Specie aliene in viaggio insieme alle merci: l'emergenza ambientale e sanitaria della società globale

di Stefania Elena Carnemolla

Imballaggi in legno – pallet, casse, gabbie – privi di trattamento fitosanitario che da una parte all’altra del mondo trasportano merci e il gioco è fatto: ospiti indesiderati entreranno in nuovi ecosistemi, colonizzandoli e danneggiandoli. “Coleotteri e scarabei scavano tane nelle pedane di legno per il trasporto, sfuggendo a ogni controllo”, spiega la FAO, che ricorda anche che le uova di mosca possono nascondersi nella buccia delle arance e le spore dei funghi nelle fessure dei container metallici.

Con l’aumento dei traffici commerciali, è, infatti, aumentato il rischio del trasporto delle specie aliene, una delle minacce riconosciute per l’equilibrio degli ecosistemi. Minacciato è, ad esempio, il comparto agricolo: sempre la FAO ricorda il baco delle melanzane, la ruggine del frumento, i bruchi africani, la batteriosi della cassava, i nematodi della patata, la tignola delle viti, la lumaca gigante del riso, un “autentico assortimento di rei” che “danneggia le coltivazioni e mina le condizioni di vita degli agricoltori di tutto il mondo”.

Un’emerganza planetaria che negli anni Cinquanta ha spinto la comunità mondiale ad adottare la International Plant Convention Protection o IPPC, la convenzione internazionale per la protezione delle piante per il contrasto, senza ostacolare il commercio globale, dell’importazione di organismi infestanti. “Viviamo in un mondo globalizzato e incredibilmente interconnesso, pieno di rischi per la diffusione da un paese all’altro d’infestazioni di parassiti e malattie” spiega Craig Fedchock, coordinatore del segretariato dell’IPPC. “Ridurre il rischio e prevenire, o quanto meno minimizzare, la diffusione è molto più vantaggioso in termini di costi che cercare di sradicare o gestire un’epidemia in un secondo tempo”.

Ne sa qualcosa l’Italia, dove ospiti alieni indesiderati – virus, insetti, batteri – minacciano coltivazioni, giardini, verde urbano. Come la Popillia japonica o coleottero giapponese, rinvenuta per la prima volta nel 2014 nel Parco del Ticino e che da quando è arrivata minaccia prati, piante ornamentali, vigneti, mais, soia, melo, pesco; il Rhynchophorus ferrugineus o punteruolo rosso, che ha flagellato le palme in Liguria, Abruzzo, Molise, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia; il Drycosmus kuriphilus o cinipide galligeno, giunto dalla Cina e che ha colpito i castagni, attaccandone i germogli, causando la comparsa di ingrossamenti tondeggianti, le galle, ostacolo alla crescita della pianta e alla fruttificazione; l’Erwinia amylovora, un batterio originario del Nord America, giunto in Europa negli anni Cinquanta, che colpisce, causando il colpo di fuoco batterico, rose, melo, pero, nespolo del Giappone, cotogno, sorbo, biancospino, cotognastro, fotinia, agazzino, fotinia; lo Pseudomanas syringae actinidiae o PSA, un batterio, veicolato da pioggia, vento, insetti, uccelli, comparso negli anni Ottanta in Giappone e giunto negli anni Novanta in Italia, dove continua a distruggere le piante di kiwi; il Citrus Tristeza Virus, originario del sud-est asiatico, che attacca le piante di agrumi, in particolare quelle innestate sull’arancio amaro e il cui vettore è il Toxoptera citricida o afide bruno, che diffuse il virus negli anni Settanta in Brasile e in Venezuela; la Xylella fastidiosa, tristemente famosa per aver attaccato gli ulivi pugliesi, un batterio veicolato dal Philanaeus spumarius o sputacchina media, insetto cosmopolita.

Dopo che si è scoperto che anche gli imballaggi in legno usati per le spedizioni erano veicoli di diffusione degli organismi nocivi, nell’ambito della IPPC è stato introdotto l’ISPM-15, uno standard che prevede che il legno da conifere e/o latifoglie usato per il materiale da trasporto venga sottoposto a trattamento termico e certificato con il marchio IPPC/FAO. Il trattamento termico, spiega ConLegno, il Consorzio Servizi Legno Sughero, garantisce la “massima sicurezza fitosanitaria”, mentre il divieto di importazione, altra misura fitosanitaria, “comporterebbe il blocco del commercio mondiale”. Dal 29 luglio 2005, su disposizione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ConLegno è stato riconosciuto, con il suo comitato tecnico FITOK, soggetto gestore per l’Italia del marchio IPPC/FAO. Tutti gli imballaggi destinati a esportazioni extra-UE escono, infatti, dall’Italia con il marchio IPPC/FAO-FITOK. L’Italia, inoltre, è l´unico paese che ha adottato il codice di Rintracciabilità Fitosanitaria, “essenziale alle aziende” spiega ConLegno “per dimostrare, in caso di contestazione, l’esecuzione del trattamento, la sua efficacia e, in caso di contraffazione del marchio, l’estraneità della ditta a quanto accaduto”.

La soluzione sembra piacere, tanto che che nei primi sei mesi del 2017, spiega, si è registrato un incremento complessivo del 9% di imballaggi conformi a ISPM-15 con più di 1.300.000 metri cubi d’imballaggi a marchio IPPC/FAO-FITOK. Con un rovescio della medaglia: ConLegno ha contestualmente reso noto l’elenco delle aziende cui è stata revocata la licenza per l’uso del marchio per “rinuncia volontaria” o per violazione del regolamento, spiegando che le aziende segnalate “non possono produrre o trattare imballaggi a marchio IPPC/FAO-FITOK”, nè “commercializzarli”.

Prevenzione, potenziamento della ricerca, controlli alle frontiere: sono questi, in definitiva, così gli esperti, gli strumenti, bloccando il trasporto degli organismi nocivi, per proteggere l’ambiente, salvaguardando, al tempo stesso, l’economia che ruota intorno al commercio globale.  

 

Abbiamo parlato di:

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Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali Website Twitter Facebook Flickr

Comitato Tecnico FITOK – ConLegno Website