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Terrorismo e integrazione sociale, quanta confusione.

Terrorismo e integrazione sociale quanta confusione
di Caterina Steri

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Le notizie degli attentati di Parigi feriscono e preoccupano profondamente.

Aprendo i vari social network ho letto vari commenti di condanna, rabbia, disgusto nei confronti di ciò che è accaduto. Ahimè, ho letto anche di chi condanna l’integrazione dei popoli e  addirittura dichiara che si stava meglio nel periodo nazi-fascista. Senza contare chi ha iniziato, sottolineando naturalmente di non essere razzista, a prendersela contro i rifugiati arrivati da noi sfidando la morte in ogni istante del loro viaggio e dichiarando che sarebbe stato meglio che ognuno fosse rimasto a casa propria. Peccato che per queste persone la loro casa, qualora ne avessero avuta una, non fosse un luogo sicuro. E peccato che se avessero potuto scegliere la maggior parte di loro a casa propria ci sarebbe rimasta molto volentieri.

Sinceramente e/o ignorantemente mi sono chiesta cosa potessero c’entrare tali dichiarazioni con gli atti di terrorismo a Parigi o di tutti gli altri accaduti? Cosa c’entrano i rifugiati con i terroristi? Domande che invadono la mente ancor di più dopo aver scoperto che i terroristi di Parigi fossero nati tutti in Europa.

Ho provato a darmi alcune risposte e nel mio piccolo, sono arrivata a ricordarmi che l’integrazione, già per definizione sia '£l'incorporazione di una certa entità etnica in una società, con l'esclusione di qualsiasi discriminazione razziale e riguardi l'inserimento dell'individuo all'interno di una collettività, attraverso il processo di socializzazione'. E allora mi pare che l’integrazione vada ben oltre la discriminazione razziale, quindi immagino respinga in toto gli atti di violenza e di razzismo.

Così, di fronte a certi commenti, con rammarico ed enorme preoccupazione penso che il terrorismo stia raggiungendo il suo vero obiettivo, che non riguarda solo quello di creare danni dal punto di vista logistico all’economia e allo sviluppo dei paesi, ma anche quelli di incutere nelle persone la paura, l’inibizione sociale, la sottomissione, la chiusura mentale, la mancanza di libertà di pensiero e di parola. Questo si che mi fa paura, mi terrorizza appunto, perché la violenza e la paura sono sempre state usate come tecniche di oppressione sulle popolazioni vittime per condizionare la quotidianità e il pensiero delle menti umane.

Vedo il terrorismo raggiungere il suo obiettivo quando aumentano la diffidenza e l’ostilità verso tutto ciò che non fa parte della propria quotidianità che spesso sfociano in ulteriore violenza, intolleranza e xenofobia. Un circolo vizioso che se consolidato diviene poi molto difficile da smantellare.

Cadere nell’intolleranza razziale, nell’ostilità all’integrazione significa per me darla vinta al terrorismo, permettergli di farci chiudere in noi stessi in un’ottusa rigidità che porta per forza alla sottomissione da parte dei più forti. E quelli più forti in questo caso sono i cattivi.

Per questo condanno fortemente ogni atto terroristico e allo stesso tempo condanno la chiusura mentale di chi di fronte a certi atti cade nell’intolleranza verso qualsiasi forma di integrazione sociale e culturale.

 

17/11/2015