzismo è un fenomeno sociale che cresce all'interno dell'interazione con l'altro e presuppone una percezione di superiorità del proprio gruppo rispetto ad un altro. In tal senso il concetto di Sé (il concetto di chi siamo) non contiene solo un'identità personale (la nostra percezione degli attributi e atteggiamenti personali), ma anche un'identità sociale (Chen et al, 2006).

Di conseguenza l'uomo tende a:

-categorizzare: trovare utile inserire le persone, comprese se stesse, in categorie; 

-identificare: associare se stessi a certi gruppi (ingroup);

-confrontare: mettere in confronto il proprio gruppo con altri gruppi (outgroup).

Numerosi studi di psicologia sociale hanno dimostrato che, separando in due gruppi persone che non si conoscono, la maggioranza tende a favorire i membri del proprio gruppo, anche senza interagire, per esempio attribuendo loro un punteggio leggermente più alto. Inoltre, i gruppi più in alto nella gerarchia sociale discriminano maggiormente quelli più in basso, che a loro volta possono interiorizzare la discriminazione. Il meccanismo di favoritismo per l'endogruppo si osserva a tutti i livelli: nella rivalità tra i quartieri di una città (specialmente tra i tifosi di calcio), tra villaggi, città e Paesi vicini ecc. 

In tal senso il concetto stesso di razzismo prevede che vi sia un gruppo al quale appartenere in opposizione ad un altro. Quando emerge il conflitto tra gruppi il fenomeno del razzismo si radicalizza ed aumenta fino ad amplificare lo scontro all'ennesima potenza. Solitamente l'idea di razzismo non nasce in un individuo solo, ma all'interno di un gruppo insieme all'estremizzazione del concetto di appartenenza come esclusiva e non inclusiva. Quando questo gruppo si propone in maniera oppositiva nei confronti di un altro gruppo allora il razzismo si radicalizza fino ad arrivare alle conseguenze gravi che conosciamo.

Le basi psicologiche e sociali del razzismo sono profondamente radicate nei nostri modi “normali” di pensare e di comportarci. Tutti i meccanismi psicologici sottostanti, ossia categorizzazione sociale, stereotipi e meccanismo di favoritismo per l'endogruppo, anche se appresi culturalmente, sono stati sviluppati per sopravvivere in un mondo ostile nel corso di migliaia di anni in cui gli esseri umani sono stati cacciatori (la solidarietà endogruppo e l'odio esogruppo sono d'altronde comportamenti di branco rilevabili in molti animali sociali) ed è facile intuire come costituiscano le basi del razzismo.

Tuttavia, per quanto siano il risultato di processi lunghi e difficili da modificare e costituiscano un terreno scivoloso per la nostra mente e il nostro comportamento sociale, come si può troppo facilmente osservare in Internet, dove sono coperti dall'anonimato, la ricerca mostra che attraverso l'educazione e la riflessione consapevole è possibile combatterli.

Per esempio, è possibile incoraggiare le persone a “ricategorizzare” il proprio endogruppo pensando se stesse non soltanto come cittadine di un determinato Paese, bensì come esseri umani, oppure “decategorizzare” o “individualizzare” le persone e constatare che tutti i membri di un gruppo sono diversi, contrariamente a ciò che la categorizzazione e gli stereotipi inducono a pensare (Wagner-Egger, 2015).

Infine, gli aspetti automatici e impliciti degli stereotipi e del razzismo possono essere combattuti con una delle più potenti scoperte umane: la conoscenza. Scoprendo l'esistenza di questi processi, possiamo inibirli consapevolmente, combatterli nei nostri ragionamenti quotidiani e incoraggiare gli altri a fare altrettanto attraverso un lavoro di sensibilizzazione.

Foto Ansa

17/11/2023