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Belli a tutti i costi: quando avere un corpo perfetto diventa un'ossessione

Belli a tutti i costi quando avere un corpo perfetto diventa unossessione

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Essere belli a tutti i costi. Questo è il motto che da molti anni a questa parte accompagna il pensiero di uomini e donne che vivono ossessionati dalla bellezza del proprio aspetto fisico. È anche vero che al giorno d'oggi l'immagine è il modo attraverso il quale si dà la più immediata informazione su se stessi agli altri, mettendo in secondo piano la personalità, il proprio modo di affrontare la vita, i propri valori. Nella nostra società tutto viene valutato con rapidità per cui non c'è tempo per soffermarsi su qualcuno o qualcosa che non attiri lo sguardo per la sua bellezza. Essere attraenti e curati nell'aspetto è anche considerato un indice del proprio successo personale.

Tutti questi aspetti fanno sì che le persone sia sempre più indirizzate a fare qualsiasi cosa pur di essere belle. Tra le pratiche messe in atto per l'adeguamento del corpo ai canoni di bellezza ci sono tanti mezzi: sport, dieta, cure estetiche fino ad arrivare alla chirurgia estetica. Per molte donne la chirurgia estetica rappresenta uno strumento per intervenire attivamente sul pericolo di esclusione sociale. A seguito di un intervento infatti molte persone sostengono di aver acquisito una maggiore fiducia in sé, esigenza peraltro dettata dalla pressione sociale a conformarsi a determinati standard estetici.

Il ricorso alla chirurgia estetica può essere legato anche a periodi di transizione di ruolo. Si tratta di momenti cruciali nella propria vita, come la separazione, la fine di una relazione, un licenziamento, ecc., per cui le persone sentono la necessità di riprogettare il proprio sé per ricominciare con maggior sicurezza, eliminando i difetti fisici che sembrano aver avuto un ruolo nelle difficoltà precedenti. Anche in questo caso, il corpo rappresenta il fulcro del controllo sull'espressione del sé nella relazione sociale, percepito come uno strumento funzionale al successo nelle relazioni intime come in quelle di lavoro (Olivero e Rovida, 2009).

Insieme al perseguimento della bellezza fisica si osserva contemporaneamente la volontà di contrastare l'invecchiamento. La cultura dei consumi colloca in una posizione marginale l'identità delle persone anziane, enfatizzando il mito della giovinezza. Infatti la giovinezza e l'attività fisica sono diventati valori centrali indipendentemente dall'età, e il corpo magro appare come il simbolo per eccellenza della giovinezza. La capacità di mantenersi in forma è oggetto di valutazione morale, tanto che il sovrappeso e lo scarso impegno nel contrastare l'invecchiamento sono giudicati come comportamenti sbagliati e da contrastare. Il corpo invecchiato viene percepito da molte persone come una maschera che nasconde la vera identità. In questo senso il ricorso alla chirurgia estetica sarebbe funzionale a ristabilire un equilibrio fra immagine corporea e immagine del sé.

Partendo dal presupposto che i modelli estetici proposti dalla società e dalla comunicazione di massa vanno a costituire una forte componente dell'immagine del sé, non sorprende quanto può essere grande il divario percepito tra il sé ideale e il sé reale. In tal senso è possibile individuare tre tipologie di donne che fanno ricorso alla chirurgia estetica: quelle che vi ricorrono in seguito a traumi o malattie; quelle che si sottopongono a pochissimi interventi (massimo tre); quelle che si sottopongono a molti interventi (da quattro a quindici). A parte il gruppo di donne costretto ad intervenire per cause legate ad incidente o malattia, le altre fanno ricorso alla chirurgia estetica per avere un maggiore controllo sulla propria immagine come strumento di realizzazione sociale e per diminuire il divario tra il sé ideale e il sé reale, ambendo ad una parziale o totale sovrapposizione tra i due sé.

Di solito, le donne che ricorrono a pochissimi interventi di chirurgia estetica rivelano un'accresciuta autostima in seguito all'intervento, mentre quelle che vi ricorrono in modo intensivo rimangono insoddisfatte. In quest'ultimo caso si tratta di donne la cui identità si sovrappone quasi totalmente con l'immagine fisica. Per queste donne prendere consapevolezza del processo di invecchiamento del proprio corpo o dell'imperfezione di quest'ultimo, crea un forte stato d'ansia e preoccupazione tanto da mettere in crisi l'accettazione del sé. Tali donne, insicure, in difficoltà nei rapporti interpersonali, insoddisfatte a livello personale e professionale, per tentare di compensare questi aspetti, tendono a focalizzarsi sull'unico territorio sul quale sentono di avere un certo potere: il proprio corpo. Tale processo di trasformazione volto alla ricerca della perfezione è destinato a non finire mai, ma al contrario è fonte continua di frustrazione e insoddisfazione (Olivero e Rovida, 2009).

È evidente che la chirurgia estetica non può risolvere i propri disagi interiori, ma piuttosto prima di qualsiasi intervento bisognerebbe chiedersi: qual è la reale motivazione sottostante, quale immagine si ha del proprio corpo, cosa ci si aspetta di ottenere dall'operazione ed in che modo ci si aspetta che la propria vita possa cambiare dopo un intervento estetico. È il nostro modo di osservare e affrontare la vita a darle un senso piuttosto che un altro, per cui un intervento estetico può essere un valore aggiunto laddove vi sia già una soddisfazione di se stessi e la consapevolezza che le basi della propria bellezza risiedono nel proprio intimo.  

08/04/2014