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Aggressività e cultura della pace

di Orietta Matteucci

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Aggressività e cultura della pace. La cultura della pace può vincere la paranoia del potere e il delirio di onnipotenza?

Nella storia dell’umanità possiamo trovare un comune denominatore nel fenomeno della guerra e della violenza in generale: l’affermazione del potere.

L’esercizio del potere dell’uomo sull’uomo o dell’uomo sulla natura, ha radici antiche: fin dalle società tribali fino ai giorni nostri, sciamani, capi di stato laici o religiosi, dell’economia, della finanza esercitano il loro potere chiedendo in cambio devozione, rispetto e dipendenza.

In particolare la dipendenza è diventata una condizione di norma nei rapporti sociali, ma non è 'tutelata' e 'regolata' dal rispetto dei valori e diritti umani che costituiscono, o dovrebbero costituire, l’etica di base della società.

Ciò è dimostrato dalle guerre cui si è sempre tentato di dare una giustificazione in funzione di fini superiori, ma che in realtà prevaricavano e, purtroppo, continuano a prevaricare i reali bisogni della popolazione.

Il fine implicito, infatti, è quello di allargare la sfera di potere e dominio in una escalation di paranoia del potere.

La paranoia del potere è un modello di rapporto sociale autoritario sia come quello del genitore quando ritiene suo diritto fare del figlio uno strumento del suo potere, fino a quello dei capi di stato che trovano giustificazioni, anche  pseudo-morali per aggredire e reprimere (guerre sante, portatrici di civiltà, ecc.) attorno al quale coagulare gli animi.

In questo delirio non ci sono né codici, né leggi che tutelino i cittadini, perché queste vengono generate dal potere stesso che di conseguenza si sentirà onnipotente e considererà gli individui solo catalizzatori dell’azione del potere stesso.

Il potere, dunque, si nutre di se stesso e per questo è stabile e pericoloso in quanto, il paranoico ha sempre un nemico da cui difendersi e la difesa non solo giustifica la sopraffazione, ma addirittura la legittima.

È possibile dirigere l’aggressività verso una cultura della pace?

L’uomo ha la possibilità di esorcizzare un tale demone solo apprendendo modi di comunicare empatici e ri-affermando i principi morali ed etici che dovrebbero essere alla base ad ogni convivenza civile.

Cambiare comportamenti e stili di vita è abbastanza faticoso e richiede di organizzarsi in comunità che di questi ideali ne facciano la loro reale strategia di azione, capaci di educare alla prosocialità e ai comportamenti empatici in particolare le nuove generazioni.

Può sembrare un’utopia, e forse lo è, ma solo un’utopia può aprire uno spiraglio verso la cultura della pace raggiunta non sull’intervento repressivo dell’aggressività, ma trasformandola, attraverso un  processo di apprendimento e di attivazione di norme, di valori, di competenze cognitive e di comportamenti, in una dinamica sociale di segno positivo. Comunichiamo PositivaMente

Orietta Matteucci presidente Onlus

Bambino Oggi...Uomo Domani

04/11/2013