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Disturbo da stress post-traumatico: gli effetti di guerre e conflitti sulla salute di tutti, militari e civili

Colpisce spesso con conseguenze che possono compromettere a lungo il ritorno alla vita normale. L’approccio psicoterapeutico e quello farmacologico

di Stefania Elena Carnemolla

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Tra le conseguenze di guerre e conflitti, accanto alla perdita di vite umane, distruzione di case, edifici infrastrutture, danni all’ambiente, c’è lo stress conseguente al trauma, ciò che può colpire indistintamente militari e civili. La sindrome è conosciuta come PTSD, acronimo per Post-Traumatic Stress Disorder, in italiano disturbo da stress post-traumatico.

Chi ne viene colpito continua a rivivere gli eventi, sentendo, in alcuni casi, gli stessi odori e rumori. Tempo fa ci è, ad esempio, capitato di parlare con un militare italiano sopravvissuto all’attentato di Nassiriya del 2003, in Iraq. Quel giorno, era il 12 novembre, era di guardia all’ingresso della Base Maestrale, poi sventrata dalla forte esplosione. Il nostro dialogo è avvenuto dieci anni dopo l’evento, a dimostrazione di quanto la sindrome possa farsi sentire nel tempo. Alla domanda di descrivere la scena dell’attentato ci ha risposto: “Non ricordo molto bene le immagini immediatamente successive alla bomba. Perdevo sangue dagli occhi, ma sicuramente ho visto i miei amici. E talvolta nei sogni mi capita di vederne qualche brandello. La sensazione più brutta e incancellabile è quella di essere passato sopra il cadavere di qualche mio amico. Quando mi hanno portato via di lì, proprio perché non riuscivo a vedere, le sensazioni più forti sono rimaste: gli odori, i sapori, i rumori e il tatto. A tutti è capitato di calpestare un piede a qualcuno. Immagina la sensazione d’esser passato sopra un tuo amico che magari era in fin di vita e non ancora morto”.

A causa della forte esplosione il militare ha sviluppato anche la Blast Syndrome: “Ho grossi problemi di udito. E lesioni in tutto il corpo. Non posso fare risonanze magnetiche e quindi se ho dolori non posso neanche capire da dove arrivano e cosa c’è di rotto. Devo continuamente chiedere di ripetere le cose dette alle persone che mi sono accanto. Devo capire se talvolta gli amici si stufano di ripetermi le cose. Non posso più nuotare tranquillo. Andare sott’acqua. Non sento le sveglie. Ascolto tv e musica con volumi assordanti per gli altri. Tutto è cambiato e mi sono abituato a conviverci”.

CAUSE

Le cause del disturbo da stress post-traumatico non si limitano a guerre e conflitti. Gli altri fattori scatenanti, spiega, ad esempio, lo Istituto A.T. Beck di Roma, specializzato in terapia cognitivo-comportamentale, possono essere eventi naturali come terremoti, incendi, alluvioni, uragani, tsunami; torture; minacce di morte; incidenti automobilistici o disastri aerei; rapine; malattie con “prognosi infauste”; lutti; lavori che comportino l’esposizione a eventi traumatici; maltrattamenti o abusi fisici nell’infanzia; bullismo; aggressioni; vittimizzazioni e discriminazioni a causa del genere, orientamento sessuale, identità di genere, etnia, religione; violenza politica o comunitaria.

Con l’arrivo della pandemia da Sars-CoV-2 i sintomi  classici dello stress-post traumatico come depressione, ansia, insonnia, allucinazioni, stati confusionali, deficit cognitivi sono stati riscontrati, come illustrato in un articolo di Lancet, in molte persone costrette a lunghi periodi di lockdown e quarantena. Quanto basta per capire come il problema non riguarda unicamente il mondo militare che alla sindrome, dai veterinari della guerra del Vietnam in poi, ha dedicato studi e ricerche, con il coinvolgimento della psicologia e psichiatria militare. Nel 1999, ad esempio, uno  studio sui veterani della guerra del Vietnam, sottoposti a indagine tomografica, pubblicato su Biological Psychiatry suggerì come alla base dei sintomi dei pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico ci fossero “alterazioni funzionali di specifiche aree cerebrali corticali e subcorticali coinvolte nella memoria, nell’elaborazione visuospaziale e nelle emozioni”.

CLUSTER

I sintomi del disturbo da stress post-traumatico vengono tradizionalmente classificati in base a tre cluster: episodi di intrusione, volontà di evitare e mancata elaborazione, ipersensibilità e vigilanza. 

Nel primo caso, spiega EpiCentro “le persone affette da PTSD hanno ricordi improvvisi che si manifestano in modo molto vivido e sono accompagnati da emozioni dolorose e dal rivivere il dramma. A volte, l’esperienza è talmente forte da far sembrare all’individuo coinvolto che l’evento traumatico si stia ripetendo”. 

Nel secondo caso, spiega sempre EpiCentro, “l’individuo cerca di evitare contatti con chiunque e con qualunque cosa che lo riporti al trauma. Inizialmente, la persona sperimenta uno stato emozionale di disinteresse e di distacco, riducendo la sua capacità di interazione emotiva e riuscendo a condurre solo attività semplici e di routine. La mancata elaborazione emozionale causa un accumulo di ansia e tensione che può cronicizzate portando a veri e propri stati depressivi. Al tempo stesso si manifesta frequentemente il senso di colpa”. 

Nel terzo caso, spiega ancora EpiCentro, “le persone si comportano come se fossero costantemente minacciate dal trauma. Reagiscono in modo violento e improvviso, non riescono a concentrarsi, hanno problemi di memoria e si sentono costantemente in pericolo. A volte, per alleviare il proprio stato di dolore, le persone si rivolgono al consumo di alcool o di droghe. Una persona affetta da PTSD può anche perdere il controllo sulla propria vita ed essere quindi a rischio di comportamenti suicidi”.

C’è chi propone, invece, di riunire i sintomi del disturbo da stress post-traumatico in quattro cluster: riesperienza, evitamento, alterazioni negative, ipereccitabilità, mentre tutti sono concordi nel considerare emicrania, indebolimento del sistema immunitario, problemi gastrointestinali, capogiri, dolore al torace come manifestazioni della sindrome.

TRATTAMENTI

Il trattamento del disturbo da stress post-traumatico può essere psicoterapeutico o farmacologico. Della prima tipologia, spiega l’Istituto A. T. Beck, fanno parte la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma (TF-CBT), lo Eye Movement Desensitivation and Repressing (EMDR), la Mindfulness, tecnica che s’ispira alla meditazione orientale, la Dialectical Behaviour Therapy, la terapia sensomotoria, il Trauma Sensitive Yoga, il trattamento degli aspetti dissociativi. L’EMDR praticata in particolare in ambito militare, è una tecnica nata negli anni Ottanta grazie alla psicologa Francine Shapiro che scoprì come il movimento rapido degli occhi agisse sui cattivi ricordi, conseguenze di un trauma, aiutando ad elaborarli e a memorizzarli come appartenenti al passato.

Il trattamento farmacologico, spiega, invece, la Società Italiana di Farmacologia, si basa sui farmaci antidepressivi e gli antipsicotici di seconda generazione, mentre altri farmaci utilizzati sono la prazosina, il propranololo, le benzodiazepine, gli stabilizzanti dell’umore.

Meglio l’approccio psicoterapeutico o quello farmacologico? Benché il trattamento psicoterapeutico, spiega la Società Italiana di Farmacologia, sia più efficace rispetto a quello farmacologico, esso si caratterizza, tuttavia, per un “alto drop-out” portando alla “ricomparsa della patologia alla cessazione della terapia stessa”. Per favorire “l’estinzione del ricordo” una soluzione che inizia a dare buoni risultati, spiega la Società Italiana di Farmacologia, è l’associazione delle terapie psico-comportamentali con quelle farmacologiche.

Nel frattempo, spiega la Società Italiana di Farmacologica, si sperimentano altri farmaci come la ketamina, conosciuta per le sue proprietà antidepressive, nonché sostanze psicoattive come la 3,4-metilenediossimetanfetamina e la psilocibina. Con uno sguardo alla cannabis: “L’enorme potenziale terapeutico della cannabis e dei suoi derivati, ad esempio delta-9-tetraidrocannabinolo e cannabidiolo, potrebbe risiedere non soltanto nella sua capacità di alleviare gli stati ansiosi ma soprattutto nella sua capacità di modulare i processi cognitivi attenuando l’eccessivo richiamo del trauma e facilitandone l’estinzione”.

ABBIAMO PARLATO DI

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The psychological impact of quarantine and how to reduce it: rapid review of the evidence Articolo

Neural correlates of exposure to traumatic pictures and sound in Vietnam combat veterans with and without posttraumatic stress disorder: a positron emission tomography study Articolo

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02/03/2022