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I tumori e la psiconcologia, valido supporto durante l’adattamento alla malattia

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Sono 2 milioni e 250 mila gli italiani che vivono con una diagnosi di tumore (il 4% dell’intera popolazione). La maggior parte sono donne (1 milione e 250 mila) e anziani. La diagnosi più frequente tra le donne (42%) è il tumore della mammella. Tra gli uomini, il 22% dei casi prevalenti (quasi 220 mila persone) è formato da pazienti con tumore della prostata (Rapporto Airtum, 2010).

Nel 2006 il tasso standardizzato di mortalità per tumori in Italia è stato pari a 26,6 decessi ogni diecimila abitanti, con una maggiore incidenza negli uomini (37,3) rispetto alle donne (19,4). Nel 2007, il livello complessivo della mortalità italiana per tumori si è collocato immediatamente al di sotto del valore medio europeo (16,5 contro 17,3 decessi per diecimila abitanti) (ISTAT, 2006; 2009).

Il cancro, forse in misura maggiore rispetto ad altre malattie, costringe il paziente ad un pesante adattamento attraverso le reazioni personali a livello emotivo, cognitivo e comportamentale sia al momento della diagnosi sia durante l’iter clinico. Questo adattamento è importante affinché la persona possa affrontare i disturbi derivati dalle cure e dalla malattia. Molto utile per affrontare meglio il tumore è il sostegno sociale, mentre tutto è più difficoltoso quando il paziente assume un atteggiamento di chiusura, dubbioso e privo di contatti a livello relazionale.

Affrontare un tumore è un’esperienza durissima e desolante per il paziente, ma anche per i familiari e le persone che gli sono vicine. In quest’ambito così difficile e doloroso convergono varie figure professionali, come il medico di medicina generale, il medico oncologo, infermieri e psicologi.

In particolare, la psiconcologia ha il compito di supportare il paziente durante l’adattamento alla malattia; inoltre, si occupa della formazione di tutte le figure professionali coinvolte e propone strategie efficaci nel sostegno psicologico al malato. Si tratta di un insieme di conoscenze e di una serie di competenze in costante evoluzione, sulle quali si fonda l’identità professionale dello psiconcologo (SIPO, 1998).

Lo psicologo che lavora nell’ambito oncologico si occupa del malato e dei suoi familiari. Per questi ultimi il supporto psicologico avviene sia durante il periodo di malattia del paziente, ma può proseguire anche dopo l’eventuale decesso del malato, fungendo da sostegno nel periodo di elaborazione del lutto. In particolare, lo psiconcologo svolge attività di psicoterapia sia individuale sia di gruppo, conduce gruppi di auto-aiuto, si occupa di valutare se il malato manifesta reazioni psicopatologiche.

Il disagio psicologico che una persona manifesta nel corso di una malattia oncologica non è strettamente connesso ad una sua vulnerabilità o ad una sua predisposizione psicopatologica, quanto piuttosto alla condizione di crisi che la malattia porta con sé. Lo stesso vale per i parenti che vivono il cambiamento dovuto alla diagnosi di malattia oncologica del familiare. Cosa accade quando la persona viene a sapere di avere un tumore?

Innanzitutto compare la crisi, come rottura dall’equilibrio precedente, in cui si possono evidenziare l’esplicitazione del problema e la mobilitazione di familiari e amici. Successivamente il malato sviluppa un nuovo equilibrio attraverso l’accettazione del cambiamento e la ricerca di soluzioni adattive. L’adattamento è importante in quanto rappresenta le strategie messe in atto dalla persona per gestire e diminuire l’impatto di un evento che minaccia la sua vita.

L’obiettivo dell’équipe, ed in particolare dello psicologo che lavora in questo settore, è quello di migliorare la qualità della vita del paziente e di contenere eventuali conseguenze a livello psicologico (come ansia e depressione) che possono compromettere la vita del malato (SIPO, 1998).

Per quanto riguarda il malato, lo psicologo deve sostenerlo per tutta la durata della malattia e nei momenti più difficili da superare; in particolare, quando il paziente sta attraversando una fase depressiva o quando adotta comportamenti che potrebbero ulteriormente peggiorare le condizioni di salute, come eccesso uso di alcol, fumo, alimentazione scorretta.

Può accadere che il paziente possa sviluppare un disturbo psicopatologico a seguito della malattia. Il rischio di conseguenze psichiche necessita di un’organizzazione particolare delle condizioni terapeutiche e dei trattamenti complementari (in particolare del dolore). I disturbi più frequentemente riscontrabili in oncologia comprendono disturbi dell’adattamento, disturbi depressivi, disturbi d’ansia, disturbi della sessualità, disturbi psichiatrici su base organica e disturbi psicotici.

Un ramo della psiconcologia molto toccante e difficile per tutti è l’oncopediatria. In questo settore specifico una grande attenzione è riservata allo sviluppo del bambino ed alla sua famiglia. Lo psicologo sostiene i genitori durante la partecipazione all’iter di cure del figlio organizzando anche l’aspetto ludico-ricreativo durante l’ospedalizzazione, affinché il piccolo paziente si adatti alle nuove condizioni ambientali. Con pazienti in età pediatrica, lo psicologo orienta il suo intervento a cercare di sostenere il bambino in una prospettiva il più possibile normale in un’ottica di un percorso di crescita.

 

16/11/2011