Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino a Cinema in verticale: la passione per i film di montagna
Nel 1957 una grande alluvione colpì il Basso Piemonte e la gente di Argentera, devota al “lou Benedet Crouchifis”, accusò del dramma Don Borgarino, il parroco del paese, che aveva concesso il Crocefisso al vescovo di Cuneo per una processione. L’alluvione: tutta colpa del parroco, punito per aver allontanato il Crocefisso dalla sua chiesa. Passano i giorni, l’acqua “grossa” e i disastri dell’alluvione fanno perdere ogni speranza agli abitanti, che vorrebbero il Crocefisso sulla via di casa. Ma quando finalmente torna a valle, fermandosi a Sambuco, a una quindicina di chilometri da Argentera, “non ci sono più vie di comunicazione”, con la pioggia che “continua a scendere”. Don Borgarino, “spinto dalla sua gente”, pensa allora di recuperare il Crocefisso affinché su Argentera torni a splendere il sole.
Piero Tassone è un anziano contadino che, non avendo nient’altro da lasciare, decide di scrivere un racconto sulla sua “vita montanara”, di quando con i suoi compagni raggiungeva i tech, i casolari, per procurarsi il fieno, farne covoni, trasportandolo in inverno giù a valle con le slitte.
Bei tempi, quelli della fienagione nella Valle Maudagna, dove la raccolta del fieno, che per secoli fu fonte di sopravvivenza, dagli anni Cinquanta cominciò purtroppo a essere abbandonata.
Era il 1963 e per Piero quella fu l’ultima fienagione, “fatta tra amici”, scriverà nel suo diario, “più per sentirci giovani ancora una volta che per necessità. Prova ne è che con noi non c’erano i ragazzini come un tempo. Nulla sarebbe più stato tramandato alle generazioni future”. Di quell’ultima, “nostalgica fienagione”, Piero ricorda la “partenza estiva da Friosa, il Borgo, i Bergamini, la molatura collettiva delle falci, il taglio dell’erba, la costruzione del covone”, ma anche “la colazione nei campi, le donne, il fuoco per la polenta, la sorgente per bere, la cena, il riposo, il ritorno a valle, l’inverno, l’allestimento della strada di neve battuta per la discesa, il taglio del fienile con il taièt, il caricamento delle slitte e l’ultimo ritorno a casa”. Sullo sfondo i Kyè, i brevi e talora “spassosi” dialoghi fra i protagonisti.
Piero è orgoglioso del suo diario perché grazie ai suoi ricordi non andrà persa “la piccola storia di un lavoro bellissimo e faticoso che per noi fu una necessità per sopravvivere in queste terre alte, a metà tra la collina e i monti”.
Sud Piemonte, regno dei margari – d’inverno, in pianura, marghè, in estate, in alpeggio, marghìer – e delle loro “inseparabili mandrie di vacche bianche piemontesi”. Una vita nomade con il “ciclo completo delle quattro stagioni” fra “traslochi, contrattazioni, mungiture, campanacci, feste e formaggi” o ancora la nascita dei vitellini e le monticazioni notturne.
Sono i margari della pianura di Saluzzo, principale sede contrattuale del settore dove vivono circa trecento famiglie di transumanti, e quelli delle valli Po, Varaita, Maira, Grana, Vermenagna, fino a Tenda, in Francia. Un mondo che esiste da sempre e che oggi resiste, “opponendo al frastuono della società tecnologizzata e globalizzata l’immutabile e silenzioso rapporto ecocompatibile tra uomo e ambiente”.
Tre storie, tre documentari: Arriverà il Sole. La storia del crocefisso di Argentera, Parla de Kyè. Il rito della fienagione in Valle Maudagna, “Marghè Marghìer”. Viaggio tra i margari del Sud Piemonte. E che Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino, loro autori, hanno presentato fra il 18 febbraio e il 7 marzo ora alla Società Cattolica Operaia di Mutuo Soccorso San Giuseppe di Orbassano, in provicia di Torino, ora al Centro Sociale di Villar Dora, sempre in provincia di Torino, nell’ambito di Cinema in verticale, rassegna sul cinema e la cultura di montagna, anteprima del Valsusa Filmfest – festival sul recupero della memoria storica e sulla difesa dell’ambiente.
Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino, oltre a girare insieme film documentari e di finzione, sono marito e moglie dal 1991. Con il loro matrimonio è “nata anche la passione per il racconto attraverso le immagini della gente delle Alpi Occidentali”, dove vivono tra i boschi di castagno di Rosbella di Boves, sulle Alpi Occientali, nel Sud Piemonte, con i due figli Edith e Leo e soli altri quattro abitanti, e dove c’è il loro bed & breakfast.
Una passione, quella per i documentari, fatta di una “ricerca continua sul territorio”, divenuta un lavoro. In più di quindici anni di attività hanno realizzato diversi film documentari e di finzione, partecipato ad alcuni fra i più importanti film festival del cinema di montagna, vincendo diversi premi internazionali a Trento, Cervinia, Les Diablerets, Autrans, Lessinia…
Nel 2000 si sono “inventati” il Rosbella Film Festenal, il “più piccolo film festival del mondo”, con proiezioni all’aperto presso la Pineta della Sorgente. Gli spettatori del festival sono “persone comunissime che amano la montagna per i valori che sa esprimere attraverso la sua gente”. Valori come “la famiglia, il lavoro, la fatica, il rispetto per la natura e per gli uomini, la generosità, la coerenza, la sofferenza, il valore delle cose”, così Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino. “L'obiettivo è quello di proiettare film di montagna, in montagna e a gente di montagna. Parlare di questi valori attraverso le persone semplici della nostra montagna è un soffio leggero di speranza, un tentativo di riscoprire ritmi ed emozioni estranee al mondo frenetico di oggi. Chissà se fermarsi un attimo a Rosbella per riflettere intimamente su questi temi non sia un passo verso la risposta affermativa da dare alla domanda: è ancora possibile oggi vivere in montagna?”.
Dal 2007 Sandro Gastinelli e Marzia Pellegrino sono i direttori artistici della sezione video-cinematografica del Festival della Montagna di Cuneo.
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