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Bisturi e bambole

di Caterina Steri

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'Tutti nasciamo originali e moriamo copie' diceva Carl Gustav Jung, psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero.

Non mi viene da pensare a frase più appropriata sfogliando le immagini della fotogallery Living-dolls-Barbie-Ken.

Guardandole ho pensato che al giorno d’oggi possa capitare di correggere qualche imperfezione corporea, ma da qui a sottoporsi a decine di interventi chirurgici per assomigliare in toto a delle inespressive bambole non mi pare un’inezia, tanto più se i protagonisti di questo scempio sono adolescenti.

Penso subito a casi di dismorfismo corporeo che il DSM-IV-TR, il Manuale di riferimento per la diagnosi dei disturbi psichici, descrive come un’eccessiva preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, reale o supposto, causa di un disagio importante e che nei casi più gravi mina pure il funzionamento sociale e professionale della persona.

Fortunatamente tanti studi medici di chirurgia estetica richiedono la consulenza psicologica prima di intervenire su pazienti che evidenziano una discrepanza tra immagine corporea reale e quella percepita.

In casi come quelli della fotogallery immagino un’enorme discordanza tra l’immagine corporea reale (che non ci è dato vedere), e quella ideale. Appare l’esigenza di negare se stessi che porta alla trasformazione radicale in qualcun altro o in qualcos’altro. Ciò che vedo è la versione “emancipata” del dimorfismo corporeo che sottolinea ancor di più la labilità dei confini tra mondo reale e virtuale?

Che cosa ci aspettavamo da una quotidianità che si basa di gran lunga su un mondo virtuale? Potrebbe essere questa una delle conseguenze negative del suo abuso. Pensiamo alla quindicenne delle immagini che crea tutorials molto seguiti su YouTube e che causa l’emulazione dei suoi fan.

E’ una totale perdita di controllo della realtà, la ricerca di un ideale attraverso un intervento chirurgico dietro l’altro senza considerare tutte le complicanze che possono scaturire.

Ma non possiamo colpevolizzare solo il web. Condivido il pensiero del Dottor Valerio Perrone che considera tutti i profili educativi coinvolti nella crescita delle nuove leve generazionali, compreso il mondo legislativo. L’esempio più palese è quello dei genitori che regalano alla figlia per il compleanno un nuovo seno o il medico che accontenta in toto le richieste più disparate.

Quello della chirurgia estetica riguarda soprattutto il mondo femminile, ma sempre più si fa spazio anche quello maschile. Vediamo il caso-limite dell’aspirante Ken e tanti che non accettano le rughe, il grasso nei fianchi, la perdita di capelli.

Un mondo in cui si abusa della finzione porta alla tendenza a render tutto falsificato, compreso l’aspetto personale.

Quello che salta subito agli occhi è che l’ideale a cui si aspira è costituito da personaggi che fanno parte dell’infanzia. Una riflessione personale e cervellotica mi farebbe pensare ad una grossa resistenza a lasciare andare la propria fanciullezza o forse a volerne trovare una di cui mai si è goduto.

Inoltre, noto che prima ci si nascondeva dietro nick-name o avatar finti, conducendo una vita virtuale parallela a quella reale, ora ci si sta orientando a nascondere del tutto quella reale.

Gli adulti di oggi possono guardare le foto di quand’erano adolescenti con la consapevolezza che quando l’onda delle mode e dei pensieri di allora passavano potevano cambiare gusti e idee senza ricorrere a chissà quali interventi. Se i futuri adulti Barbie&Ken volessero fare altrettanto non potrebbero perché imprigionati in un aspetto non loro. Come affronterebbero la condizione di non poterlo fare e di quali strumenti, che non siano i bisturi, potrebbero far uso questa volta?

27/03/2013