logo tiscali tv

Famiglie depresse: quando la depressione colpisce un familiare

di Caterina Steri

Leggi più veloce

L’alto numero di lettori dell’articolo sulla depressione, fa pensare ancora a quanto questo male sia diffuso. Per questo motivo, ho sentito l’esigenza di approfondire l’argomento.

La depressione non colpisce solo ed esclusivamente chi ne è affetto, sicuramente colui che soffre di più, ma seppure in modo indiretto, chi sta attorno al paziente depresso, in primis la famiglia.

Nella famiglia a volte si trova la maggior parte dei fattori di rischio e/o l’evento scatenante la malattia, ma il sistema familiare stesso potrebbe costituire  una grossa risorsa per la ripresa.

Gli interventi terapeutici, nel corso degli anni, hanno fatto emergere caratteristiche comuni presenti nella famiglia del paziente depresso, permettendo di identificare i nodi disfunzionali e trovare strategie utili per poterli modificare. Ad esempio, una caratteristica tipica delle famiglie con una persona depressa è la presenza di relazioni spesso superficiali e cordiali, una forte attenzione per le apparenze e per il rispetto delle regole, dando l’immagine all’esterno di una famiglia rispettabile; questa forte attenzione per le apparenze nasconde un clima emotivo freddo, dove il sintomo depressivo diventa un mezzo per poter attirare l’attenzione e chiedere aiuto.

Altra particolarità della famiglia depressa è la presenza di uno sbilanciamento di potere: il depresso sta in una posizione di inferiorità (colui che è visto sempre come lo sfortunato, il dipendente dalle cure e attenzioni degli altri), e chi gli da aiuto in una posizione superiorità (coloro che sono indispensabili per la vita del malato). In un’ottica di cambiamento e guarigione sarebbe meglio cercare di creare una rete di aiuto alla pari tra i familiari.

Come già detto, spesso i familiari non sanno come comportarsi e non si rendono conto di quello che è la depressione.

Alcuni genitori o altri membri della famiglia hanno grosse difficoltà ad accettare e ad ammettere che il proprio figlio sia depresso. Sarebbe opportuno in psicoterapia che i familiari di un bambino o di un adolescente con depressione capiscano quali siano i cambiamenti necessari da effettuare per permettere il miglioramento del clima familiare. Soprattutto i genitori devono essere consapevoli che non è il terapeuta che deve porre rimedio alla situazione, ma che il miglioramento è possibile solo se tutti si impegnano a collaborare in maniera ottimale.

Bisogna lavorare su ogni singolo aspetto problematico (è utile tenere un diario con tutte le problematiche da trattare in psicoterapia), identificare i pensieri che incidono negativamente sull’ autostima del bambino e intervenire per modificarli e renderli più compatibili con la personalità. Inoltre vanno modificati i comportamenti depressivi, che portano il soggetto ad isolarsi e a chiudersi senza un reale motivo.

Con i bambini più piccoli vengono, create situazioni simili al gioco, per cercare di farli sentire in un ambiente familiare e accogliente, e portarli, così, ad esprimersi e ad aprirsi in modo quanto più naturale possibile.

D’altra parte, alcune ricerche mettono in evidenza che i figli di genitori depressi presentano un rischio più elevato di sviluppare la patologia o comportamenti anti-sociali. Stati depressivi di uno dei genitori contribuiscono ad accrescere il rischio che il bambino viva situazioni di disagio che ne blocchino lo sviluppo relazionale.

La rottura dell’ambiente sereno in cui dovrebbe avvenire la crescita e lo sviluppo dei figli condiziona la buona condotta dei bambini, influendo in maniera negativa sul comportamento del minore. Nel caso di madri depresse, ad esempio, esse stesse adottano atteggiamenti asociali e disturbi della personalità legati alla depressione, tendono a crescere un figlio isolandolo dal resto del mondo e i figli erediterebbero una maggiore predisposizione genetica per disturbi legati alla vita sociale.

 

Cosa fare e cosa evitare con il parente depresso?

Meglio evitare le prediche, le esortazioni all'ottimismo e alla reazione. Tali atteggiamenti contribuiscono ad alimentare il senso di colpa e la scarsa autostima. Dire ad un depresso di ' tirarsi su' equivale a dire ad una persona sulla sedia a rotelle di alzarsi e camminare. La depressione è una malattia che annulla la capacità di volere e di prendere delle iniziative. Il depresso non è un egoista fannullone che non vuole reagire. E’ la malattia stessa che sopprime la sua volontà.

Evitare di minimizzare o di sdrammatizzare, anche se le intenzioni sono buone. Il depresso si sentirà non capito e si chiuderà ancora di più in se stesso.

Il depresso si lamenta? Mostrarsi più negativi di lui, parlare con toni di esagerato pessimismo della vita e dei rapporti umani, paradossalmente in alcuni casi porta il malato a risollevarsi. In psicoterapia, la tecnica del paradosso viene usata con pazienti depressi non gravi, ottenendo dei risultati significativi. Quando il terapeuta si mostra più depresso del paziente, si verificava un’inversione dei ruoli: il paziente cerca di consolare lo psicologo, e così facendo, il suo modo di vedere la vita cambia e il suo umore migliora.

Un atteggiamento di ascolto, rispetto ed empatia è una strategia che funziona. Quando il depresso si sente ascoltato e capito, può cominciare a vedere la situazione in modo più obiettivo.

Stabilito che prediche, consigli ed esortazioni servono a poco, meglio andare sul concreto, ad esempio, dal  momento che la persona depressa è incapace di attivarsi da sola, sarebbe utile prendere gli appuntamenti con le figure professionali di riferimento e accompagnarla agli incontri, se necessario.

E’ sempre meglio stare sul quì ed ora, ovvero, parlare al depresso al presente e su argomenti attuali. Per lui, il tempo scorre molto lentamente, il passato viene vissuto con continui sensi di colpa e il futuro è visto come mancanza di speranza e sfiducia nei confronti della vita.

Vivere con un depresso può essere molto difficile e faticoso. Alcuni richiedono infinite attenzioni e manifestazioni di disponibilità continue, trattenendo i familiari e amici ore con loro o al telefono; nei casi più gravi, vengono usati, inconsciamente, ricatti emotivi, sottolineando come solo loro possono aiutarli e salvarli dalla malattia. E’ estremamente importante imparare a stabilire dei limiti con la persona depressa, per aiutarla a superare la sua condizione e per tutelare se stessi. Il messaggio da trasmettere al malato è che non sono gli altri ad essere responsabili della sua condizione e dell’esito futuro, nonostante la si voglia bene e si sia sinceramente interessati al suo benessere.

Per “distrarre” il depresso dai suoi continui pensieri negativi e salvaguardare i familiari, sarebbe utile organizzare delle attività piacevoli e ricreative: dallo shopping al cinema, palestra, passeggiate. Probabilmente il depresso non vi parteciperà con entusiasmo, ma uscire dalla routine quotidiana contribuirà a migliorare il suo umore.

Chi sta accanto al depresso, soprattutto se coinvolto da uno stretto legame emotivo, potrebbe sentirsi travolto dalla disperazione e dalla sfiducia. Per salvaguardare la propria salute mentale e avere con il depresso un rapporto migliore, è obbligatorio “staccare la spina”: trovare degli spazi tutti per sé, gratificanti e piacevoli., se necessario iniziare un percorso psicoterapeutico individuale.

A volte sono i parenti che possono chiedere aiuto e sostegno al depresso. E’ constatato infatti che quando la persona depressa si attiva per dare sostegno all’esterno, si presenta una notevole riduzione dei sintomi, tanto da farla sembrare un’altra. La possibilità di sentirsi utile in una relazione permette di non concentrarsi solo sul proprio malessere, di sentirsi importanti per gli altri e di far crescere la propria autostima.

20/09/2011