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Chi di noi non ha mai provato invidia verso gli altri?

di Caterina Steri

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L’invidia, uno dei sette vizi capitali, riguarda il  risentimento e l’astio che scaturiscono dal confronto con gli altri: chi di noi almeno una volta nella vita non l’ha provata?

Spesso sento dire “Lui si e io no, perché?”, “Che ha lui in più di me?”  L’invidioso vive un’alternanza di pensieri in cui spera di avere quello che hanno gli altri e che gli altri allo stesso tempo lo perdano.

Perde troppo tempo ed energie a concentrarsi su chi lo circonda e poco su se stesso, alimentando rabbia, frustrazione, senso di vuoto e inferiorità. Tutti fattori strettamente connessi ad una scarsa autostima che impediscono di percepire le risorse e le potenzialità personali.

L’invidia viene provata sin dalla più tenera età, forse proprio per questo se ne è sempre parlato.

Essa può influenzare più o meno la vita delle persone, nei casi più gravi prendere il sopravvento e impedire di vivere serenamente la quotidianità perché troppo impegnate a fare i conti in tasche altrui e a chiudere in rosso i  propri. Chi la prova non riesce ad instaurare relazioni positive con gli altri.

Possiamo parlare di invidia patologica quando dalla speranza di cui vi ho parlato prima si passa a cercare di concretizzarla per creare dei danni.

Solitamente si diventa invidiosi delle persone più vicine per la maggiore possibilità di confrontarsi con esse.

Dare una spiegazione razionale all’invidia non permette di liberarsene o di controllarla anche se riconoscerla costituisce un primo passo per affrontarla.

Quando diventa eccessiva può diventare oggetto di trattamenti psicoterapeutici, come quello strategico integrato, con cui si lavora per capire il significato  e a quali vuoti personali essa possa corrispondere, per poi spostare l’attenzione da fattori esterni (ad esempio quello che gli altri posseggono), ai propri bisogni che se non ascoltati la alimentano.

L’invidioso attribuisce la responsabilità della propria situazione sempre agli altri, agli eventi esterni,  alla sfortuna, togliendosi ogni responsabilità personale per ciò che è la sua vita. Un altro degli obiettivi terapeutici è quello di responsabilizzarlo, di fargli sperimentare che poche sono le cose dovute a fattori esterni e tante a quelle personali che gli conferiscono il potere  di costruire attivamente il proprio futuro.

Conosciamo sempre l’accezione negativa dell’invidia, ma se riuscissimo a sfruttarla per avvicinarci all’ideale di persona che abbiamo, la potremmo trasformare in ammirazione e in una risorsa per trarne miglioramenti di vita.

Ciò è possibile quando un equilibrato senso dell’autocritica permette di vedere negli altri le risorse che anche noi vorremmo avere, stimolando un sentimento ammirevole e predisponendoci al raggiungimento degli obiettivi. Pensare ad esempio: “se lui ci è riuscito, posso riuscirci anche io“.

Il trucco sta nel confrontarsi con gli altri non per sentirsi ancora più insicuri ed inadeguati ma per spingersi a migliorarsi. Essendo l’invidia inversamente proporzionale all’autostima, la si può risolvere realizzando i nostri sogni prendendocene totalmente la responsabilità e i meriti.

21/01/2015