logo tiscali tv

Sindrome di Stoccolma: l’amore della vittima verso il suo carnefice

di Caterina Steri

Leggi più veloce

Nel 1973, alla 'Kreditbanken' di Stoccolma venne effettuato un furto durante il quale alcuni dipendenti della banca furono tenuti in ostaggio dai rapinatori per sei giorni. Successe che le vittime si attaccarono emotivamente ai loro rapitori, fino al punto, una volta liberati, di prenderne le difese e richiedere per loro la clemenza alle autorità. Da quell'episodio, il criminologo e psicologo Nils Bejerot, che aiutò la polizia durante la rapina, coniò il termine di Sindrome di Stoccolma, indicando una condizione psicologica in cui la persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (talvolta fino all'innamoramento) nei confronti del proprio sequestratore. Viene spesso riferita anche a situazioni di violenza sulle donne, abusi su minori e sopravvissuti a campi di sterminio. Non viene considerata una patologia clinica.

Di questa sindrome sono stati citati celebri casi durante la storia dei sequestri, ne parlano i film, telefilm e famosi cantanti, da Rino Gaetano (Stoccolma, nell'album Nuntereggae del 1978), a i Muse Stockholm Syndrome, nell'album Absolution del 2003).
La Sindrome insorge solo in caso di vessazioni prolungate e la probabilità di svilupparla aumenta proporzionalmente al grado di dipendenza del sequestrato dal sequestratore: è più probabile la sua insorgenza in quelle circostanze nelle quali la vittima percepisce che la propria sopravvivenza è legata al suo aguzzino.
Sono state date diverse spiegazioni per capire la paradossale condizione rappresentata dalla sindrome di Stoccolma. Alla base ci sarebbero dei meccanismi mentali inconsci guidati dall'istinto di sopravvivenza della vittima.

Nella fase iniziale la persona rapita sperimenta uno stato di confusione e di terrore per la situazione che gli viene imposta. Superato il trauma iniziale, cerca un modo per resistere alla situazione che sta subendo.
Più passa il tempo, più la vittima inizia a sentire la propria vita direttamente dipendente dal carnefice e convincendosi di poter evitare la morte, sviluppa un meccanismo psicologico di totale attaccamento verso di lui.

Dall'altro lato, la vittima si identifica con il carnefice che comprende le motivazioni per cui l'aguzzino agisce, arrivando persino a tollerare senza troppa fatica le sue violenze, in quanto mosse da solide ragioni.
Insomma, per garantirsi la grazia del suo aguzzino, la vittima elimina inconsapevolmente ma in modo conveniente, dalla sua mente il rancore nei suoi confronti. In questa condizione il rapitore avrebbe meno motivi per scatenare la sua violenza contro la vittima. In effetti, è stato riscontrato che la sindrome di Stoccolma favorisce la sopravvivenza del rapito riuscendo a creare un feed back positivo da parte dell'aggressore.

La comparsa di tale sindrome è direttamente dipendente dalla personalità del sequestrato: più esso ha un carattere forte e dominante, meno sarà predisposto a manifestarla. Sorge in personalità non ben strutturate, poco solide, come quelle soprattutto di bambini o adolescenti. Nelle situazioni in cui il rapimento si effettua su questi soggetti delicati, magari per avere ‘uno schiavo o schiava`, il rapitore cerca di depersonalizzare la vittima, attraverso una sorta di `lavaggio del cervello`, la convince che nessuno dei suoi cari si interesserà di lui, e che solo il carceriere lo curerà e gli starà accanto.
Si riconosce per la presenza di:

sentimenti positivi delle vittime verso i loro aguzzini sentimenti negativi nei confronti di chi sostiene che l'aguzzino sia tale: chi è affetto dalla sindrome ostacola il lavoro delle autorità, in quanto le vittime possono difendere i propri carnefici sia durante le azioni mosse al loro rilascio che in tribunale.

La sindrome può avere durata variabile e gli effetti psicologici più comuni sono: disturbi del sonno, incubi, fobie, trasalimenti improvvisi, flashback e depressione che possono essere curati farmacologicamente e in accostamento ad un percorso psicoterapeutico.
Concludendo, la Sindrome di Stoccolma è frutto dell'istinto di sopravvivenza delle persone, non ordinaria follia, come molti potrebbero credere.

13/07/2011