Disastro di Fukushima Dai-ichi: quello che è rimasto in vita

di Anna Simone

Cosa rimane nelle zone intorno Fukushima dopo il disastro nucleare? Poca vita e molta contaminazione radioattiva. A testimoniare il dramma umano, di chi ha dovuto lasciare tutto ciò che aveva, c’è il reportage di Arkadiusz Podniesiński, fotografo polacco che si è avventurato nelle aree contaminate fino ad arrivare 20 km dalla centrale nucleare.

L’11 marzo 2011 in seguito a un maremoto e a uno tsunami, che si sono abbattuti a largo della costa del Giappone settentrionale, c’è stata la fusione dei noccioli di tre reattori della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi. Oltre 150 mila persone furono costrette ad abbandonare le loro case, di queste, 120 mila non hanno ancora fatto ritorno a casa e il processo di decontaminazione sembra non aver fine, perché le montagne coperte di foreste e i fiumi continuano a rilasciare radioattività.

Podniesiński, grazie a dei permessi speciali e alle dovute precauzioni, è riuscito a raggiungere le città di Futaba e Namie, nella zona rossa, la più vicina alla centrale. Qui il paesaggio è spettrale: non può viverci nessuno, case, attività commerciali, scuole, farmacie, tutto è danneggiato e ricoperto da ragnatele ed erba alta. E proprio in questi luoghi il fotografo ha deciso di immortalare gli interni per “far conoscere al mondo la dimensione umana e personalissima della tragedia”.

Nella zona arancione, invece, con livelli di contaminazione più bassa l’artista si è concentrato sul paesaggio, dagli uomini che puliscono tetti e muri di ogni singola abitazione alle distese di sacchi neri pieni di terreno molto radioattivo che viene accumulato in attesa di trovare dove stoccarlo.
La radioattività è ancora lì. 

 

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