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Enrico Maria Secci: "Il patriarcato? È espressione di un disturbo psichiatrico. Perché la morte di Giulia ci ha colpito di più"

Video intervista allo psicologo che spiega le radici del femminicidio e perché i maschi sono "analfabeti sentimentali": "Che cosa si può e si deve fare"

videointervista a Enrico Maria Secci su femminicidi

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Non ha senso fare una classifica dell’orrore ma è indubbio che l’assassinio di Giulia Cecchettin abbia colpito tutti in modo particolare. Abbiamo cercato di capirne il motivo approfondendo il tema dei femminicidi e soprattutto delle relazioni tossiche che spesso portano a questi drammi con lo psicologo Enrico Maria Secci (leggi qui), collaboratore di Milleunadonna e autore di tanti saggi sul tema del narcisismo patologico, a partire dall’ultimo pubblicato un anno fa dal titolo: “Il narcisismo in amore e la sindrome di Eco”.

Perché questo ennesimo femminicidio, il numero 105 dall’inizio dell’anno, ci ha colpito in questa maniera devastante? Perché la morte di Giulia sta facendo piangere tutta l’Italia?

“Me lo sono chiesto anch’io perché anch’io mi sono sentito sopraffatto da questo ennesimo delitto. Intanto è il 105esimo del 2023 e forse ci arriviamo con una certa stanchezza. E poi c’è Giulia, giovanissima, prossima alla laurea, così gioiosa, che viene uccisa in un modo così improvviso. Potrebbe essere la figlia, la cugina, la sorella di tanti di noi. Probabilmente non abbiamo neanche la possibilità di elaborare questi fatti, perché si susseguono a pochi giorni l’uno dall’altro”.

La sensazione è che ci sia un aggravamento del fenomeno della violenza di genere e dei femminicidi. È così? Inoltre spesso vittime e carnefici appartengono a una fascia d’età che va dai 18 ai 35 anni. Sembra che il problema riguardi soprattutto i maschi più giovani. Perché?

 “È vero, c’è un aggravamento di questa situazione. Non possiamo dimenticare che da molti anni stiamo passando da una comunicazione reale, di persona a una comunicazione online, digitale. E questo per le giovani generazioni significa scambiare quello che è possibile in una realtà virtuale per reale: oggi si può aggredire, bloccare, chiudere una comunicazione, distruggere qualcuno con un clic e questa cosa è passata a un livello reale. I ragazzi non colgono la differenza. Io ti posso uccidere dentro un social, ti posso silenziare facilmente, ti posso fare furi dentro un videogioco E lo faccio anche fuori dal social con conseguenze molto diverse. Questo discorso potrebbe sembrare estremo ma credo che rifletta bene la recrudescenza di questi delitti. La persona non è vissuta come tale ma come un “oggetto”. E in quanto “soggetto” disturba. Quindi se io come soggetto dico “non voglio più stare con te”, e questa è la storia di Giulia e di infinite altre Giulie, tu che mi vedi come un oggetto vai in crisi e cerchi di oggettificarmi uccidendomi.

Come è cambiata la società nella quale viviamo? Il modello dominante è ancora quello del patriarcato? 

“Ho la sensazione che si sia aggravato questo fenomeno perché viviamo in un’epoca che promuove il narcisismo e soprattutto che non aiuta le persone a comprendere che cosa questo significhi da un punto relazionale e emotivo, soprattutto le ragazze. C’è una radice in molti di questi delitti, non solo quelli che vediamo nelle cronache ma anche in quelli quotidiani che non portano a delitti fisici ma a cosiddetti “delitti relazionali” di cui noi psicologici ci occupiamo quotidianamente. Ci sono dei problemi che riguardano la capacità comunicativa tra i maschi delle ultime generazioni ma anche quelle precedenti. I maschi non comunicano. Gli uomini possono parlare di sport, di competizione on line o del numero di ragazze conquistate, ma manca la comunicazione emotiva. Una difficoltà che porta a una affettività digitale maschile: tutto o niente, amore o morte, possesso o distruzione. Si delinea, quindi, una grande distanza tra il mondo maschile e quello femminile che, invece, sia per ragioni culturali che biologiche, è molto più improntato a una affettività “analogica”, vissuta come un continuum di emozioni in cui esiste la possibilità di vivere l’amore come appartenenza e non come possesso, o, quando la relazione non funziona più, di immaginare altre forme di relazione amicali. Nei maschi manca questa capacità di passare da una comunicazione digitale a una comunicazione vissuta come un continuum in cui la relazione può assumere altre forme”.

Enrico Maria Secci Il patriarcato  espressione di un disturbo psichiatrico Perché la morte di Giulia ci ha colpito di più

Perché i maschi vivono immersi in questo analfabetismo sentimentale. E che cosa si può fare?

“C’è una matrice culturale antica. Esiste un mondo in cui l’uomo in quanto maschio ha diritto più della donna. Il patriarcato è l’espressione sociale di un disturbo psichiatrico che è quello del narcisismo. Nel 1974 Cristopher Lasch preconizzava la società del narcisismo in un suo libro che descriveva la società in divenire come una società sempre più individualista basata sull’oggettivazione e sul disconoscimento di ogni possibilità affettiva. E siccome l’affettività è richiamata dal femminile nella società del narcisismo c’è posto per questa affettività femminile solo al servizio del maschile. Attualmente nella società narcisista nella quale viviamo possiamo vederne i prodotti culturali come il prevaricare attraverso i social, in primis Tik Tok, ma anche i rapper e i trapper che in quanto maschi riportano questo codice. Che è un codice di sofferenza. Perché i narcisisti non sono né soddisfatti né felici, ma persone cupe, depresse, chiuse. Nella società del narcisismo c’è un grande vuoto perché non c’è spazio per il maschile, per l’energia maschile, per l’affettività maschile. E in questo non ascolto si impazzisce”.

21/11/2023