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Stalking: dai pedinamenti, alla violenza fino all'omicidio. Si può prevedere il grado di pericolosità di uno stalker?

Stalking dai pedinamenti alla violenza fino allomicidio Si può prevedere il grado di pericolosità di uno stalker

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Ormai sempre più spesso leggiamo sui quotidiani o sui tg online di casi di donne picchiate o uccise da ex mariti o ex fidanzati che non si danno pace per la fine della loro relazione. Ultimo caso è quello di Jessica Rossi, 23 anni, picchiata dal suo ex ragazzo, che ha avuto il coraggio di pubblicare le foto del suo volto per mostrare i segni delle percosse. Il caso di questa ragazza è lo spunto per tornare a parlare dei tanti casi di violenza e stalking sulle donne.

Probabilmente, il dato più importante è che, nella maggior parte dei casi in cui si verificano casi di violenza fisica o addirittura di omicidio sulle donne, esistono diversi comportamenti precedenti messi in atto dall'assassino che costituiscono altrettanti segnali di rischio spesso sottovalutati o ignorati da chi assiste alle dinamiche della coppia (amici, parenti, vicini di casa, operatori sociali, ecc.). In generale, quali sono gli elementi costitutivi dello stalking per poterli riconoscere e cercare di bloccare il comportamento prima che degeneri?

Lo stalker, un molestatore che, sulla base di sue peculiari motivazioni, individua una persona nei confronti della quale sviluppa un'intensa polarizzazione ideativo-affettiva che lo conduce a passare all'atto. Una serie ripetuta di gesti intrusivi (telefonate, lettere, e-mail, appostamenti, sorveglianze, minacce, ecc.) finalizzati alla ricerca del contatto e/o della comunicazione.

Una vittima (la persona assediata dal molestatore) che percepisce come spiacevoli, disturbanti, lesivi e inquietanti i comportamenti del molestatore, che provocano delle risposte difensive di vario genere (cambiamenti nella vita quotidiana, del numero di telefono, delle attività sociali, del lavoro, della residenza, ecc.) e una conseguente sofferenza psicologica che si manifesta con aumento dell'ansia, comparsa di depressione, con possibile incremento del consumo di alcol o tabacco per distrarsi e/o dimenticare almeno temporaneamente la fonte di stress costante.

Nei casi prolungati di 'molestie assillanti', va tenuta d'occhio soprattutto la presenza di una serie di comportamenti associati che spesso rappresentano un segno di sviluppo e di intensificazione nel percorso di stalking, come il passaggio dalle minacce esplicite agli atti di violenza su cose (danni alla proprietà) e persone (la vittima o chi si frappone al rapporto patologico vittima/molestatore). Se si riscontra questo elemento, aumentano le probabilità che si possa arrivare alla forma di violenza più estrema, cioè l'omicidio (De Luca, 2009).

Quest'ultimo punto deve essere tenuto in particolare considerazione nei casi di omicidio passionale perché tutti gli autori che si occupano dello stalking sono concordi nell'affermare che le vittime più esposte a rischi di violenze sono proprio quelle che hanno avuto una precedente relazione intima con il molestatore, e anche tutte le persone che lo stalker percepisce come ostacoli tra lui e il “congiungimento fusionale” con la vittima possono diventare obiettivi di violenza esplicita.

Sebbene le “molestie assillanti” siano composte prevalentemente da comunicazioni indesiderate (telefonate, lettere, sms, ecc.), da contatti di varia natura (pedinamenti, approcci diretti e sorveglianza) e minacce non seguite da atti concreti di violenza, tutti gli studi internazionali sul fenomeno concordano nell'evidenziare percentuali significative di violenza fisica diretta contro le donne. Ad esempio, Blaauw, Winkel et al. (2002) indicano il 56% di casi di violenza fisica diretta sulla donna, mentre Purcell (2002) il 18%.

Questi numeri confermano che, nei casi di stalking in cui le minacce si trasformano in attacchi fisici concreti, non si deve trascurare la possibilità che l'esasperazione del comportamento persecutorio possa condurre anche all'omicidio. L'attenzione è necessaria anche se, nella maggioranza dei casi, non si arriva ad atti così estremi. In ogni caso, le vittime di stalking sono donne nell'85% dei casi e le vittime di violenza sono quasi sempre le donne, quindi, quando si arriva all'omicidio, è sempre l'uomo a uccidere e la donna a soccombere.

Uno studio effettuato sull'associazione tra stalking e violenza grave (James e Farnham, 2003) ha esaminato in modo prospettico 85 stalker in consegna a un servizio di psichiatria forense situato a Londra, ed ha permesso di riscontrare che il 32% di essi si era spinto fino all'omicidio o comunque aveva compiuto delle aggressioni gravi, evidenziando come la probabilità di esprimere un livello elevato di violenza fosse correlato al fatto di mettere in atto un numero maggiore di comportamenti di molestia e ad avere intrattenuto un precedente rapporto intimo con la vittima (De Luca, 2009).

Il problema messo in luce da questa ricerca, e confermato da altri studi, è che purtroppo non è possibile predire il livello di pericolosità dei molestatori perché, spesso, non hanno un passato di condanne penali o violenze precedenti e sono apparentemente integrati nella società.

Ciò che è davvero importante è che tutte le donne che subiscono in silenzio le minacce e le violenze dei loro compagni o ex mariti e fidanzati, denuncino quanto accade loro per porre fine ad un incubo e tornare ad essere libere di vivere la propria vita con serenità e spensieratezza.

24/03/2014