Colla di pesce nel vino o gelatina di bue nei latticini: nei cibi ingredienti non dichiarati

di Eunews

Comprare yogurt e non sapere che è fatto con la gelatina di bue. Capita, perché il produttore non te lo dice. Non è certo una novità (purtroppo), ma fa sempre un certo effetto quando scopriamo che i prodotti che mangiamo contengono sostanze diverse da quelle che immaginiamo.

Stavolta sono una dozzina i prodotti incriminati, resi noti tramite l’inchiesta di Foodwatch, Ong francese impegnata nella lotta per i diritti dei consumatori.

La gravità del fatto è che gli ingredienti sono nascosti. Dunque spesso non è neanche il caso raccomandare di fare attenzione quando si va al supermercato: è un po’ difficile orientarsi se ciò che ci vendono non è indicato  sull’etichetta, o se non se ne specifica la provenienza. Quindi può capitar benissimo, comprando uno yogurt (Panier de Yoplait 0%), che vi sia presente tra gli ingredienti la gelatina di manzo, a fronte di un cartellino che indica genericamente “gelatina”; lo stesso vale per il budino al cioccolato (Le Viennois chocolat, Nestlé), al cui interno, a nostra insaputa, si trova anche della gelatina di maiale.

Niente di male dal punto di vista della salute, ci mancherebbe, nella presenza di derivati animali nei prodotti alimentari, ma bisogna dirlo. Non foss’altro ad esempio per chi segue una dieta vegetariana, che vorrebbe sicuramente essere informato se, nel succo d’arancia che sta comprando, vi sono dei coloranti d’origine animale (come il carminio, estratto dal corpo disseccato dell’insetto cocciniglia). Anche perché, dopo una rapida scorsa degli ingredienti e scoprendone la presenza, probabilmente riporrebbe il cartone sul ripiano e passerebbe oltre.

Ma la faccenda non può essere riconducibile solo ad una determinata ‘fetta’ di consumatori e alle scelte etiche che li accompagnano al supermercato: qui si tratta di tutela dei consumatori, tutti, indiscriminatamente, e del loro diritto a sapere cosa stanno per mangiare . Foodwatch punta il dito contro la mancanza di trasparenza dei produttori, non solo per l’assenza di informazioni di composizione sugli imballaggi.

Spesso, come accennato, l’industria alimentare non aiuta i consumatori con indicazioni incomprensibili e incomplete, senza specificazioni circa la loro provenienza. Ad esempio le mele Fuji, che indicano sulla confezione “shellac E904”, senza precisare che, ebbene sì, trattasi di una resina a base di secrezioni d’insetti.

Non è finita qui: spesso in alcune tipologie di vini o addirittura birre si può trovare colla di pesce, albume d’uovo e perfino sangue di bue… che dire, il gusto (e l’occhio) ne risentiranno anche positivamente, ma sembra che dei diritti del consumatore non ci si occupi abbastanza.

 

Caterina Ristori