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La psicoterapia come il Kintsugi, la tecnica nipponica che ripara e dona valore alle rotture

di Caterina Steri

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Tempo fa un’amica mi ha parlato della tecnica giapponese del Kintsugi. La tecnica consiste nel riparare con l'oro (o l’argento) degli oggetti in ceramica che si sono rotti per poi riunirne i frammenti dandogli un aspetto nuovo attraverso le preziosecicatrici. Ogni pezzo riparato è unico ed irripetibile per via della casualità con cui la ceramica può frantumarsi e delle irregolari decorazioni che si formano con il metallo. Dalla rottura della ceramica si dà nuova vita attraverso le preziose linee all’oggetto che diventa ancora più pregiato grazie alle sue cicatrici.

Si tratta di una pratica al cui significato noi occidentali potremmo essere un po’ restii. Infatti, quando capita che ci cada dalle mani una ceramica ci arrabbiamo o ci dispiaciamo e se decidiamo di ripararla cerchiamo di farlo in modo tale che gli arrangiamenti non siano visibili. Quasi a vergognarci di esporre nei nostri ambienti un oggetto rotto e poi riparato.

Il Kintsugi invece, spiega che da una ferita può nascere una forma e una storia ancora più preziosa sia esteticamente che interiormente.

Anche nella vita quotidiana per gli occidentali quasi sempre la rottura ha un’accezione negativa, di dolore, vergogna, senso di colpa e fallimento. Per i giapponesi invece ogni storia, anche la più travagliata, è origine di bellezza e ogni cicatrice viene mostrata orgogliosamente come la cosa più preziosa che abbiano.

Il dolore può e viene vissuto in tutta la sua interezza. Forse nel modo più discreto ed elegante tipico degli orientali? Quello che mi affascina è l’origine di una nuova vita dovuta alla rottura stessa.

I giapponesi con il Kintsugi, forse si rifanno in modo molto più consapevole di noi a quello che è il concetto di resilienza. Cercano di crescere dall’esperienza dolorosa e la valorizzano, tanto da usare un metallo prezioso come l’oro per riparare le crepe. Non cancellandole, ma evidenziandole per renderle più preziose.

Superare le avversità e diventare più forti rispetto al nostro vissuto è un passo che anche noi occidentali riusciamo a fare. Ciò che ci frena è che spesso tendiamo a conferire alle crisi solo un valore negativo e ci ostiniamo a non darci la possibilità di trovare un bagliore positivo che permetta di metterci in contatto con tutte le forze e le risorse che abbiamo maturato anche grazie alle tragedie subite, con la consapevolezza di aver imparato qualcosa di più, di esserne usciti ulteriormente arricchiti, di esser stati resilienti.

Influenzata dalla mia forma mentis, non posso che accomunare il processo di psicoterapia alla tecnica del  Kintsugi. Anch’essa aiuta le persone che hanno rotto con il proprio benessere, con se stesse e con gli altri a superare gli eventi critici in modo totalmente personale per diventare ancora più preziose, più forti di prima e con evidenti risorse che prima non venivano notate.

05/06/2014