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Omosessualità: domande e risposte

di Caterina Steri

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In quest’ultimo periodo sento troppo spesso affermazioni di giudizio gratuite sugli omosessuali. Addirittura mi è stato chiesto se io curassi casi di omosessualità, ovvero se facessi un lavoro di aiuto a persone omosessuali per cambiarne l‘orientamento sessuale. E’ un po’ come quando a noi mancini, da bambini, tutti cercavano di “correggere” per farci usare principalmente la parte destra del corpo. MA PERCHE’???

Per rispondere alla domanda del mio interlocutore è d’obbligo spiegare innanzi tutto che l’omosessualità non è una malattia ne una sorta di distorsione della vita cosiddetta “normale”.

Già Freud, secondo cui l’omosessualità rappresentava un arresto del normale sviluppo della persone, scrisse che l’omosessualità “non è niente di cui vergognarsi, non è un vizio, non è degradazione, non può essere classificata come malattia,  ma come una variante della funzione sessuale”. Aggiunse ancora che il tentativo di far cambiare orientamento sessuale alle persone può solo sfociare in un fallimento.

Ci sarebbe da aprire un vaso di Pandora riguardo a questo tema e sarebbe troppo superbo e ambizioso per me pretendere di spiegare tutto in un solo post, o anche in tanti altri.

Sono ancora parecchi i pregiudizi su questo tema. Attualmente in Italia poco si fa per migliorare la situazione degli omosessuali.

Ciò di cui sono certa è che mai mi permetterei di cercare di influenzare, come professionista e come donna, l’orientamento sessuale, così come il credo religioso e culturale degli individui.

Lo stesso Ordine Nazionale degli Psicologi afferma che “Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri… “ e “nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio/economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità (2008).”

Per rispondere alla domanda che mi è stata posta quindi, dichiaro che non vengono contemplate delle terapie riparative all’omosessualità. E allo stesso tempo mi chiedo che necessità ci sarebbe?

Da poco si è rivolta a me una persona omosessuale perché divorata dai sensi di colpa per essere tale. Con un duro lavoro di psicoterapia, siamo arrivati alla conclusione che il senso di colpa era causato dalla paura del giudizio altrui, in primis dalla famiglia che mai accetterebbe un figlio omosessuale.

Questa persona è cresciuta con la convinzione di essere sbagliata. Una povera autostima l’ha accompagnata per anni, fino a che presa da ansia e sensi di colpa ha deciso di chiedere un aiuto.

Gli obiettivi fondamentali che abbiamo raggiunto insieme sono stati: cura dell’autostima, accettazione della propria omosessualità come qualcosa di non sbagliato, libertà di seguire le proprie pulsioni e di mettersi in gioco in nuove esperienze sentimentali.

Il percorso è ancora in opera, ma i passi in avanti sono stati tanti e tanti ancora saranno.

30/09/2013