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Baby bullo pesta un coetaneo che ne avrà per 40 giorni

di Orietta Matteucci

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Ennesimo sconcertante episodio di bullismo in una scuola romana a Ponte Milvio.

 

Un vero e proprio pestaggio di un quindicenne, davanti a decine di compagni di classe che incitano il baby bullo e riprendono la scena con i telefonini. Il ragazzo è stato ricoverato con una prognosi di quaranta giorni a causa di un grave trauma maxillofacciale, lividi su tutto il volto, un occhio tumefatto, stato evidente di choc.

 

Come al solito dopo i fatti ci si interroga, si attribuiscono colpe, gli investigatori indagano, la giustizia farà il suo corso (forse), ma genitori, scuola, società si porranno dubbi e si assumeranno la responsabilità dell’accaduto?

 

Perché un bambino si mette a fare il bullo?

 

Il bambino che fa il bullo, non è cattivo, è solo disperatamente ferito e chiede disperatamente amore. A volte, odiare qualcuno e colpirlo o comportarsi male con lui è un modo per esprimere un intenso bisogno di quella persona, da cui probabilmente il bambino non riceve l’amore e le attenzioni di cui ha bisogno per crescere sano. Come accade quando un figlio si comporta male con il genitore.

 

Il comportamento aggressivo nasce come difesa da un profondo dolore. Quando l’amore di cui ha bisogno diventa una esperienza fortemente dolorosa, il bambino può scegliere di affrontare la vita con odio e rabbia, autoconvincendosidi non aver bisogno di quell’amore negato e che ne ha bisogno chi è più debole. Si può chiudere in un guscio e diventare aggressivo soprattutto con chi gli ricorda le sue emozioni dolorose e il suo bisogno di essere amato.

 

C’è da dire che la comunicazione tra genitori e figli anche in passato era difficile, a volte conflittuale, ma si aveva ben chiara la distinzione di ruoli tra educatore e bambino e questo dava al figlio la certezza, nel bene e nel male, di avere un punto di riferimento stabile nel padre e nella madre.

 

Oggi, forse nell’ansia di essere troppo vicini ai nostri figli, o, a volte, nel tentativo maldestro di sopperire al poco tempo che a loro dedichiamo, abbiamo cercato di accorciare le distanze tra noi e loro, col risultato paradossale di averle invece aumentate. I bambini, infatti, nella maggior parte dei casi, non riconoscono in noi figure autorevoli, non ci considerano punti di riferimento e, spesso, ci sfuggono di mano, cercando fuori dal nucleo familiare quelle certezze che in noi non trovano, imbattendosi spesso in pericolosi punti di riferimento.

 

La crisi della scuola (gli insegnanti sono anche genitori!) e la crisi della famiglia appaiono, sotto vari aspetti, profonde e sfuggenti, non più gestibili secondo vecchi canoni di interpretazione e di azione.

 

È diventato, quindi, improcrastinabile fornire alle famiglie e alle istituzioni scolastiche risorse e strumenti efficaci che permettano di gestire in modo costruttivo frustrazioni, divergenze, conflitti che fanno parte della normale vita relazionale.

 

Ma neppure bisogna affannarsi a cercarli, perché sono stati indicati fin dal 1993 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Documento WHO’93, assunto dal Ministero Istruzione Università Ricerca nel 2008 e dalla Comunità Europea con la CSR 2011.

 

Allo stato attuale non è previsto che genitori e insegnanti debbano acquisire le competenze necessaria per assolvere tale compito, quindi sorge spontanea la domanda:

 

cosa fare nel frattempo?

 

Rassegnarsi alla violenza, al degrado, alla corruzione, oppure rimboccarsi le classiche maniche e darsi da fare per educare efficacementel e nuove generazioni all’onestà, al rispetto degli altri, all’osservanza dei propri doveri?

 

La Onlus Bambino Oggi…Uomo Domani da alcuni anni sta realizzando –gratuitamente– nelle scuole primarie il Progetto Comunichiamo PositivaMente  strutturato seguendo le indicazioni dell’OMS e la metodologia applicataconiuga la teoria con la prassi, cioè si apprende esercitandosi nella pratica.

 

L’attività prevede, infatti, che psicologi della corrente umanistica e sociale, precedentemente formati alla realizzazione degli obiettivi del progetto, gestiscano 10 incontri esperienziali di 2 ore ciascuno, rivolti a gruppi di massimo 10 insegnanti e genitori per ciascun gruppo durante i quali si avvierà un processo di comunicazione efficace che ciascuno sarà in grado di proseguire autonomamente.

 

L’attività si svolge sotto la direzione e la supervisione del direttore scientifico del progetto prof. Andrea Pagani psicologo, psicoterapeuta, docente presso la Scuola di Specializzazione Quadriennale in Psicologia Clinica di Comunità e Psicoterapia Umanistica Integrata A.S.P.I.C. riconosciuta dal M.I.U.R.

 

I risultati rilevati nel corso degli anni sono positivi per il 100% dei partecipanti, ma le adesioni sono circa il 2%, una percentuale davvero esigua!

 

Gliostacoli da superare per una maggiore quanto necessaria affluenza, sono ben radicati nell’animo umano, quali la diffidenza, la paura di mettersi in gioco, l’abitudine e forse anche l’assuefazione ai fatti negativi, la convinzione che i problemi riguardano sempre e solo il vicino di casa. Ostacoli che tuttavia, sono anche all’origine della crisi di valori umani ed etici che affligge la società.

 

Cosa fare dunque?

 

Il supporto del singolo cittadino, delle associazioni è indispensabile, ma di certo è indispensabile anche quello delle istituzioni e dei media, che non solo possono rivestire un ruolo fondamentale e decisivo, ma assolverebbero il primo loro compito che è appunto quello di fare informazione-formazione.

 

Riusciranno i dirigenti scolastici ad inserire il Progetto nella loro programmazione? Riusciranno i genitori ad occuparsi concretamente dei loro figli?

 

Speriamo di si.

 

Orietta Matteucci presidente Bambino Oggi... Uomo Domani Onlus

05/05/2014