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Le tre bambine che salvano la mamma dalle botte del padre: la storia sconvolgente

La mamma viene picchiata dal padre che voleva pulisse della cenere per terra da lui stesso gettata, sono piccole ma coraggiosissime, chiamano il 113 e afferrano un cartello

Le tre bambine che salvano la mamma dalle botte del padre la storia sconvolgente

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Certo che sarebbe stato meglio se fosse stato lo Stato a salvare l'ennesima possibile vittima di femminicidio dalle botte del marito. Scusate il gioco di parole. Certo che sarebbe stato più giusto, più civile. Ma la vita e il mondo in cui viviamo - come tutte le vite e i mondi prima del nostro arrivo - hanno ben poco di giusto. Quindi, se a salvare una donna brutalmente aggredita nella sua casa da un uomo che dice di amarla, sono le sue tre bambine di 8, 10 e 12 anni, va bene lo stesso. Con i se non si costruisce un mondo migliore e purtroppo neppure con la fretta. 

Perché l'unico modo per salvare le vite delle donne é l'educazione. E l'educazione ha bisogno di tanto tempo per essere assimilata. Quella da impartire ai bambini, per far loro imparare cosa sia il rispetto verso le persone e che le donne sono esseri liberi, autonomi, non proprietà da sottomettere e uccidere quando decidono di andar via.

E poi l'educazione alla consapevolezza da offrire alle nostre bambine, che come queste tre, devono sapere in che mondo viviamo. Che la violenza anche se la fa chi dice di amarci o amare la nostra mamma, non è giustificabile. E che la soluzione non è tacere, ma chiedere aiuto perché è l'unica via che può salvarle. 

I fatti

E' l'ennesima sera di paura, ogni volta che torna il padre. Siamo a Reggio Calabria ma potremmo essere in qualsiasi latitudine italiana. La paura che in troppe famiglie si respira. Magari, poter avere timore di uno sconosciuto. L'orco la maggior parte delle volte vive sotto lo stesso tetto delle vittime. Come questo di orco che pretendeva che la moglie pulisse la cenere che lui stesso aveva buttato per terra. Così la più piccola che dimostra un coraggio incredibile, prende il telefono della mamma e compone il 113, poi tutte e tre escono sul balcone con un cartello “Help”, che chissà da quando avevano preparato senza avere mai avuto il coraggio di usare. Fanno così il famoso gesto dell’aiuto per le donne e si salvano tutte. 

Certo sarebbe stato meglio un Paese in cui non si debba chiedere coraggio a delle bambine, ma alle forze dell'ordine. Coraggio nel credere, ascoltare e intervenire sempre tempestivamente senza dubitare e tergiversare. Coraggio alla politica che ha paura delle parole, educazione, affettiva e sessuale. Coraggio ai maschi, tutti, di ammettere che anche chi non fa violenza non deve comunque sentirsi non sfiorato dal problema, perché la violenza sulle donne è un problema tutto maschile. E tutti devono sentirsi chiamati in causa. 

Sarebbe stato meglio. Ma noi ora abbiamo questo bombardamento mediatico che è l'unica arma in nostro possesso e che ha permesso a tre bambine di capire che le botte non sono amore ma morte e che bisogna smettere di stare in silenzio ma fare rumore, tanto rumore che da Giulia Checcettin in poi, nessuno e nessuna, più smetta di fare. 

Il monologo di Luciana Littizzetto

Luciana Littizzetto a Che Tempo Che Fa, il programma di Fabio Fazio da quest’anno in onda sull’emittente NOVE, ha letto una lettera alle tre bambine che qualche giorno fa, a Reggio Calabria, hanno salvato la madre dai pugni del padre.

“Tre bambine a Reggio Calabria, 12, 10 e 8 anni, non so come si chiamino, le chiamerò io Marta, Marcella e Martina: Il padre stava prendendo a pugni la mamma perché pretendeva che lei pulisse la cenere che lui aveva buttato per terra. La piccola Martina prende il cellulare della mamma, scrive 113 e glielo da, poi vanno sul balcone con un cartello “Help”, fanno il gesto dell’aiuto e salvano la mamma”. E fanno insieme il segno dell’aiuto per richiamare l’attenzione. E così salvano la mamma. Se non ci fossero state loro, sarebbero tre le vittime da piangere questa settimana. Ecco. Sono, Marta, Marcella e Martina il segno del cambiamento. Queste bambine ci hanno detto che la strada è giusta. Che sarà un cammino lungo ma ce la faremo. Ecco a cosa è servita la morte di Giulia, e a cosa servono le nostre parole, in tv, sui giornali, sui social. Servono a far crescere piccole donne consapevoli, volitive, audaci e coraggiose. Insieme alla scuola naturalmente, un luogo dove imparare la matematica, la geometria e la grammatica, anche quella dei sentimenti. Il luogo dove un bambino e una bambina può capire che quello che fa papà non è nè giusto nè normale e forse trovare il coraggio di cambiare le corse. Perché l’educazione affettiva e sentimentale non è una ‘nefandezza’ come ha detto un illuminato parlamentare, ma lo strumento per scardinare le violenza dalla base e non quando è troppo tardi. Per crescere coscienti che l’amore è un’altra cosa, e per stare alla larga da quelle famiglie tradizionali che di tradizionale hanno solo il potere di un uomo che si sente re e padrone di chiunque viva con lui. Grazie Marta, Marcella e Martina, siete state tre bambine coraggiose, ed è solo grazie a voi se questa settimana c’è ancora TRA NOI UNA DI NOI”


05/12/2023