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"Io che mi chiamo come l'organo femminile vi suggerisco di praticare la resistenza erotica"

"Da un lato abbiamo svuotato il sesso di ogni significato, dall'altro siamo spinti dalla società a "consumarlo" come fosse una merce": videointervista a Stella Pulpo, scrittrice e blogger di "Memorie di una vagina

videointervista a Stella Pulpo

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Avviso all’algoritmo che tutto governa e tutto controlla: in questo articolo salteranno fuori parole “proibite” e invise a Google e social-fratellini come “vagina”, “sesso” e “piacere” ma non c’è alcuna finalità “pornografica”. Qui si parla semplicemente di relazioni tra uomini e donne, di calo del desiderio, divagazioni ombelicali, colpevolizzazione del piacere e resistenza erotica. Il tutto condito da evidente ironia, incastonata nel dna di Stella Pulpo, blogger e scrittrice tarantina che a Milano ha trovato il successo, forte del suo blog “Memorie di una vagina” (tra Instagram e Facebook raggruppa una community di 67 mila utenti) e di 6 libri, tra cui un best seller “Le corna stanno bene su tutto. Ma io stavo meglio senza!”, di certo supportato nelle vendite anche dal nome della coautrice Giulia De Lellis, come Stella Pupo non manca di far notare. “C’era una volta il sesso” è il titolo del suo ultimo libro con il quale gira l’Italia ed è pure approdata a Cagliari al Festival “Leader She Camp”.

“C’era una volta il sesso” suggerisce che ora non ci sia più. E infatti ogni settimana salta fuori puntualmente uno studio che certifica il calo del desiderio tra giovani e meno giovani. È così? E quali sono le cause?

“In effetti è un fenomeno molto diffuso e non ne farei una questione di genere. Ho cercato di indagare le varie possibili cause che conducono questa ritirata dal piano fisico e l’arrivo dei figli è una delle ragioni ma non è l’unica. Esiste un senso di colpa rispetto al desiderio sessuale, specialmente quando è femminile, ma esistono anche tanti finti piaceri. Oggi più di ieri cerchiamo gratificazione in esperienze e oggetti. Potremo dire nel consumo. Siamo tutti presi a occuparci di cosa compriamo, di quali corsi e attività di auto-miglioramento facciamo cercando di venire a capo delle nostre frustrazioni, molto spesso senza riuscirci. E magari non ci viene in mente che il buon vecchio sesso potrebbe esserci d’aiuto. L’erotismo si è complicato, è stato spogliato di significati, colpevolizzato. Alla fine si è affermato quello in solitaria, che, per carità, va benissimo, ma il rapporto con l’altro non può venire accantonato”.

Estremizzando, la finiremo tutti single e consumisti? L’individualismo sembra il diktat di questa società.

“L’individualismo è ed è stato un ingrediente della nostra formazione. Io non indico antidoti, nel mio libro non ci sono le risposte che non possono che essere personali. Però suggerisco una resistenza erotica”.

 Di cosa si tratta?

“È una forma di disobbedienza al sistema per via della quale si rivendica il piacere, si pratica il piacere e lo si fa dopo un percorso di decostruzione, dopo aver eliminato tutte quelle ansie e quei mandati performativi e soprattutto dopo aver spogliato il sesso di tutti quei significati che ci abbiamo messo dentro. Perché da un lato l’abbiamo svuotato, dall’altro siamo spinti dalla società a “consumare” il sesso come se fosse una merce. In realtà credo che dovremmo ritrovare un significato a due corpi nudi con degli odori, delle imperfezioni, delle cicatrici, dei peli, dei cuscinetti di grasso, delle disfunzioni. E tutto ciò dovremmo farlo con la verità che c’è nel sesso che è una verità umana”.

Dal tuo osservatorio sui social che cosa bolle in pentola? Quali sono le istanze più sentite?

“Negli ultimi anni c’è un forte dibattito. Direi che c’è una nuova ondata femminista che ha ripercussioni su vari aspetti della vita, ma anche una rinnovata attenzione alla modifica di alcuni stereotipi che sono stati pilastri della nostra formazione e che hanno condizionato il nostro vivere. Si sta facendo una grossa riflessione sugli aspetti più tossici della mascolinità, sul sessismo, sull’atteggiamento che si ha rispetto alle minoranze”.

“Femminista” è diventata quasi una parolaccia. Intorno a questa parola c’è un tabù più forte di quello legato al sesso. Cosa ne pensi? Ti definiresti femminista?

“Non ho nessun problema a definirmi femminista anche se è un’etichetta che non attira particolari simpatie. Non potrei non esserlo perché credo nella parità di “accesso” e perché ho studiato e sono consapevole del fatto che la società si fonda su una millenaria discriminazione nei confronti di metà della popolazione mondiale. Forse questo mi fa suonare estremista. Ma basta studiare”.

Chiamando il tuo blog “Memorie di una vagina” eri consapevole che saresti potuta essere censurata dall’algoritmo che considera una donna che allatta al seno il proprio bambino un’immagine proibita e sconveniente? Perché hai scelto questo nome e quali problemi ti ha creato?

 “Ho scelto questo nome nel 2011 al termine di una relazione sentimentale. Non è stata una scelta felice perché è indubbio che regni una certa sessuofobia. Io, ad esempio, non posso promuovere contenuti perché mi chiamo come l’organo femminile e negli anni ruggenti dell’influencer marketing è stato penalizzante. Ma ormai ci sono affezionata e ci ho costruito intorno una grossa community”.

Con Giulia De Lellis hai scritto un libro che ha venduto tantissimo, “Le corna stanno bene su tutto”. È davvero così?

“In quel libro si raccontava il momento di grossa difficoltà di Giulia quando ha scoperto le infedeltà del suo ex. Nonostante l’enorme differenza anagrafica avevo vissuto dieci anni prima qualcosa del genere. Ma credo si tratti di un’esperienza universale, la prima volta nella vita in cui scopri che il ragazzo di cui sei innamorata persa in realtà ti tradisce. È un trauma. Poi si cresce e si elabora, fermo restando che a tradire non sono solo gli uomini”.

Io che mi chiamo come lorgano femminile vi suggerisco di praticare la resistenza erotica

17/10/2023