Un 18 enne della provincia di Bari racconta di soffrire di solitudine su Tik Tok e in poche ore il video diventa virale grazie a centinaia di migliaia di visualizzazioni e una valanga di messaggi di solidarietà.
In una società iperconnessa ammettere di sentirsi persone isolate come ha fatto il giovane Potes fa notizia, perché i ragazzi della generazione Z e non solo utilizzano spesso i social per diffondere immagine di forza e alta desiderabilità sociale che di rado corrisponde alla realtà. Da dove arriva la vergogna della solitudine e come combatterla?
La solitudine è abitualmente associata alla tristezza e alla paura, è percepita come l’indesiderabile e sfortunato destino di qualche conoscente e di molti sconosciuti che orbitano sperduti oltre la linea traslucida e rassicurante della normalità. Nel suo significato più concreto, è un sentimento che attribuiamo agli altri ma è anche il fantasma da cui sfuggiamo e ci difendiamo riparandoci nelle relazioni sociali, talvolta senza riflettere sulla qualità dei nostri rapporti.
Questa solitudine terza rispetto alla solitudine oggettiva e a quella soggettiva, può rappresentare un momento catartico, produrre un’auto-consapevolezza in grado di attivare nuovi meccanismi relazionali e di realizzare, selettivamente, una vita sociale finalmente appagante.
Una condizione che soddisfa questa diversa, in qualche modo eretica, visione di se stessi nel mondo é quella di fare ordine e pulizia, saper lasciare chi, seppure involontariamente, ci vincola e ci deprime e impegnarsi a sciogliere la catena di credenze negative e di sensi di colpa che, molto spesso, affollano l’universo dei “non-soli”.
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