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Il gioco d’azzardo patologico: un membro in più tra le dipendenze senza droghe

di Caterina Steri

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In risposta ad una mail che ho ricevuto qualche giorno fa, vorrei parlare del gioco d'azzardo patologico, considerato ufficialmente una dipendenza senza droga.

Affinchè venga diagnosticato, è necessario che si presentino almeno quattro dei seguenti sintomi:

Coinvolgimento sempre crescente nel gioco d'azzardo (ad esempio, il soggetto è continuamente intento a rivivere esperienze trascorse di gioco, a valutare o pianificare la prossima impresa di gioco, ad escogitare modi per procurarsi il denaro con cui giocare)

Bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stato di eccitazione desiderato.

Irrequietezza e irritabilità quando si tenta di giocare meno o di smettere. Il soggetto ricorre al gioco come fuga da problemi o come conforto all'umore disforico (ad esempio, senso di disperazione, di colpa, ansia, depressione)

“Inseguimento” delle perdite quando perde il soggetto ritorna spesso a giocare per rifarsi. Il soggetto compie azioni illegali per finanziare il gioco. Il soggetto mette a rischio o perde una relazione importante, un lavoro, un'opportunità di formazione o di carriera a causa del gioco. Confida negli altri perchè gli forniscano il denaro necessario a far fronte a una situazione economica disperata, causata dal gioco (una 'operazione di salvataggio').

Il gioco d’azzardo patologico, caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento, assorbisce, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando gravi problemi che coinvolgono diverse aree della vita.

Alcuni autori (Custer, 1982) distinguono le fasi di progressione del gioco d’azzardo patologico:

Fase vincente: il gioco è occasionale e le vincite iniziali motivano a giocare in modo crescente; il gioco produce piacere e allevia le tensioni e stati emotivi negativi

Fase perdente: caratterizzata dal gioco solitario, dall’aumento del denaro investito, dalla nascita di debiti, dalla crescita del pensiero relativo al gioco e del tempo speso a giocare

Fase di disperazione: cresce ancora il tempo dedicato al gioco e l’isolamento sociale conseguente, degenerano i problemi lavorativi/scolastici e familiari (divorzi, separazioni)

Fase critica: in cui si sente il bisogno di chiedere aiuto, la speranza di uscire dal problema che si tenta di risolvere concretamente

Fase di ricostruzione: cominciano a vedersi i miglioramenti nella vita familiare, nella capacità di pianificare nuovi obiettivi e nell’autostima;

Fase di crescita: si raggiunge un nuovo stile di vita lontano dal gioco.

Si può parlare di una vera e propria dipendenza dal gioco d’azzardo se sono presenti sintomi di tolleranza (il bisogno di aumentare la quantità di gioco), sintomi di astinenza (come malessere legato ad ansia e irritabilità, problemi vegetativi o a comportamenti criminali pulsivi) e sintomi di perdita di controllo (incapacità di smettere di giocare).

Numerosi studi hanno individuato tra i fattori di rischio che predispongono a diventare “giocatori d’azzardo impulsivi” o  “giocatori-dipendenti”, tre aspetti, generalmente ritenuti in interazione fra loro:

1) Aspetti biologici: relativi a fattori principalmente neurofisiologici, ancora non ben dimostrati, ossia allo squilibrio che si potrebbe determinare nel funzionamento del sistema di neurotrasmettitori cerebrali atti a produrre serotonina, una sostanza chimica cerebrale, responsabile di un equilibrio affettivo-comportamentale, che nei giocatori patologici scenderebbe sotto i livelli
comuni rispetto alla media.

2) Aspetti ambientali-educativi: riguardanti sia l’educazione ricevuta e da una tendenza a stimolare e valorizzare le possibilità di felicità legate al possesso del denaro, sia la presenza di difficoltà economiche legate ad esempio allo stato di disoccupazione che sembra un particolare fattore di rischio per l’insorgenza del disturbo.

3) Aspetti psicologici: presenza di tratti di personalità lussuriosa e avara di denaro, talvolta connessi al bisogno di riuscire a dimostrare un controllo sul destino.

Le fasce più a rischio sembrano invece, tra le donne, le casalinghe e le lavoratrici autonome dai quaranta ai cinquant’anni e, tra gli uomini, i disoccupati o i lavoratori autonomi che hanno un frequente contatto col denaro o con la vendita ed un’età intorno ai quarant’anni.

Dalla dipendenza da gioco si può guarire attraverso metodi individuali, di gruppo terapeutico, di auto-aiuto o di comunità. Gli obiettivi terapeutici vanno sempre centrati sulla possibilità di modificare, oltre che il comportamento di gioco, il groviglio di pensieri legati all’idea che prima o poi arriverà il giorno in cui il gioco potrà cambiare la propria vita risolvendo magicamente i
propri problemi.

22/07/2011