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Dismorfofobia: quando lo specchio fomenta la malattia

di Caterina Steri

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La propria immagine riflessa allo specchio non piace proprio, è deforme, piena di difetti. Eppure a guardarla con altri occhi non c’è nulla che non vada in modo particolare nella figura di quella persona riflessa allo specchio. In realtà è chi si guarda che si vede diverso da come effettivamente è.

Quando ci si fissa su difetti estetici anche minimi e li si percepisce in modo esagerato nella propria immagine allo specchio possiamo parlare di dismorfofobia (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e φόβος, phobos = timore), che colpisce sia adolescenti che adulti, soprattutto donne, ma anche uomini che vivono in una società i cui canoni estetici sono sempre più esigenti.

I difetti fisici coinvolti possono essere di vario genere (naso grande e storto, sentirsi grassi, avere pochi capelli, seni piccoli o grandi e gambe storte...). Non ci si rende conto che il vero problema è di carattere mentale e spesso si ricorre alla medicina e alla chirurgia estetica, talvolta trasformando totalmente il proprio aspetto.

Il campanello d’allarme si ha quando l’ossessione per il difetto fisico percepito crea problemi nella conduzione della normale attività quotidiana ad esempio passando molte ore al giorno a pensare al “problema” e a come porvi rimedio.

Può insorgere poi un sentimento di vergogna per il proprio aspetto e quindi l’evitamento di situazioni che potrebbero esporre la sua vista ad altri individui. Possono comparire dei comportamenti compulsivi, come guardarsi ripetutamente allo specchio, lavarsi e pettinarsi in continuazione.

Il disagio viene condiviso raramente con le altre persone e questo fomenta angoscia e tratti depressivi.

Nelle forme più gravi si arriva a provare repulsione verso se stessi. In realtà, ciò che si arriva a odiare non è il proprio aspetto fisico, sul quale in realtà viene proiettato il malessere, ma i propri vissuti personali.

Naturalmente, come per ogni disturbo esistono dei parametri precisi a cui attenersi per poterlo diagnosticare e occorre escludere patologie mentali di qualsiasi altro genere. Senza contare che la percezione di un’immagine corporea distorta può portare anche a disturbi della condotta alimentare. Infatti la dismorfofobia essendo una patologia complicata può accompagnarsi ad altre di tipo mentale quali depressione, ansia, aggressività, autolesionismo e disturbi ossessivo compulsivi.

La terapia è sia farmacologica che psicologica. Quest’ultima si prefissa come obiettivo quello di modificare la percezione distorta del corpo, ridurre i comportamenti di controllo del difetto e il recupero di una relazione positiva con la propria immagine e con gli altri.

07/01/2013