Quando la carnefice è donna ed è lui la vittima del mal d’amore: basta ai pregiudizi sul manipolatore perverso

Gran parte dei documenti sulla dipendenza affettiva si concentra sullo scenario psicologico con lei nel ruolo della preda soggiogata.

di Enrico Maria Secci

In tema di dipendenze affettive e di narcisismo patologico è diffusa la rappresentazione di donne vittime e di uomini carnefici, come se la sindrome relazionale del "mal d'amore" e le sue conseguenze cliniche ed esistenziali appartenessero esclusivamente alle dinamiche maschio-femmina.

L'idea preconcetta

Quest'idea preconcetta è alimentata dalle cronache di violenza, di stalking e di femminicidio, e trova fertili riscontri nella letteratura specifica. Infatti, la gran parte dei libri e dei documenti sulla dipendenza affettiva si concentra sullo scenario psicologico dei rapporti uomo-donna, con lui nella parte del manipolatore perverso e lei nel ruolo della preda soggiogata.

Ciò accade perché questa configurazione è statisticamente più frequente e più facilmente osservabile e non perché sia la sola possibile. Infatti, la dipendenza affettiva e il narcisismo perverso sono fenomeni trasversali al genere e all'orientamento sessuale. Riguardano tutti: uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali senza soluzione di continuità e si manifestano nei diversi casi con schemi relativamente invarianti.

La preminenza numerica della relazione uomo-carnefice/donna vittima è radicata nei modelli culturali dominanti e negli stereotipi di genere, perciò rischia di produrre una pericolosa semplificazione nella clinica e nel trattamento dei disturbi affettivi e di trascurare così lo studio e la psicoterapia delle dipendenze relazionali in cui, per esempio, è il maschio a "subire" trascuratezze e abusi di una narcisista manipolatrice, oppure nelle situazioni in cui il problema travalica l'orientamento sessuale e si instaura tra partner dello stesso sesso.

L'uomo vittima

L’uomo “vittima”, tra vergogna e solitudine. A differenza di quanto accade alle donne, gli uomini eterosessuali "vittime" devono affrontare oltre al dolore della relazione patologica, il senso di vergogna e di inadeguatezza derivanti dalla disinformazione sul tema e dal pregiudizio culturale che li stigmatizza come maschi-zerbino, maschi fragili e atipici. Il risultato è che un uomo eterosessuale in forte difficoltà emotiva tende a evitare, a rifiutare l'aiuto o a negare il problema a lungo, col rischio di cronicizzarlo.

Depressione, isolamento, alcolismo e abuso di sostanze, disturbi nella sfera sessuale e ricadute sul funzionamento psico-sociale sono a volte il tributo pagato da questi uomini alla causa dell'incomprensione che li circonda: il conformismo sociale.

Tutti sembrano dir loro "Liberati di questa strega!", come se fosse facile. Il carico di questa iper-semplificazione della dipendenza affettiva al maschile può diventare soverchiante e condurre la vittima a peggiorare la propria situazione nel tentativo solitario di risolverla.

La soluzione terribile

Per gli uomini, come per le donne vittime di narcisisti, la soluzione terribile più frequente è accondiscendere alle richieste della manipolatrice: più soldi, più obbedienza, più "sincerità", un figlio "riparatore", una casa nuova, rompere con la famiglia d'origine e i parenti prossimi, nessuna amicizia femminile e così via.

Ogni cedimento produce un trauma: la manipolatrice alzerà la posta in gioco e la vittima precipiterà in un abisso di responsabilità crescenti, da cui potrebbe risultare veramente complesso sollevarsi, sia da un punto di vista psicologico che economico.

Tutto questo è facilitato dalla solitudine in cui i maschi vivono la propria condizione di soggiogamento emotivo. A differenze delle femmine, non hanno avuto il vantaggio di un'educazione sentimentale che li autorizzi a condividere le proprie emozioni e a manifestare uno stato di crisi psicologico; di rado possono contare su amici comprensivi ed empatici e, meno ancora, sono disponibili all'idea che una psicoterapia possa sostenerli in modo valido e in tempi brevi.

Leggere libri

Potrebbero allora leggere del problema che li affligge, ma la quasi totalità dei libri sul narcisismo perverso e sulla dipendenza affettiva sono coniugati al femminile e pur trattando di un disturbo, come ho detto, trasversale al genere e all'orientamento sessuale, danno l'idea di essere inadatti al pubblico maschile.

Dipendenza affettiva, narcisismo perverso e omosessualità

La frequenza con cui nelle relazioni omosessuali si manifestano dinamiche dipendenti e scenari narcisistici è considerevole, ma relativamente inesplorata. Ancora una volta, penso, a causa del forte accento “etero-centrico” posto dai ricercatori sul tema, ma soprattutto dal condizionamento culturale che destina dalla nascita le persone gay a orientarsi nel mondo senza modelli o riferimenti, che le depriva di fatto di quell’educazione emotiva, seppure abbozzata, e del senso di legittimità assegnato di diritto ai bambini etrerosessuali.

Su questo piano la ricerca psicologica è ai primordi, ma lo studio trasversale e multi-livello della dipendenza affettiva può illuminarci, e ce n’è bisogno, sulla necessità di abbattere argini culturali e stereotipi sociali soffocanti.

Donne, uomini, eterosessuali, omosessuali sono uguali nell’amare, ugualmente fragili, ugualmente vulnerabili e, per inverso, potrebbero essere persone forti, sane e consapevoli, se a livello sociale, culturale e scientifico si costruissero le condizioni di questa parità profonda e fondamentale, oggi trascurata quando non direttamente negata.

Il narcisismo in amore e la sindrome di Eco - Come guarire dalla dipendenza affettiva