Soldi, amore e soddisfazioni. Emanuela aveva tutto ma è morta di anoressia. Come è possibile?

Di disturbi alimentari può soffrirne chiunque indipendentemente da sesso, razza, età, stato socioeconomico e livello culturale. Come accorgersi dei primi segnali e cosa fare

di Elisabetta Rotriquenz

“Non sapremo mai le ombre che hanno creato un disagio così grande che non abbiamo saputo e potuto contrastare. Ti chiedo scusa per non aver capito sempre che il modo giusto di starti vicino era prendersi cura e non respingere" ha detto Giorgio Perinetti, ex direttore sportivo di Roma e Napoli, papà di Emanuela, la giovane manager spentasi a 34 anni dopo una lunga battaglia contro l'anoressia.

Emanuela era una manager dello sport e, apparentemente, aveva tutto. Apparentemente, appunto. Visto che soffriva di anoressia e, quando si scivola nella spirale infernale dei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare), non c'è ragione che tenga.

Infatti il papà si interroga:

“Mi chiedo come sia possibile spegnersi così, senza nessun problema economico, professionale o sentimentale”. 

Come è possibile che Emanuela avesse tutto tranne la gioia di vivere?

La sua scomparsa impone una riflessione: i disturbi del comportamento alimentare (DCA) non sono selettivi, può soffrirne chiunque indipendentemente da sesso, razza, età, stato socioeconomico e livello culturale. In particolare, spesso si pensa che l'età di esordio dell'anoressia sia circoscritta al periodo adolescenziale, ma in realtà negli ultimi anni l'età minima di insorgenza si è gradualmente abbassata (oggi si ammalano anche bambini e bambine di 10 anni), ed è sempre più diffuso il fenomeno degli esordi tardivi tra le/gli over 40. Si tratta di una patologia estremamente seria che, come nel caso di Emanuela Perinetti, può avere conseguenze tragiche. 

Una disregolazione emotiva è in relazione ad un'alterazione del proprio rapporto con il cibo. Alla base vi possono essere varie motivazioni: una crisi, un trauma, una separazione, un disagio pregresso o la sensazione di perdita di controllo dovuta a un cambiamento (Marrocco, 2 dicembre 2023). Anche la genetica o altre condizioni di salute mentale come l'ansia e la depressione possono essere coinvolte nell'esordio dell'anoressia.

E' difficile accorgersi del problema

Per aiutare chi soffre di anoressia nervosa e, in generale, di disturbi alimentari è importante riconoscere i primi sintomi, il cui inizio è silenzioso. 
Non è semplice riconoscere l'esordio di un disturbo alimentare, la nostra cultura normalizza e spesso incentiva moltissimi comportamenti distorti nei confronti di cibo, peso e corpo. 
Generalmente l'anoressia non viene diagnosticata in tempi brevi anche perché le persone affette da questo disturbo alimentare non sanno di soffrirne e quindi potrebbero non cercare aiuto.
È anche comune che le persone affette da anoressia siano riservate e non parlino dei loro pensieri sul cibo o sulla loro immagine corporea, cosa che rende difficile per gli altri accorgersi dei sintomi.
Inoltre, i cambiamenti fisici che accompagnano l'adolescenza e che comportano squilibri di peso, possono mascherarne le prime fasi. Ai sintomi strettamente fisici si associano poi quelli mentali. Il paziente, per lo più donna, ha un'immagine distorta del proprio corpo, si vede in sovrappeso e perciò rifiuta il cibo, fino a non nutrirsi più normalmente.

Quali sono i campanelli d'allarme?

I genitori potrebbero notare (Cotticelli, 18 gennaio 2022;  Il Sole 24 ore, 10 ottobre 2023):

  • cambiamento delle abitudini alimentari: riduzione degli spuntini, saltare completamente i pasti o ridurre le quantità trovando scuse come: “non ho fame”, “ho già mangiato abbastanza”;
  • aumento dell'esercizio fisico, per via dell'ossessione di compensare quanto introdotto con il cibo. In particolare, per chi soffre di DCA, l'allenamento è legato a un profondo senso di colpa e di vergogna per se stesso, come se non allenandosi si facesse qualcosa di sbagliato o si venisse meno a un dovere;
  • cambiamenti della performance scolastica;
  • l'umore peggiora e e la persona diviene irritabile. Si noterà il figlio o la figlia pensieroso, più introverso e meno disponibile alla socialità con i coetanei e i familiari (anche a causa dell'impossibilità di controllare il cibo quando si esce dalla propria routine quotidiana dei pasti);
  • frequente utilizzo del bagno dopo il pasto (si mettono in atto dei meccanismi di compensazione dopo il pasto, quali vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi o di diuretici).


Agire subito

Poiché le probabilità di guarigione completa sono maggiori in caso di trattamento tempestivo, è importante cercare aiuto non appena si notano i sintomi.
Quello che non si deve assolutamente fare è pensare che sia una fase transitoria che passerà senza problemi. L'attesa di qualche mese perché si spera che il problema passi da sé è tempo perso preziosissimo che può far cambiare la prognosi. Non bisogna mai pensare che sia un capriccio che passerà in modo transitorio.

Bisogna agire subito rivolgendosi prima al medico di base o al pediatra (a seconda dell'età del figlio) oppure ad uno specialista per un inquadramento diagnostico e successivamente seguendo il  processo di cura indicato dai professionisti. Per fare questo occorre la collaborazione con il giovane paziente che però farà resistenza. La possibile cura, infatti, va nella direzione opposta rispetto ai suoi obiettivi ed ostacola il controllo che tenta di esercitare sul proprio corpo e sulla propria emotività.
Per questo motivo, provare ad intercettare quei, seppur minimi, campanelli di allarme può essere fondamentale per un intervento precoce e per una remissione completa dalla malattia. E può fare la differenza.