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“Io uccido i bambini in modo tremendo perché tu sappia quanto male posso fare”: la strategia dietro la nuova guerra

C'è una strategia che si è sviluppata negli ultimi vent'anni che consiste nell'attaccare con virulenza i bambini e le bambine per dare al nemico una stoccata molto forte

Io uccido i bambini in modo tremendo perché tu sappia quanto male posso fare la strategia dietro la nuova guerra

Bimbo ferito a Gaza e bambina rapita da Hamas - Foto Ansa

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Senza alcuna apparente avvisaglia, all'alba del 7 ottobre scorso dalla Striscia di Gaza è partita una pioggia di razzi che ha colpito il sud e il centro di Israele (Tel Aviv e Gerusalemme comprese), mentre dai territori palestinesi penetravano in territorio israeliano, via aria e via mare, decine di miliziani armati di Hamas che hanno fatto strage e preso ostaggi. A seguire, la rapida e durissima reazione dell'esercito israeliano ancora in corso.

La guerra dei bambini

È cominciata così una nuova e imprevedibile fase nella lunga storia del conflitto israelo-palestinese. Il bilancio delle vittime da una parte e dall'altra è pesantissimo. Questo periodo rappresenta l'escalation più letale delle ostilità nella Striscia di Gaza e in Israele a cui l'ONU abbia assistito dal 2006.
In questi giorni credo che ognuno di noi sia colpito da quanto accade in Israele, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, soprattutto per la morte di tanti bambini. Si tratta di una vera e propria guerra dei bambini.

La strategia contro l’infanzia

C'è una strategia che si è sviluppata negli ultimi vent'anni che consiste nell'attaccare con virulenza i bambini e le bambine per dare al nemico una stoccata molto forte: “io uccido i bambini in maniera tremenda perché tu sappia che ti posso fare più male di quello che pensi”. Sono fatti di una atrocità incredibile per cui non ci interessa chi è stato, ma solo di far presente che non può succedere: vuol dire non potersi muovere, vuol dire perdere tutto, vuol dire essere esposto doppiamente al rischio di perdere la vita, soprattutto quando non si hanno un papà e una mamma perché li si è persi in battaglia. Sono bambini che crescono con l'idea della vendetta.

Vendetta e non pace

Quanto è complicato dire a un bambino, a una bambina o a un adolescente che ha visto e che ha subito tutto questo che è la pace che deve prevalere? In un contesto di questo tipo crescono generazioni che odiano, non generazioni che amano (Iacomini, 26 ottobre 2023).
L'ondata di violenza legata al conflitto continua a mietere terribili vittime tra i bambini e le loro famiglie in Israele e nello Stato di Palestina. Nulla giustifica l'uccisione, la mutilazione o il rapimento di bambini. Ogni ritardo nel porre fine al conflitto porterà inevitabilmente a conseguenze ancora più devastanti per i bambini.

Violazione del diritto umanitario

Secondo i rapporti, centinaia di bambini israeliani e palestinesi sono stati uccisi e molti altri feriti. L'uccisione e la mutilazione di bambini è una grave violazione e l'uccisione intenzionale è una grave violazione del diritto internazionale umanitario (Unicef, 10 ottobre 2023).
Non importa se siano israeliani o palestinesi, ciò che conta è che tanti sono i morti causati da questa guerra e tanti ancora ce ne saranno.

Conseguenze psicologiche di una guerra 

Quali sono le conseguenze psicologiche di una guerra? Cosa stanno vivendo le tante persone terrorizzate e bloccate nella striscia di Gaza oppure prese in ostaggio? La guerra, oltre ad avere effetti devastanti sulla sopravvivenza e la sicurezza degli individui coinvolti, è un evento di enorme portata in termini di conseguenze psicologiche. Merav Roth, psicanalista e professoressa all'Università di Haifa, ha supervisionato gli interventi degli psicologi con i sopravvissuti al kibbutz Beeri e racconta: “Sono interessate tutte le fasce d'età, dai bimbi agli anziani, e i traumi sono molto diversi, dalla persona rinchiusa in un bunker per 20 ore con lanci incessanti, a quella alla quale sono stati portati via i cari o la cui moglie e bimbi sono stati massacrati”.
Shahar, 46 anni, ferita, dice non volere nessun aiuto psicologico perché si sente “incompresa” da chi non ha vissuto il massacro: "Gli psicologi ci dicono che (…) ci ricostruiremo ma non siamo davvero viventi. Mi sento come una busta vuota. È impossibile capire le dimensioni dell’atrocità che hanno vissuto le persone. Voglio svegliarmi da questo incubo". Si dice soprattutto inquieta per sua figlia: “Hanno ferito sua madre, bruciato la casa. È praticamente morta di asfissia per le fiamme. Per 20 ore non ha sentito che grida in arabo di persone venute per ucciderci. Tre dei suoi amici sono stati massacrati. Come può una bambina di 14 anni uscire indenne da tutto questo?”, se lo chiede, con le lacrime agli occhi (Rainews, 27 ottobre 2023).

La traumatizzazione secondaria

Infatti, quando si parla di bambini, si deve anche considerare il rischio di traumatizzazione secondaria. Il bambino o il ragazzo, infatti, subisce anche tutto l'impatto di vedere un genitore o una figura di riferimento traumatizzata, esperienza soverchiante e potenzialmente disorganizzante sul proprio sviluppo. La relazione che questi bambini hanno con i genitori è distorta perché si rendono conto fin dalla prima infanzia che non sono in grado di proteggerli. 

Trauma collettivo

Si può parlare di un trauma collettivo che aggrava il conflitto preparando la strada a nuova violenza, in quanto il conflitto, da un punto di vista psicologico, dà vita a un ciclo di vittimizzazione e aggressione che continua a ripetersi, aggravandosi. I giovani passano attraverso un momento iniziale di totale apatia, in cui si sentono stanchi e impotenti: uno stato d'animo che conduce spesso a gravi forme di depressione e alla fase di vittimizzazione. Poi il conflitto continua e i giovani cominciano a dare segni di forte ansietà e rabbia. E qui comincia la fase di aggressione che conduce a esplosioni di violenza: un ciclo che continua a ripetersi e ad aggravarsi (De Giovannangeli, 2018).
Per tutti i bambini coinvolti in questa guerra sarà ancora possibile pronunciare la parola “speranza”?

 

31/10/2023