Simona Ventura cambia lavoro: “La mia curiosità contro le fake news: così mi sono reinventata la vita"

"I miei documentari sul Covid a Bergamo e su Pannella? Credo nel diritto alla conoscenza e soprattutto posso far vedere ciò che valgo"

di Simona Ventura

Nella mia vita mi piace cambiare perché io mi annoio mortalmente a fare le stesse cose. Ho fatto per dieci anni "Quelli che il calcio” solo perché cambiava ogni puntata e i risultati delle partite facevano sì che il programma fosse imprevedibile. 

Per cui per quello che mi sono tolto quelli che il calcio lo so sopportato dieci anni. Anche “l’isola dei famosi” era diverso ogni volta, quindi sono riuscita a farla per otto anni. Però io a fare lo stesso programma tutti gli anni mi annoio mortalmente, ho sempre bisogno di incuriosirmi, di sperimentare ambiti che non conosco. Per due anni, su Discovery, ho fatto un programma che si chiamava "Discovery Simo”, andavamo sul territorio, mi ha divertito molto, e da lì ho cominciato insieme a Giovanni a fare la documentarista e a interessarmi di storie. Nel cercare cosa da raccontare in giro per i territori mi sono imbattuta in queste due storie. Una era il miracolo degli Alpini che hanno costruito l'ospedale da campo alla Fiera di Bergamo in sette giorni, il documentario poi è andato al Festival del cinema di Venezia, una grandissima emozione per me. L’altra storia che è diventata documentario racconta gli ultimi 100 giorni di Marco Pannella. E’ un mondo totalmente diverso dal mio, mi incuriosisce. Mi diverte andare a conoscere. La conoscenza, anzi il diritto alla conoscenza, è una cosa molto importante in questo momento e in questo mondo pieno di fake news. Serve conoscere e serve la curiosità di conoscere.

Foto Ansa

È una cosa che mi diverte  e che ho cercato di trasmettere ai miei figli. L'impegno fa sentire vivi, sembra che nel mondo dei digital e dei social tutti conoscano tutti, ma la realtà è che non conoscono niente. La vera conoscenza, l’approfondimento, è una cosa diversa. Andare al Torino Film Festival con questo nuovo lavoro mi riempie d'orgoglio perché vuol dire che di un documentario così c’era bisogno. Non so se ne faremo altri, questa me regista e produttrice insieme a Giovanni mi riempie d’orgoglio. E’ come fosse un altro lato, un'altra gamba della mia vita. Fare televisione come faccio da molti anni, trovando cose nuove da fare, è difficile perché quella televisione non esiste più. Fare la regista mi dà un’altra opportunità, un'altra luce. Ora posso far vedere quello che sono e quello che valgo e questi risultati sono veramente lusinghieri.