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La calciatrice Nice Matiz: “Così concilio il lavoro in fabbrica, lo studio e gli impegni calcistici'

Terzino sinistro del Portogruaro, Nice confessa: 'Non avrei mai lasciato le mie montagne se non per il calcio. Lì ero una cantastorie e suonavo la fisarmonica'

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Terzino sinistro, classe 2000, Nice Matiz ha iniziato il suo percorso calcistico nell’Udinese prima di approdare nelle fila del Portogruaro, squadra veneta militante nel girone B di serie C.

Cantastorie per diversi anni, abile nel suonare la fisarmonica e fortemente legata alle tradizioni del territorio friulano, è sempre riuscita a portare avanti tra mille sacrifici la passione per il calcio, percorrendo nel recente passato centinaia di chilometri dal paese di origine nonché da questa stagione, rinunciando alla bellezza del paesaggio montano per approdare sulle sponde del fiume Lemene.

Nice, vuoi raccontarci la tua carriera nel mondo del pallone?

Ho iniziato a tirare i primi calci ad un pallone sin da piccolina con il fratello di una mia amica, giocando nella squadra del mio paese, togliendomi diverse soddisfazioni, rivestendo tra l’altro la fascia di capitano in un contesto dove ero circondata da tanti maschietti; a seguire l’approdo nel femminile nell’Udinese prima del passaggio al Portogruaro”.

Come riesci a conciliare lo sport con il lavoro e lo studio?

“Negli anni passati durante il ciclo di studi alle superiori facevo la cantastorie, suonando la fisarmonica e per giocare a calcio percorrevo un’ora e tre quarti di strada pur di allenarmi con la squadra, vivendo il tragitto con serenità, senza accusare piu’ di tanto la fatica perché sapevo verso quale meta felice stavo andando; nel tempo mi sono dovuta riorganizzare, allontanandomi dalle mie montagne, trasferendomi da questa stagione nella casa di mia zia a Portogruaro dove concilio al meglio il lavoro in fabbrica, lo studio universitario on line e le partite al campo”.

L’emozione del gol

“Ho realizzato la rete di apertura nel match vinto contro la Rinascita Doccia, facendomi trovare al posto giusto ed al momento giusto, sbloccando l’inerzia della gara; l’abbraccio della mia compagna di squadra Albulena Gashi dopo il gol resta comunque l’immagine ed il ricordo piu’ bello e significativo vissuto, avendo avvertito fortemente in quel gesto il calore di tutta la squadra”.

Qual è il senso del giocare a calcio?

“Scendo in campo per rendermi utile alla squadra. Gioco più per gli altri che per me stessa, cercando di regalare delle gioie senza deludere chi ha creato in me delle aspettative; il calcio per me resta la priorità nella vita, solo la smisurata passione per questo sport poteva indurmi ad allontanarmi dalle mie montagne, da intendersi comunque non prettamente come mera disputa delle partite ma come condivisione di tempo ed interessi con tutto l’ambiente circostante”.

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