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Relazioni emozionali: interagire con gli altri in modo efficace

di Orietta Matteucci

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Interagire con gli altri in modo efficace è abbastanza complicato da vari fattori, ma capirsi di più è possibile.

Quando un bambino fa i capricci è ormai noto, che vuole attirare l'attenzione dei genitori per segnalare un suo bisogno. Appare chiaro che i genitori non hanno il dono di leggere nel pensiero dei figli e che, quindi, può essere complicato comprenderli, specialmente se ancora non sanno esprimersi con le parole. D'altra parte i figli conoscono molto bene i limiti dei loro genitori fino al punto di arrivare a sfinirli per ottenere magari il tale giocattolo, quasi come un risarcimento di ciò che desiderano veramente e non viene loro dato.

Ma appare altrettanto chiaro che i bambini che si sentono inascoltati, frustrati, incompresi seguiteranno ad attirare, in ogni modo, l'attenzione e, da adulti, potrebbero servirsi di comportamenti analoghi, anche nei confronti del partner.

Il bambino che fa il bullo, non è cattivo, è solo disperatamente ferito e chiede disperatamente amore. A volte, odiare qualcuno, colpirlo o comportarsi male, è un modo per esprimere, inconsapevolmente, un intenso bisogno di ricevere l’amore e le attenzioni di cui si ha bisogno.

Perché le relazioni emozionali sono così complicate?

Per riuscire a stabilire una sana relazione a livello emozionale, per prima cosa dovremmo essere profondamente consapevoli di ciò che proviamo dentro di noi; acquisita questa consapevolezza possiamo comprendere ciò che prova l'altra persona; infine dovremmo essere capaci di analizzare la situazione sia dal nostro punto di vista che da quello dell'altro e scegliere come sarà meglio comportarsi.

Tutto ciò può essere reso difficile e complicato da questioni presenti in noi, risalenti al nostro passato, irrisolte o lasciate in sospeso che, senza che ce ne rendiamo conto, ci fanno rivivere quella questione e ci fanno reagire istintivamente, ancora con rabbia.

I bambini sono particolarmente vulnerabili e possono diventare bersagli delle nostre frustrazioni che, una su l'altra, nel tempo limitano non solo le nostre capacità empatiche di interagire con loro, ma anche influenzano e distorcono la loro percezione della realtà e delle relazioni interpersonali.

Facciamo un esempio.

Una mamma di un bambino di due anni rientra a casa la sera, stanca e con il desiderio di rilassarsi il prima possibile.

Il bambino corre felice a salutarla e vuole essere consolato per le lunghe ore di lontananza da lei.

La madre dà un rapido bacio al bimbo e va a fare le sue cose.

Il bambino vive questo comportamento come una ulteriore separazione dalla madre, le va dietro piagnucolando e vuole essere preso in braccio.

La donna, continua a fare le sue cose dicendo al bambino che non sta bene piagnucolare e il bambino, in risposta, aumenta l'intensità del suo pianto e poi comincia a buttare oggetti per terra.

La madre ritiene che il figlio sia irragionevole e troppo esigente e gli dice che se non la smette non gli vorrà più bene.

Questo comportamento genera nel bimbo un senso di separazione ancora più profondo, di disorientamento, la paura di perdere la madre, gli fa salire la rabbia che manifesta contro di lei.

Se, invece, la madre avesse compreso subito il bisogno del figlio, avrebbe scelto prima di abbracciarlo e coccolarlo per qualche minuto, dicendogli, per esempio, che era felice di rivederlo, che le era mancato tanto, per poi andare a rilassarsi.

Questo comportamento avrebbe rassicurato il bambino e cambiato il corso della serata, e anche di quelle future, evitando che piccole cose, diventino poi problemi.

Eppure le mamme riescono a comprendere molto bene i bisogni dei loro piccoli quando si esprimono solo con gridolini, sorrisi e l'intensità del pianto! Perché, con il passare del tempo questa capacità sembra venire meno?

Se dal piano dei perché e della ricerca delle cause ci spostiamo su quello del fare, appare chiaro, fin da subito, che mettere in pratica consigli, suggerimenti, se pure nobili, può essere complicato.

Che fare dunque?

Se vogliamo prendere la patente, imparare come è fatto il motore di una macchina non significa che automaticamente sappiamo come guidarla. Siamo tenuti, infatti, a fare esperienza di guida con l'istruttore accanto a noi.

Possiamo agire nello stesso modo anche se vogliamo comunicare efficacemente con gli altri.

Possiamo sviluppare maggiormente le nostre capacità di ascoltare, di riconoscere le emozioni e di comunicare empaticamente, che se può dare i suoi frutti per gestire frustrazioni, divergenze, conflitti nella vita di tutti i giorni con il partner, con i colleghi, il capo, di certo può divenire risolutivo se avviato fin dall'infanzia o meglio ancora, fin dalla formazione della coppia.

Purtroppo non è prevista, né in famiglia, né a scuola l'educazione a interagire in modo costruttivo con gli altri, come, peraltro è stato indicato, fin dal 1993 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Documento WHO'93 Life Skills Education in Schools, che invita proprio ad aumentare le proprie competenze comunicative facendo 'allenamento e pratica' delle tecniche necessarie.

Il Documento WHO'93 è stato ripreso nel 2008 dal M.I.U.R., ma sembra sia rimasto un mero documento, demandando, per la maggior parte dei casi, la risoluzione dei problemi alla sola informazione!

Per concludere, appare chiaro che la consapevolezza delle proprie emozioni così come la difficoltà a comunicarle, è uno dei grandi temi dello sviluppo dell’individuo e costituisce una sfida complessa nel contesto della società attuale.

La Onlus Bambino Oggi… Uomo Domani, ha accolto la sfida e ha ideato il Progetto Comunichiamo PositivaMente dove psicologi, volontari della Onlus e formati alla realizzazione degli obiettivi del progetto stesso, offrono, gratuitamente nelle scuole, a genitori e insegnanti l'opportunità di aumentare le proprie competenze comunicative, durante laboratori basati sul 'come si fa', competenze da trasmettere poi ai bambini.

I comportamenti che si acquisiscono nell’infanzia si possono considerare, infatti, gli elementi idonei a sviluppare il senso di responsabilità necessario per costruire un mondo migliore per sé e per tutti.

Orietta Matteucci

Presidente Onlus

Bambino Oggi...Uomo Domani



25/02/2015