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La tua è un’azienda virtuosa o sessista? Le caratteristiche che bisogna avere per la certificazione della parità di genere

Continua a crescere il numero di aziende che hanno ottenuto la certificazione della parità di genere, 171 in totale di cui 79 solo nel mese di dicembre

La tua è unazienda virtuosa o sessista Le caratteristiche che bisogna avere per la certificazione della parità di genere
di Martina Arioti

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Nel corso dell’anno 2022 la gender equality ha conosciuto una forte accelerazione, su impulso del PNRR, grazie all’introduzione della certificazione della parità di genere nel Codice delle pari opportunità. Il Sistema Nazionale di Certificazione è entrato a regime già a partire da luglio 2022, quando è stata riconosciuta la prima certificazione di parità ai sensi dell’UNI/PdR 125:2022. Da allora numerose sono state le richieste, fattore che denota un chiaro segnale dell’interesse che le imprese ripongono sul tema, a prescindere dalla loro dimensione e dall’attività economica esercitata. Ad oggi le aziende certificate sono circa 171, dall’automotive come la Lamborghini, alla cantieristica con Fincantieri, all’editoria con il Gruppo 24 Ore, all’e-commerce con Amazon, fino ad Autostrade per l’Italia e Acea. Il numero è quasi raddoppiato rispetto alle 92 di inizio dicembre e continua a crescere anche quello degli enti di certificazione che hanno ottenuto l’accreditamento, 18 in totale. La certificazione, che rappresenta uno strumento del tutto inedito nel panorama regolativo della parità di genere, è senz’altro una sfida per il nostro Paese e per il mondo delle imprese che si è resa urgente tenuto conto dei gap di genere che caratterizzano ancora il tessuto sociale e il mercato del lavoro italiano. Il precedente impianto normativo, realizzato su affermazione di principi, su divieti di discriminazione e prescrizione di comportamenti ha mostrato la sua inadeguatezza nel raggiungimento dell’effettiva parità di genere sul luogo di lavoro e ciò ha determinato il necessario ripensamento delle modalità di perseguimento dell’obiettivo e l’inevitabile rivoluzione dell’approccio. La certificazione rappresenta in questo senso una sorta di turning point, un momento di svolta culturale e organizzativa della gender equality in Italia almeno per tre motivi.

L’approccio promozionale: i vantaggi della certificazione 

La prima novità in termini di approccio attiene alle c.d. “premialità di parità” che, nell’ottica di promuovere comportamenti virtuosi e, quindi, incentivare le organizzazioni ad intraprendere il percorso verso la parità, sono state legate alla certificazione per riconoscerle un valore d’uso oltre le logiche della responsabilità sociale d’impresa. Alle aziende certificate sono riconosciuti vantaggi economici che riguardano la partecipazione a gare pubbliche e sgravi contributivi pari all’1% e fino ad un massimo di 50.000 euro annui che si applicano per ciascuno dei tre anni di durata della certificazione cui è possibile accedere presentando domanda all’Inps entro il 15 febbraio. La certificazione, in virtù dei benefici economici connessi, ha acquisito un prestigio notevole agli occhi delle imprese che si sono affrettate, specie nel mese di dicembre, ad adeguarsi agli standard previsti ma sarebbe bene che venisse concepita al di fuori di logiche tradizionali di “mero adempimento”. Incorporare nella mission aziendale i valori della diversità e dell’inclusione comporta vantaggi non solo in termini di agevolazioni contributive e premialità ma anche in termini reputazionali, contribuendo alla creazione di valore tangibile e accrescendo la competitività dell’azienda.

La cultura della misurazione: nuovi strumenti di accountability

La seconda novità riguarda la possibilità di quantificare la compliance delle organizzazioni in ordine ai temi della gender equality grazie alla definizione di parametri minimi, standard e indicatori di prestazione (KPI – Key Performance Indicators) contenuti nell’UNI/PdR 125:2022 che permettono alle organizzazioni di acquisire consapevolezza e conoscibilità del fenomeno. La misurazione di indicatori qualitativi e quantitativi che attraversano sei dimensioni della parità di genere, insieme ad altri strumenti di accountability individuati dal legislatore, comporta inevitabilmente la generazione di enormi flussi informativi e di grandi mole di dati che, fungendo da benchmark di riferimento, permettono l’osservazione e la valutazione periodica del fenomeno sia a livello microeconomico che macroeconomico, facilitando l’individuazione dei divari di genere e degli spazi di miglioramento sui quali intervenire in un’ottica di gender mainstreaming.

L’approccio organizzativo e gestionale: il sistema di gestione della parità

La terza novità si riferisce all’approccio organizzativo e gestionale incorporato dalla certificazione di parità che prevede che le aziende non solo debbano conformarsi agli standard definiti ma debbano altresì adeguare il loro comportamento e la loro struttura organizzativa ad un modello gestionale che tenda alla parità, conforme a quello richiesto per altre certificazioni di qualità ma totalmente nuovo nella materia in oggetto. La stessa definizione di discriminazione indiretta, contenuta nel Codice delle pari opportunità, è stata riformulata per legarla agli aspetti di carattere organizzativo che possono riferirsi alle modifiche delle condizioni e dei tempi di lavoro come alle esigenze di cura personale e familiare. Il d.lgs. n. 105/2022, attuativo della direttiva europea relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i caregivers, ha reso efficace tale interpretazione, introducendo una clausola che prevede l’impossibilità da parte del datore di lavoro di conseguire la certificazione di parità qualora, nei due anni precedenti la richiesta, abbia impedito o ostacolato l’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro e la fruizione dello smart working alle categorie suddette.

Quali i traguardi e quali le prospettive future

Il cammino verso il raggiungimento della parità di genere è solo agli inizi, sebbene l’apprezzabile spinta che la gender equality ha sperimentato nel corso dell’anno 2022. La certificazione, che di questo percorso non rappresenta il traguardo bensì il punto di partenza, prima di essere un driver economico per le organizzazioni è un importante veicolo del cambiamento culturale e organizzativo del lavoro in Italia, assumendo la funzione di guidare le aziende, protagoniste e responsabili di questa transizione culturale, nelle loro decisioni, al fine di orientarle verso quelle azioni che permettono un cambiamento duraturo. Come visto sono molteplici i fattori – strategici, culturali, manageriali, organizzativi, gestionali, relazionali – che a livello aziendale incidono sulla gender equality e che vengono richiesti al fine dell’ottenimento della certificazione. Da qui la necessità di avvalersi di competenze specialistiche, come quelle offerte da Obiettivo Cinque, in grado di accompagnare l’impresa ad intraprendere o proseguire nel miglior modo possibile il proprio percorso di miglioramento continuo nel nuovo contesto normativo promuovendo la conoscibilità e la consapevolezza del fenomeno, vettori principali del cambiamento culturale del nostro Paese.

27/01/2023