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Tatuaggi e rimozione dei tatuaggi: rischi per la salute e pericoli delle pratiche estreme

Le star con i loro capricci dettano la moda dei tatuaggi, anche per disfarsene. Pratiche sempre più imitate alla leggera, sottovalutando i tanti rischi

di Stefania Elena Carnemolla

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Un tatuaggio non è per sempre. In questo le star hanno fatto scuola. Pentite, hanno, infatti, cercato di disfarsi di tatuaggi datati, imbarazzanti, con errori. Premio comicità involontaria all’attrice Jennifer Lawrence che, volendo tatuarsi sulla mano la formula chimica dell’acqua, H2O, ammise di aver sbagliato, essendosi accorta di aver scritto il 2 in alto: “Avrei dovuto googlarla” la formula, dirà laconica.

Premio ma che originalità! all’attrice Melanie Griffith che, dopo aver rotto con il marito Antonio Banderas, ha fatto cancellare il nome dell’attore spagnolo tatuato dentro un cuore in bella vista sul braccio destro. Col tempo è scomparso anche il cuore.

Premio meglio la prole all’attrice Angelina Jolie che ha fatto cancellare dal braccio sinistro un tatuaggio dedicato all’ex marito Billy Bob per sostituirlo con uno dedicato alle coordinate geografiche dei luoghi di nascita dei figli avuti e adottati con l’attore Brad Pitt, oggi anche lui ex.

Premio ambiguità alla cantante Demi Lovato infastidita da un tatuaggio con le labbra di una sua amica, fatto cancellare mesi dopo perché non sopportava più “quel tatuaggio a forma di vagina”, prontamente sostituito con una rosa.

Italiani e tatuaggi 

Se c’è chi tatua il tatuabile e anche il non tatuabile, negli ultimi tempi si registra un’inversione di tendenza. Uno studio sulla popolazione tatuata in Italia pubblicato sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità riferisce, ad esempio, che del sottocampione di persone tatuate preso in esame il 17,2% stava pensando di rimuovere il proprio tatuaggio e che il 4,3% lo aveva rimosso; che per rimuovere il tatuaggio il 49,2% era andato da un dermatologo, il 18,6% da un chirurgo plastico mentre il 32,2% si era rivolto a un negozio di tatuaggi, con il il 55,6% dichiaratosi soddisfatto della rimozione, il 30,7% parzialmente soddisfatto e il 13,7% insoddisfatto.

Sul perché della rimozione il 51,3% degli intervistati ha risposto per “perdita di significato”, il 39,3% perché annoiato nel vederlo, il 15,9% perché di colore sbiadito, l’11,4% per motivi legati al lavoro e l’11,4% per ragioni di salute.

Il memorandum del Ministero della Salute

Chi sceglie di tatuarsi per moda, bellezza o trasgressione pescando fra gli stili salvo pentirsene, spesso non è consapevole dei rischi associati nel farli e nel rimuoverli, della distinzione tra tatuaggi professionali e tatuaggi amatoriali tanto che il Ministero della Salute nelle sue linee guida per l’esecuzione di tatuaggi e piercing in condizioni di sicurezza ha sentito di inserire un memorandum di richiamo sui rischi dei tatuaggi (oltre che del piercing): “Ti sei consigliato con qualcuno più vecchio di te? Lo sai che il tatuaggio consiste nell’introduzione nella cute di pigmenti di varia natura? Lo sai che è definitivo e che per allontanarlo, qualora possibile, è necessario un intervento di chirurgia plastica, che lascia comunque esiti cicatriziali? Lo sai che con il tatuaggio o con l’inserimento nella cute di anelli od orecchini sono potenzialmente trasmissibili diverse malattie infettive tra le quali le epatiti e l’AIDS? Lo sai che il rischio di malattie infettive è notevolmente ridotto o eliminato con il rispetto da parte dell’operatore di alcune norme fondamentali di igiene, disinfezione e sterilizzazione? Sei portatore di una malattia della pelle? In tal caso consigliati prima con il tuo medico. Lo sai che puoi essere o diventare allergico ai pigmenti o ai metalli? Lo sai che sulla pelle infiammata non si possono fare tatuaggi o inserire anelli od orecchini per la possibilità di gravi infezioni? Hai capito bene quali sono i rischi a cui ti esponi?”.

Tecniche e rischi associati

I rischi riguardano tutti i tatuaggi che siano ad ago o taglienti e anche quelli all’henné, pericoli, nel caso dell’henné, che abbiamo illustrato tempo fa in un nostro articolo pubblicato su Tiscali. Quanto alla prima tipologia, EpiCentro, il portale di epidemiologia dell’ Istituto Superiore di Sanità, spiega come questi tatuaggi vengano eseguiti comunemente con una macchinetta elettrica ad aghi o con un dermografo, mentre in altre parti del mondo si usano tecniche manuali come quella giapponese tebori o la samoana. La prima consiste nell’utilizzo di stecche di bambù con all’estremità aghi di acciaio o titanio, mentre la seconda, come suggerisce il nome originaria delle isole Samoa, in Polinesia, viene realizzata con bastoncini di legno, bambù o di osso con all’estremità un pezzo di guscio di tartaruga cui viene legato un pettine d’osso, il tutto quindi immerso in un inchiostro nero ricavato dalla fuliggine di gusci di noci di cocco bruciati, con il tatuatore che colpendo lo strumento con un martelletto perfora la pelle creando i disegni desiderati.

EpiCentro parla anche della scarificazione, una tecnica estrema che, incidendo o marchiando la pelle crea cicatrici sul corpo dove formano un disegno in rilievo in “soggetti predisposti a cicatrici ipertrofiche” e che, in quanto tecnica invasiva, comporta rischi più elevati rispetto al tatuaggio ad aghi. La scarificazione prevede l’uso di una macchina chirurgica elettrica che brucia la cute creandovi cicatrici più o meno profonde, con la pelle trattata che viene, quindi, colorata. Alla pratica della scarificazione vengono associate altre tecniche come il cutting con il taglio e l’incisione della pelle con segni profondi e marcati; lo skinning peeling, con la rimozione di lembi di pelle; l’abrasione con la rimozione della pelle attraverso sfregamento con l’uso di carta vetrata o lana d’acciaio; l’ice kiss, una marchiatura a freddo con azoto liquido che garantisce a chi ama questa pratica la formazione di lesioni molto profonde; quindi, il branding con la creazione di cicatrici attraverso la marchiatura a fuoco.

Pratiche estreme, con incisioni realizzate sin dai tempi anche con coltelli, conchiglie e pietre affilate. Pratiche estreme e rischiose che possono portare a traumi e infezioni.

Prima di fare un tatuaggio 

In generale prima di pensare a un tatuaggio, EpiCentro raccomanda: “La scelta del disegno e dell’area del tatuaggio deve essere ben meditata perché il tatuaggio è indelebile; evitare di scegliere aree in cui la cicatrizzazione sia particolarmente difficoltosa; evitare tatuaggi estesi a tutto il corpo; evitare di scegliere parti anatomiche in cui sono presenti nèi o in cui la cicatrizzazione risulti difficile; assicurarsi che la zona della pelle destinata al tatuaggio sia integra, sana e disinfettata e per qualsiasi dubbio rivolgersi sempre al medico; evitare i tatuaggi fatti in spiaggia o in locali non autorizzati; no al fai da te: non farlo mai da soli, né con l’aiuto di amici, perché il tatuaggio potrebbe infettarsi, scatenare allergie e lasciare cicatrici”.

EpiCentro raccomanda, quindi, di verificare che “il tatuatore sia in possesso dell’idoneità igienico-sanitaria ed abilitato ad operare in un locale autorizzato”; che “vengano fornite tutte le informazioni sui rischi e fatto firmare il consenso informato” ricordando che “per i minori è obbligatorio il consenso e la presenza di un genitore o un tutore”; che “il tatuatore faccia uso di guanti monouso, maschera e camice monouso e che proceda ad un’accurata pulizia delle mani prima e dopo l’esecuzione del tatuaggio”; che “gli aghi siano nuovi, sterili e monouso e la macchinetta per tatuare sia ricoperta da guaina di protezione”; che “gli inchiostri siano sterili, atossici e utilizzati in capsule porta-pigmenti monouso, così come previsto dalle normative vigenti”; che “la zona della pelle destinata al tatuaggio sia integra, sana ed adeguatamente disinfettata e che creme e saponi siano usati con applicatore monouso o tramite dispenser”; che “il tatuatore rilasci per iscritto, in un promemoria, le indicazioni previste per l’after-care da seguire durante il processo di cicatrizzazione”; che “il tatuatore rilasci la ricevuta fiscale unitamente all’elenco dei materiali/inchiostri utilizzati; infine, di “rivolgersi al medico, e non al tatuatore, in tutti i casi in cui insorgano problematiche di qualsiasi genere”.

Rimozione dei tatuaggi: metodi chimici

Se tatuarsi è un’operazione delicata, lo è anche la rimozione dei tatuaggi che, ricorda EpiCentro, è un vero e proprio “atto medico”. I metodi utilizzati sono sostanzialmente tre: chimici, meccanici e chirurgici. Quanto ai primi, se in passato venivano usate sostanze come il nitrato d’argento, l’acido tannico o il fenolo che lasciavano cicatrici profonde, oggi si usa, in particolare, l’acido tricloroacetico che agisce sugli strati più profondi dell’epidermide fino ad arrivare ai pigmenti localizzati nel derma. “Se si opta per un peeling chimico profondo” raccomanda, tuttavia, EpiCentro “è importante sapere che ciò può creare necrosi e infiammazione dell’epidermide, del derma papillare e del derma reticolare. La rimozione del tatuaggio realizzata con metodi chimici è attualmente poco praticata a causa dell’elevata probabilità di effetti indesiderati. La rimozione chimica del tatuaggio deve essere eseguita da personale medico, nei casi in cui non è possibile impiegare altri metodi”.

Il caso del Rejuvi Tattoo Remover

Un rischio per la rimozione dei tatuaggi è rappresentato anche da creme e preparati per uso topico venduti come rimedi miracolosi. Tra questi c’è Rejuvi Tattoo Remover, un prodotto a base di ossido di zinco, ossido di magnesio, ossido di calcio, isopropanolo, trietanolammina e acido benzoico, da iniettare per via sottocutanea con un ago per la digestione chimica dell’inchiostro quindi applicato sulla superficie del tatuaggio, dove lasciarlo riposare dai 6 agli 8 giorni. Un prodotto pubblicizzato anche per la rimozione del permanent make up. Un prodotto dannoso, la cui vendita in Italia è stata vietata dal Ministero della Salute nel 2010 e che continua a essere venduto ed esportato dagli Stati Uniti, dove nasce, e a essere pubblicizzato sui social, anche in Italia.

Il 14 maggio del 2017 Il Mattino di Napoli riportò la storia di Pasuda Reaw, una giovane thailandese che aveva utilizzato il Rejuvi Tattoo Remover per rimuovere un grande tatuaggio floreale sulla scollatura. Risultato? Tatuaggio caduto e al suo posto una brutta cicatrice, “una cicatrice orrenda” la chiamerà il quotidiano. Un numero del notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità, riferendosi alla letteratura scientifica, ricorda, invece, i primi casi emblematici con il prodotto che in un primo caso ha causato, nel tentativo di rimozione del tatuaggio, una lesione ulcerosa clinicamente classificata come ustione chimica, ciò che ha costretto all’asportazione del tessuto ulceroso così come del tatuaggio residuo e l’innesto cutaneo della superficie ormai degenerata, mentre nel secondo ha prodotto eritemi e cicatrici ipertrofiche che, trattate con cortisonici applicati a livello intradermico, non sono scomparse, con successiva atrofia dell’area trattata.

Ma chi c’è dietro questo prodotto? C’è Wade Chang, un biochimico della California che nel 1988 ha fondato a South Francisco il Rejuvi Laboratory Inc. Il laboratorio si trova nella 360 Swift Avenue, Suite 38 ed è una specie di casermone, facilmente individuabile con Google Maps, con una sola scritta a identificarlo, in mezzo agli uffici di società della Baia di San Francisco che commerciano in noodle, la tipica pasta lunga orientale, come i noodle di Hong Kong. Il laboratorio, che produce anche diversi prodotti cosmetici, può contare su una fitta rete di distributori internazionali spalmati tra Svezia, Grecia, Turchia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Bulgaria, Romania, Ungheria, Cipro, Russia, Kazakhstan, Bielorussia, Ucraina, Lituania, Francia, Spagna, Germania, Finlandia, Norvegia, Portogallo, Turchia, Singapore, Malaysia, Sud Africa, Messico, Giappone, Kuwait, Arabia Saudita, Australia, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Egitto, Iran, Marocco, Thailandia, Brasile, Israele, Libano, Vietnam, Columbia, Cile. Pagamento prediletto? Paypal, niente conti bancari intestati alla laboratorio.

Rimozione dei tatuaggi: metodi meccanici

I metodi meccanici per la rimozione dei tatuaggi, spiega EpiCentro, sono la salabrasione e la dermoabrasione. La prima cancella il pigmento attraverso la causticazione del tessuto utilizzando cloruro di sodio, una tecnica “oramai quasi completamente abbandonata perché molto spesso si formano cicatrici discromiche con residui di pigmento ed evidenti alterazioni della texture cutanea”. La seconda, invece, agisce, sullo strato superficiale della cute fino ad arrivare, grazie a frese rotanti, al pigmento contenuto nel derma.

Rimozione dei tatuaggi: metodi chirurgici

In chirurgia, fino all’avvento del laser, i metodi utilizzati erano la criochirurgia e l’asportazione chirurgica. La prima, già impiegata contro verruche, neoformazioni tumorali maligne e benigne, tramite l’applicazione di azoto liquido agisce attraverso i tessuti necrotizzati interessati dal tatuaggio, una tecnica, spiega EpiCentro, “attualmente poco praticata perché, oltre ad una guarigione molto lenta, procura una distruzione non selettiva dei tessuti spesso con esiti cicatriziali indesiderati e discromici”. L’asportazione chirurgica è, invece, utilizzata per la rimozione di tatuaggi di piccole dimensioni e in zone facili da trattare e garantisce l’eliminazione completa dei residui di pigmento e/o dei prodotti di degradazione sulla pelle.

Rimozione dei tatuaggi: metodi alternativi

Un notiziario dell’Istituto Superiore della Sanità ricorda, a sua volta, dei metodi alternativi per la rimozione dei tatuaggi ma non validati scientificamente, come un’apparecchiatura a pompa che con un movimento ciclico verticale di microaghi inietta nella cute una soluzione a base di acido salicilico e che, una volta catturato il pigmento, viene aspirata. L’altra soluzione è, invece, rappresentata da un elettrodermatografo che, attraverso onde d’urto di corrente ad alta frequenza, disgrega il pigmento del tatuaggio attraverso l’eliminazione dei macrofagi.

Rimozione dei tatuaggi: tecniche laser

Sempre più piede per la rimozione dei tatuaggi sta predendo la tecnologia laser. Secondo un’indagine statistica di Agorà, la società italiana di medicina ad indirizzo estetico, con dati al 1° ottobre del 2019, la rimozione dei tatuaggi con tecnica laser occupa il settimo posto della classifica dei trattamenti più richiesti, mentre tra i millenial e la generazione Y, età tra i 18 e i 35 anni, nelle donne occupa l’ultimo posto della classifica dei trattamenti top 5 e, nel caso degli uomini, il terzo posto.

Come funziona? Questi laser, spiega EpiCentro, sfruttano energia luminosa con lunghezze d’onda variabili, con il colore che, una volta frammentato, viene eliminato dal sistema immunitario. I laser più comunemente usati, spiega, sono le versioni Q-switch del laser Ruby (λ=694 nm) efficace contro il nero, il blu e il verde; il laser Nd:YAG (λ=1064 nm e λ532 nm) efficace contro il nero, il buio blu o il rosso arancione e alcuni gialli); quindi il laser Alexandrite (λ=755 nm) efficace contro il nero, il blu e il verde. Con quali risultati? “In genere” spiega EpiCentro “occorrono da quattro a dieci sedute per eliminare un tatuaggio. In alcuni casi, la rimozione completa non viene mai raggiunta (in particolare per i tatuaggi multicolori), spesso a causa di pigmenti inorganici come ferro, zinco e ossidi di titanio, oppure a volte per eliminare completamente un tatuaggio multicolore può occorrere più di un sistema laser. I tatuaggi eseguiti da tatuatori professionisti in genere sono più difficili da rimuovere a causa della profondità di deposizione e della concentrazione dei pigmenti”. Ci sono poi i pico laser, laser di ultima generazione, che, spiega EpiCentro, “si sono dimostrati ancora più efficaci nel rimuovere selettivamente i diversi tatuaggi, in particolare i tatuaggi color pastello e i tatuaggi già trattati con i laser a nanosecondi ma non completamente schiariti, poiché in questi casi i granuli di pigmento risultano essere più piccoli e quindi un impulso più breve risulta essere più efficace”.

Rimozione dei tatuaggi: effetti collaterali

È importante, comunque, precisare che la rimozione dei tatuaggi non può in nessun modo venire eseguita da un tatuatore ma solo dal personale medico di strutture sanitarie, spiega EpiCentro, questo perché molte delle tecniche per la rimozione dei tatuaggi possono presentare “complicanze ed effetti indesiderati di rilevanza sanitaria” come “alterazioni della pigmentazione, la formazione di croste e vescicole, l’eritema transitorio o il sanguinamento dei piccoli vasi sanguigni e dei capillari causati dai picchi energetici del laser”. Tra i disordini della pigmentazione, spiega, più frequente è l’ipopigmentazione, cui segue l’iperpigmentazione. Altro effetto collaterale è stato, invece, individuato nel “viraggio permanente del tatuaggio, in un colore solitamente più scuro”.

La rimozione di un tatuaggio può anche dare origine a reazioni di ipersensibilità: “Non è solo il pigmento che può innescare una reazione” spiega, infatti, EpiCentro “ma anche i suoi prodotti di degradazione. Le reazioni allergiche locali, a seguito di rimozione con il laser, sono state osservate prevalentemente con il pigmento rosso (presenza di mercurio), verde (presenza di cromo) e blu (presenza di cobalto)”.

Senza dimenticare che la rimozione di un tatuaggio può essere “lunga e costosa” con risultati a volte deludenti: “I tatuaggi monocromatici e i pigmenti naturali” spiega EpiCentro “possono essere rimossi più facilmente dei policromatici e dei pigmenti artificiali. Va sottolineato che i tatuaggi più vecchi vengono eliminati più agevolmente. Inoltre alcune sedi del corpo sono più difficili da trattare: tutte le aree genitali dell’uomo e della donna, il viso, il petto e l’area di flessione degli arti in cui la pelle è estremamente delicata, il dorso delle mani o dei piedi sui quali l’asportazione del tatuaggio rischia di lasciare cicatrici permanenti”.

Abbiamo parlato di:

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Agorà - Società Italiana di Medicina ad Indirizzo Estetico Website | Facebook | YouTube | LinkedIn

 

 

19/11/2019