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La portiera laureata con 110 che a un mese dal parto era già in campo

Classe 1988, Alice Pignagnoli è dotata di un fisico esplosivo e di una spiccata intelligenza calcistica che fa di lei un “allenatore” in campo

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Nativa di Reggio Emilia, ha mosso i primi passi nella squadra della città emiliana prima di intraprendere una lunga carriera che l’ha vista protagonista con diverse casacche dello stivale, coronata dalla storica annata con la Sassari Torres, squadra sarda con cui ha conquistato lo scudetto e partecipato alla Champions’ League.

Globetrotter del calcio femminile italiano, nel 2019 è costretta a fermarsi per una gravidanza, ma a soli quaranta giorni dopo il parto ritorna tra i pali, a difendere la sua “amata” porta, tra le fila del Cesena, che le aveva rinnovato il contratto già al settimo mese di gravidanza.

Parliamo di Alice Pignagnoli, portiere classe 1988, dotata di un fisico esplosivo e di una spiccata intelligenza calcistica, che fa di lei un “allenatore” in campo; laureatasi all’Università Iulm di Milano in Scienze della Comunicazione con la votazione di 110/110, ha deciso di conciliare la sua doppia vita di madre e di portiere, tesserandosi per la società della Lucchese in serie C.

Ciao Alice, come riesci a conciliare la vita di atleta con l'essere madre?

“La maternità mi ha dato una spinta ed una carica in più a livello calcistico, dando un senso particolare ed ulteriore alla mia vita da atleta, privata talvolta forzatamente del mio affetto più grande, mia figlia Eva; il giocare mi responsabilizza maggiormente, galvanizzandomi anche a livello emotivo nel trascinare le compagne di squadre verso il comune obiettivo; già a partire dallo scorso anno a Cesena avevo un accordo con la società per disputare due sessioni di allenamento in gruppo ed altrettante sedute a mia scelta con la squadra di promozione maschile dove gioca mio marito nonché allenamenti individuali con il preparatore dei portieri del Sassuolo femminile”.

I motivi del tuo passaggio alla Lucchese

“Ho scelto la piazza di Lucca, in quanto la società si è mostrata l’unica realtà favorevole a trovare un giusto compromesso, venendo incontro alle mie esigenze di madre e calciatrice, affrontando la gestione degli allenamenti come un’opportunità e non un problema, dandomi la giusta fiducia e serenità nel poter conciliare entrambi i mondi, garantendo la giusta tutela a mia figlia Eva; resta comunque l’amarezza e la rabbia di fondo nell’aver ricevuto offerte ridicole da società di serie B che si atteggiavano da professioniste pur proponendo contratti da dilettante, non disponibili a calarsi nella mia particolare realtà di madre e calciatrice”.

Un tuo giudizio sulle nuove norme del professionismo

“Ritengo che l’aspetto contributivo e retributivo rappresentino delle buone conquiste ed un buon punto di partenza per l’intero movimento e le future generazioni ma sotto altri punti di vista resto alquanto scettica e perplessa; ho notato che diverse squadre di serie A di medio-bassa fascia per ottemperare alla norma sono state costrette a tesserare atlete, scegliendole maggiormente per la loro giovane età piuttosto che per le reali qualità andando ad impoverire l’intera categoria con un abbassando di livello che si ripercuoterà anche nella serie cadetta in virtù di alcuni prestiti forzati di giovani atlete senza esperienza”.

Gli aspetti ancora da migliorare per tutelare al meglio le calciatrici

“Le atlete con maggiore esperienze seppur con un’età avanzata sono rimaste penalizzate dalla riforma non potendo neanche ricoprire il ruolo di chioccia in panchina o nel gruppo; a medio termine la situazione andrà sicuramente migliorando ma occorrono probabilmente almeno 3-5 anni per garantire un livello competitivo al movimento post riforma”.

14/09/2022