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Un profilattico nella pancia di un pesce: la disgustosa prova di come il mare muore

Lo scioccante ritrovamento di un pescatore subacqueo in Sardegna. Ogni anno 12 milioni di tonnellate di plastica nel mondo si riversano in mare. Cosa possiamo fare noi cittadini.

Un profilattico nella pancia di un pesce la disgustosa prova di come il mare muore

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La plastica sta uccidendo il Pianeta e ce ne rendiamo conto ogni giorno di più. Il mare è minacciato dagli inquinamenti e invaso dai residui della civiltà dei consumi, mentre i pesci, nostra fonte di alimentazione, mangiano quei rifiuti che poi finiscono nella catena alimentare e possono essere ingeriti dalle persone, spesso sotto forma di microplastiche. A volte però le cose si presentano con modalità anche peggiori. Se n’è reso conto un sub sardo che, dopo una proficua battuta di pesca nella zona delle saline di Olbia, si è messo a pulire le prede portate orgogliosamente a casa: orate, muggini e saraghi. A quel punto è arrivata la brutta sorpresa.  M. M. - come riportano la Nuova Sardegna e altri media locali - non ha creduto ai propri occhi quando, pulendo un bel sarago di mezzo chilo, ha trovato dentro la pancia un preservativo intero.

Un ritrovamento scioccante, di quelli che non si vorrebbero mai fare quando si tratta di ciò che mangiamo. Un estremo monito - se vogliamo - sulla necessità di salvare il mare prima che sia troppo tardi.

Il pescatore subacqueo ha filmato tutto e si è lasciato andare a un commento: “Se i pesci mangiano anche di queste cose – ha detto – d’ora in poi io mangio solo insalata”. Il video che documenta il disdicevole ritrovamento è stato rilanciato su Facebook anche da uno dei più noti sub dell’Isola, Mariano Satta.

Un punto critico

L’episodio accaduto in Gallura, in Sardegna, è solo uno dei tanti che testimoniano  dell’inquinamento dei mari giunto a un punto oltremodo critico. Non è inutile ricordare, nel momento in cui la civiltà dell’uomo assiste allo scioglimento dei ghiacciai , al deterioramento dei suoli e alla distruzione delle foreste (i polmoni verdi del mondo), che anche la plastica è uno dei grandi problemi per gli ecosistemi. Una minaccia che non accenna, per altro, a diminuire. Secondo uno studio di Science Advances la produzione globale di plastiche è cresciuta dai 2 milioni di tonnellate del 1950 ai  15 milioni di metà anni Sessanta e ai 380 milioni del 2015. In 65 anni sarebbero state sfornate oltre 8.300 milioni di tonnellate di questo materiale, e molta parte di esso arriva inesorabilmente in mare, si accumula, forma isole grandi come una nazione, si distribuisce nell’acqua e finisce nei cibi che consumiamo.

In questo momento mari e oceani conterrebbero 150 milioni di tonnellate di materie plastiche, e molti esperti parlano di prossimità al punto di non ritorno. Tanto che l’Unep, il programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ha annunciato come, di questo passo, entro il 2050 nelle acque del mondo ci saranno più plastiche che pesci.

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Il pericolo

Siamo davanti a un pericolo letale per l’ambiente, trattandosi di prodotti che si degradano solo in centinaia di anni. Se non riciclata o distrutta correttamente la plastica diventa una delle principali cause di alterazione degli ecosistemi, determina la morte di pesci e uccelli marini che spesso la scambiano per alimento, come fanno per altro con altri rifiuti. Per questo sarebbe necessario utilizzare puntualmente lo smaltimento e il riciclaggio.

Solo il 20% riciclato o incenerito

Purtroppo però solo il 20 per cento della plastica prodotta dalle industrie, in questi anni, è stato riciclato o incenerito. La maggior parte è finita sul suolo terrestre, nei fiumi e nei mari. Un vero disastro. Si calcola che dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di tale materiale si riversino nei mari del pianeta ogni anno, contribuendo in misura predominante al loro inquinamento.

Cosa possiamo fare noi

La soluzione decisiva passa sicuramente per la modifica dei cicli economici e produttivi di cui gli stati, e i loro politici, dovrebbero farsi velocemente carico. Ma come cittadini possiamo dare comunque un contributo per arginare lo scempio. Si può contribuire a difendere la salute dei mari e dei suoi abitanti acquistando per esempio prodotti con meno imballaggi, utilizzando borse in stoffa o materie naturali. Oppure scegliendo il vuoto a rendere, riciclando con cura, praticando la raccolta differenziata dei rifiuti e applicando il criterio del recupero (utilizzando gli oggetti per usi diversi dall'originario).

Bisognerebbe evitare, inoltre, di buttare nei fiumi, nei laghi o nei mari bottiglie, imballaggi, sacchetti, mozziconi e … altro. Altrimenti le acque del nostro pianeta si trasformeranno sempre più in discariche mortali e ci regaleranno sempre maggiori (e schifose) sorprese nelle pance dei pesci che mangiamo.

26/08/2019