Falsi miti su cipolla e microbi, patate nere e pesce al mercurio

L’Istituto Superiore smonta tre falsi miti sull’alimentazione: dalla cipolla ammazzamicrobi al pesce al mercurio alle patate nere e velenose

di Stefania Elena Carnemolla

È vero che la cipolla allontana i microbi? Che tutto il pesce è pieno di mercurio? Che le patate vanno mangiate subito perché diventano nere e quindi tossiche? Sono tre falsi miti illustrati da ISSsalute, portale dell’ Istituto di Superiore di Sanità con informazioni su stili di vita, alimentazione, ambiente, disturbi e malattie.

La leggenda della cipolla cruda contro l’influenza

In tempo di tosse e raffredori lasciare in giro per casa o accanto al letto cipolla cruda a fette non allontanerà i microbi. Una falsa credenza si dice dei primi del Novento allorquando “un medico avrebbe incontrato una famiglia di contadini sfuggita all’influenza per aver posizionato cipolle aperte nella propria dimora, e sostenendo come ogni fetta avesse intrappolato in sé virus e batteri”.

Nè i microbi fuggiranno davanti a piatti a base di cipolla: “In realtà non esistono ‘magneti batterici’ perché i microbi si propagano ad esempio attraverso gocce di liquido biologico (gli starnuti) o attraverso contatti diretti. Non esistono cibi che attraggono i microbi” spiega il portale, che ricorda come la cipolla abbia, tuttavia, proprietà benefiche. Grazie al suo contenuto di calcio, ferro e fosforo è, infatti, di aiuto contro stanchezza fisica e mentale, mentre zinco, sodio e potassio contribuiscono all’elasticità dei tessuti. Il portale ricorda, quindi, i tanti studi scientifici che riconoscono alla cipolla un grande potenziale “nel prevenire malattie cardiovascolari e nel controllare la pressione arteriosa e il colesterolo”.

Patate nere, ma quale veleno! 

Se non mangiate subito o se conservate in frigo le patate sono tossiche: il falso mito nasce dal colore scuro, che porta a pensare a concentrazioni di veleno. “Si tratta solo di una semplice reazione chimica di ossidazione” spiega, tuttavia, il portale “il ferro contenuto nelle patate reagisce con l’acido clorogenico, una sostanza fenolica che difende le patate da microrganismi dannosi, ha proprietà antiossidanti e di regolazione metabolica, ed è contenuta nel caffè verde, in vari tipi di frutta, nelle melanzane e nei pomodori. In presenza di ossigeno, il complesso ferro-acido clorogenico si ossida, dando alle patate la colorazione scura, forse sgradevole all’occhio del consumatore, ma assolutamente non pericolosa”.

Un fenomeno, contrariamente, a quel che si  pensa che “non avviene sempre” e che è indipendente dal tipo di cottura, può, cioè, riguardare patate arrosto, fritte o bollite. Da cosa dipende, allora? “Il contenuto di ferro presente nelle patate” così il portale “dipende dal terreno dove sono coltivate, mentre quello di acido clorogenico è determinato dalla varietà dell’ortaggio stesso. Altre sostanze presenti nelle patate, come ad esempio l'acido citrico, possono contribuire a farle diventare meno scure, ma il loro contenuto dipende dalle condizioni ambientali e di coltivazione. A causa, dunque, di tutte queste variabili, non è sempre detto che le patate si anneriscano, specialmente se ben conservate dopo la cottura”.

Se il colore scuro non è un campanello di allarme, diverso se si parla di glicolcaloidi, che una pianta può produrre come “meccanismo di protezione e difesa” e che possono essere “tossici per la salute umana, specie se ingeriti in quantità eccessive”. Nelle patate si concentrano in particolare nella buccia, soprattutto in quella di patate esposte al sole o, ancora, vecchie, rugose e con molti germogli. Possono essere eliminati con la cottura? Se bollitura e cottura a microonde, spiega il portale, non influiscono più di tanto e la frittura, grazie alle alte temperature, “riesce a diminuirne la concentrazione”, il sistema migliore per non correre rischi consiste nella rimozione della buccia sia che le patate siano cotte o crude.

Per un migliore consumo il portale raccomanda di conservare le patate crude al buio e in luogo asciutto e di consumarle prima della germogliazione; quindi, una volta cotte, di mangiarle entro pochi giorni per evitare la rescita di batteri e microrganismi.

Sotto il segno dei pesci (al mercurio)

Pur amandolo, c’è chi non consuma pesce pensando al pericolo mercurio. Il portale, dopo aver ricordato che in Italia il pesce, anche d’importazione, è sottoposto a “rigidi controlli”, spiega che nel pesce il contenuto di mercurio varia a seconda della specie e che a rischio contaminazione sono, rispetto a quelli più piccoli, pesci predatori di grossa taglia come squali, pesce spada, tonno, luccio e nasello. Una raccomandazione riguarda, in particolare, bambini, donne in età fertile e donne in gravidanza: “Nei bambini, compresi quelli molto piccoli, e nelle donne in età fertile, i benefici nutritivi del pesce devono essere ricercati aumentando il consumo di specie contenenti bassi livelli di metilmercurio” spiega l’ Efsa, l’autorità europea per la sicurezza alimentare. “Per proteggere il feto dagli effetti avversi del metilmercurio sullo sviluppo neurologico, le donne in età fertile non devono superare la dose settimanale tollerabile” continua, ricordando che “poiché il cervello continua a svilupparsi anche dopo la nascita, i bambini regolarmente esposti al metilmercurio in quantità superiori alla dose settimanale tollerabile devono essere considerati a rischio di sviluppare gli effetti neurotossici causati dal metilmercurio”.

Consumare, pertanto, pesce, sapendo scegliere: “In virtù delle sue proprietà nutritive” conclude il portale “è svantaggioso/esagerato eliminare totalmente il pesce dalla propria dieta per il timore di assumere mercurio: il pesce, infatti, è ricco di proteine facilmente digeribili ed è, inoltre, fonte di vitamine del gruppo B, D e A e di acidi grassi omega 3 con benefici effetti sul cuore. È importante perciò non privarsene a tavola, ma imparare a consumarlo variando il più possibile le specie e le tipologie di pesce”.

 

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