Femminicidi: come riconoscere una relazione letale e mettersi in salvo. I 4 segnali premonitori

Sono almeno quattro i passaggi che, all’interno di una relazione di coppia, preludono al tentato omicidio della partner o al femminicidio vero e proprio

di Enrico Maria Secci

Nel nostro Paese il femminicidio ha da tempo raggiunto le proporzioni di una strage. 96 le donne uccise dal 1 gennaio 2002 al 13 novembre. 103 le vittime nel 2021. Ogni tre giorni sopportiamo la notizia del brutale assassinio di una donna quasi sempre in ambito familiare o sentimentale, e non c’è mai fine allo stupore e all’angoscia di apprendere che l’uccisore è il partner della vittima. 

La brutalità di questi crimini stordisce e indigna ogni volta come se si trattasse di omicidi senza precenti, di storie sempre nuove e inedite. Eppure, ogni femminicidio contiene, in filigrana, uno schema sottostante, un comune denominatore psicologico di dipendenza affettiva e di sottomissione che riconduce a un canovaccio comune.

Sono almeno quattro i passaggi che, all’interno di una relazione di coppia, preludono al tentato omicidio della partner o al femminicidio vero e proprio:

- il controllo;

- l’offesa verbale e fisica;

- la sottomissione della vittima;

- il tentato distacco.

Il controllo

Ogni storia di violenza sulle donne è attraversata dal crescente bisogno di controllo del partner. Vuole sapere cosa faccia e con chi stia la “sua” donna in ogni momento della giornata, a chi telefoni, chi siano i suoi amici, anche quelli su Facebook, pretende il controllo del cellulare, a volte anche dell’email. 

A volte il partner impone le sue pretese in modo diretto ma più spesso ottiene l’obiettivo generando nella vittima il terrore di attuare comportamenti sbagliati e una conseguente sottomissione tacita. Accade cioè che per non urtare la suscettibilità del partner, la ragazza finisca per auto-limitare la propria libertà: rinuncia alle amicizie maschili, evita ogni frequentazione giudicata negativamente dal carnefice e impara a mentire alle persone più care per nascondere la natura vessatoria del la relazione.

La conseguenza più diretta della sottomissione al controllo è l’isolamento sociale della donna, costretta a legarsi sempre più strettamente al partner come unico riferimento affettivo.

Perciò è fondamentale riconoscere le richieste e i tentativi di controllo come seri indicatori di pericolo, farlo il prima possibile e, soprattutto, opporvisi con fermezza rigettando ogni ricatto e ogni giustificazione con cui il partner cercherà di imporre le proprie regole. Occorre riflettere sul fatto che nessuna relazione è sana quando si basa sul sospetto, sulla sfiducia e sul sacrificio, interiorizzare questo principio e affermarlo all’interno della coppia.

L’offesa verbale, l’abuso psicologico e la sopraffazione fisica

Una relazione letale si sviluppa attraverso episodi di offesa accompagnati da atteggiamenti gravemente svalutanti verso la vittima. Ciò avviene inizialmente con gradualità: il partner cerca di capire sin dove può spingersi nella prevaricazione e, quindi, somministra dosi crescenti di insulti e di vessazioni per ottenere l’assuefazione della partner a condotte violente e inaccettabili.

I primi bersagli sono la fisicità e la sessualità della vittima

Commenti sulla forma fisica e sul modo di vestire e attacchi sulla sua disponibilità sessuale costituiscono il prologo di una storia che continua nel l’abuso psicologico e che vede la donna soccombere a offese sempre più pesanti e insistenti sulla sua intelligenza e personalità.

L’esito frequente di questo sistema è che la vittima finisce per convalidare l’immagine negativa di sé fornita dal partner: si convince che, in fondo, lui ha ragione a considerarla una nullità e a comportarsi di conseguenza. Il momento in cui la relazione lambisce pericolosamente il confine dell’aggressione fisica e dell’omicidio, arriva quando la donna é esausta e cerca tardivamente di sottrarsi alla dipendenza dal suo aguzzino, ormai instaurata come un dato di fatto.

Per questo bisogna bloccare sin dall’inizio ogni forma di insulto verbale e di svalutazione ricevuti dal partner. Imparare a dirsi che nessuno, e meno che mai la persona con cui si intrattiene un rapporto sentimentale, può arrogarsi il diritto di aggredire, di insultare e di colpire. Occorre fermare immediatamente e senza attenuanti il partner e respingerlo senza appello. Invece, l’errore ricorrente negli amori criminali è il tentativo della vittima di “entrare nella mente del compagno”, di cercare a tutti i costi spiegazioni e chiarimenti e di illudersi di poter ricomporre la relazione diventando più comprensiva.

Contare sino a 1

Uno è il numero della salvezza. Contare sino a uno vuol dire che alla prima offesa grave, al primo spintone, schiaffo, pugno o calcio la relazione deve concludersi e la donna deve sottrarsi al ruolo di vittima in modo fermo e inappellabile. Vale lo stesso per condotte di controllo e violente scenate di gelosia: conta sino a 1 e scappa, interrompi ogni contatto, cancella per sempre quella specie di amore. Non ci saranno ‘mea culpa’, lettere, sms, mazzi di rose, regali o promesse, pianti, implorazioni che tengano. Qui il vero nemico della donna è la tendenza a offrire nuove possibilità continuando a dialogare col suo potenziale assassino mentre si auto-illude di un cambiamento possibile.

Cercare aiuto

Contare sino a 1 vuol dire anche cercare aiuto al primo episodio di violenza, parlarne, dichiararlo, raccogliere opinioni e consigli di parenti e amici. Ovvero, evitare di proteggere il partner e cercare di ‘coprirlo’, come invece succede sistematicamente nelle storie di abuso relazionale. Purtroppo, la vittima patisce un’alterazione del senso di realtà, è essa stessa prigioniera di un sistema affettivo distorto che la avviluppa e che la spinge, impulsivamente, a cercare soluzioni diverse dalla totale astinenza dal rapporto. Inoltre, in alcuni casi, la dipendenza psicologica è sostenuta da condizioni di dipendenza economica e, quando la coppia a figli, dal desiderio di proteggere la prole dal trauma della separazione.

Impara a dirti che non sei sola, a ripeterti che non sei tu a sbagliare ma che ci sono uomini che come il tuo ‘tuo’ attivano dinamiche patologiche e ti ammalano, ti infettano. Non é un amore ma una malattia potenzialmente mortale, un disturbo psicologico che si può e si deve curare.

Una strage silenziosa

C’è poi una strage silenziosa, certamente più ampia di quanto testimoniato dalle statistiche: per ogni donna assassinata sono centinaia e, forse, migliaia, quelle che sopravvivono alla dipendenza affettiva e si condannano alla morte vivente dell’abuso e del sopruso, del ricatto affettivo e della sottomissione sentimentale.

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