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Amianto, come fermare la strage? Il rapporto shock sul killer silenzioso

Amianto come fermare la strage Il rapporto shock sul killer silenzioso
di Stefania Elena Carnemolla

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L’amianto, il killer silenzioso che “uccide a basse dosi e anche dopo decenni”, continua a fare vittime.

Un’emergenza ambientale, sanitaria, economica e sociale di cui si è discusso il 6 novembre nella Sala del Carroccio, in Piazza del Campidgolio, a Roma, durante una conferenza stampa dell’ Osservatorio Nazionale Amianto. Amianto, come fermare la strage? Questo, il tema dell’incontro, presenti rappresentanti delle istituzioni nazionali e romane, cui sono intervenuti Ezio Bonanni, avvocato cassazionista e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Nicola Forte, commercialista e pubblicista, il professore Luciano Mutti, titolare della cattedra di oncologia medica e ricerca oncologica della Salford University di Manchester.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha, ad esempio, stimato che ogni anno nel mondo muoiono a causa della “fibra killer” più di 100.00 persone e questo, come emerso dalla conferenza stampa, “per i soli casi di mesotelioma, cancro polmonare e asbestosi per esposizioni professionali”, cui vanno aggiunti i decessi per “altre patologie riconosciute”, come il “cancro dell’apparato gastrointestinale e il cancro alle ovaie”, nonchè quelli dovuti ad “esposizioni extraprofessionali”.

Le prospettive non sono incoraggianti in particolare in Italia che, come ricorda l’Osservatorio Nazionale Amianto, “è stato il maggior produttore e utilizzatore di amianto” e dove di amianto “si continua e purtroppo si continuerà a morire per i prossimi 130 anni” così l’avvocato Ezio Bonanni “considerando che, anche con le più rosee aspettative, le bonifiche non finiranno prima di 85 anni”. Da qui la necessità di “bonificare al più presto i 40.000.000 di tonnellate contenenti amianto” disseminate su tutto il territorio nazionale. E un dato shock: “Anche le scuole” ha denunciato l’avvocato Ezio Bonanni “sono imbottite di amianto: 2.400 in Italia, censite dall’ONA, per fermarci a quelle che abbiamo censito, ma temiamo che siano di più: e che cosa fanno le istituzioni, e i cittadini? Ecco perché abbiamo creato i nostri dipartimenti, attraverso i quali forniamo assistenza medica e legale, naturalmente in piena sussidiarietà con le strutture pubbliche”.

E poi amianto sulle navi, sui treni, per la fabbricazione delle tute ignifughe, corde, plastica, cartoni, e, come composto fibro-cementizio, il famoso eternit, per la fabbricazione di recipienti per l’acqua, canne fumarie, tegole, pavimenti, tubazioni. E ancora, l’amianto per la coibentazione di tetti, edifici e come composto di vernici, e l’amianto utilizzato, ad esempio, nell’industria automobilistica per vernici, materiali di attrito, freni, guarnizioni, parti meccaniche. Senza dimenticare la polvere di amianto, usata nel comparto vinicolo come coadiuvante per la filtrazione dei vini. 

Un’esposizione all’amianto, come si vede, ad ampio spettro. Solo in Italia, così il secondo rapporto dell’Osservatorio Nazionale Amianto sui mesoteliomi, si sono registrati decessi per malattie amianto-correlate come “mesotelioma pleurico, alla tunica vaginale del testicolo, al pericardio e al peritoneo”, e ancora “cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon e al retto e alle ovaie”, quindi per “patologie fibrotiche” fra cui “asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici e loro complicanze cardiocircoltorie”, cui, ricorda il rapporto, “si aggiungono decine di migliaia di nuovi malati”.

E allora, qualche cifra per far capire l’entità del problema. L’Osservatorio Nazionale Amianto, dati alla mano, ha, ad esempio, ripartito, come risulta dal suo rapporto, i casi di mesotelioma per comparti, fra cui “spiccano” quello edile per il 52%, quello dell’industria metalmeccnica per più dell’83%, dell’industria tessile per più del 7%, della cantieristica navale per circa il 7%. Dal rapporto risulta anche che il comparto Difesa, con più di 620 casi censiti al 2012, rappresenta il “4,1 % del totale dei mesoteliomi insorti in seguito alle esposizioni professionali”. Nel settore dei rotabili ferroviari al 2011 sono stati censiti, ricorda ancora il rapporto, “505 casi solo di mesotelioma”, con una stima, per i cinque anni a seguire, di 650 casi .

Preoccupante, per il rapporto, i casi di mesotelioma nella scuola, con 63 casi al 2011 e il censimento di “almeno altri 20 nuovi casi fino al 2016” per un totale, secondo le stime, di cifre superiori agli 80 casi” e che, denuncia il rapporto, “sono quindi la punta dell’iceberg, che certificano l’inadempimento di tutto lo Stato”.

Dal rapporto, che ricorda come nel tempo, in Italia, 3 milioni siano stati i lavoratori esposti all’amianto e come ancora oggi vi siano centinaia di migliaia di persone esposte, con il rischio, quindi, di “contrarre patologie asbesto-correlate”, emerge anche un dato inquietante, là dove si ricorda che le importazioni italiane di amianto grezzo sono state sempre superiori a 50 mila tonnellate all’anno fino al 1991 e che “ci sono stati casi di importazione anche nei tempi più recenti, come denunciato dall’ONA e come confermato anche dal Governo”.

Un’emergenza che è anche sociale ed economica, poichè, ricorda il rapporto, “tali patologie sono molto invalidanti, e determinano una necessità di assistenza, terapie e cure, e perché morti cruente, come quelle che provoca l’amianto sconvolgono poi l’intera famiglia anche dopo il decesso, e spesso, intere comunità”. Il rapporto fa l’esempio di Taranto, Priolo Gargallo e altre realtà, ricordando che “l’utilizzo scriteriato di materiali di amianto, in assenza di misure di prevenzione e protezione, determina la malattia e la morte di intere coorti di lavoratori. È sufficiente fare un raffronto sull’indice di mortalità del reparto fonderia dell’ILVA di Taranto, con il personale impiegatizio, esposto solo in via indiretta, per dimostrare che c’è un’incidenza di cancro, superiore del 50%, e del 400% dei cancri di amianto in chi lavora in fonderia. Se poi si paragona chi lavora come impiegato nell’ILVA di Taranto alla popolazione di Taranto, l’indice di mortalità è comunque superiore al resto della popolazione della città e a sua volta l’indice sulla popolazione di Taranto è comunque superiore a quello di ogni altra città. Per quanto riguarda la sola città di Taranto, la spesa sanitaria per curare i cittadini e lavoratori dalle patologie provocate dalle esposizioni e dall’inquinamento dell’ILVA di Taranto è pari a circa 4.000.000.000 di euro, a cui si aggiungono le altre spese”.

Dalla conferenza stampa di Roma è stato, infatti, lanciato un allarme, sottolineando che i costi sanitari potrebbero diventare 5 miliardi di euro in dieci anni. Il calcolo l’ha fatto il professore Luciano Mutti: “Il sistema italiano di gestione delle politiche sociali rischia il collasso. Ad oggi il costo sociale medio di un paziente oncologico per l’unità di riferimento (paziente e care-giver) è di 41.000 euro ogni anno (se ad esso dovesse aggiungersi il costo di un farmaco di nuova generazione si arriverebbe ad oltre 100.000 euro l’anno). Cifra insostenibile sia per il singolo malato che per la sua famiglia, ma anche per il Sistema Sanitario Nazionale che dovrebbe affrontare una spesa complessiva stimata in 400 milioni di euro annui, a cui si aggiungono le spese per prestazioni previdenziali ed assistenziali: un totale dicirca 5 miliardi per i prossimi dieci anni. Costi che potrebbero essere abbattuti se solo il Sistema Sanitario Nazionale utilizzasse esclusivamente i farmaci per i quali è stata dimostrata la capacità di aumentare la sopravvivenza di un malato oncologico”.

Amianto, che fare? Dalla conferenza stampa di Roma è emersa la proposta di affrontare e superare il problema ricorrendo a strumenti tecnico-normativi ed economico-finanziari che consentano, senza distinzione di categoria, la “bonifica definitiva” da amianto. Nel suo intervento il dottor Nicola Forte ha ricordato la proposta di legge per la bonifica che “si fonda sull’utilizzo della leva fiscale per incentivare i numerosi e, attualmente troppo costosi, interventi di bonifica dell’amianto e smaltimento del materiale cancerogeno, attraverso un riconoscimento di un credito di imposta alle imprese e di detrazione per i privati.

Anche per i privati il problema amianto è, infatti, “molto sentito” e “nonostante esistano già delle riduzioni, queste non risultano sufficienti rispetto alla gravità del fenomeno”. “L’importo massimo previsto su cui calcolare la detrazione” ha spiegato “sia pure limitatamente al quinquennio 2018-2022, dovrebbe aumentare da 96.000 a 120.000 euro, con una detrazione pari al 75%. Inoltre il contribuente potrà scegliere come utilizzare con maggiore efficacia il beneficio suddividendo la spesa detraibile in un numero variabile di rate da 5 a 10”.

Per quanto riguarda le imprese “è previsto un beneficio maggiore, relativo non solo all’anno in corso, ma valido anche per il futuro, che prevede un credito di imposta pari al 50% delle spese di bonifica con un massimale di spese di 2.000.000 di euro, da suddividere in 3 quote di pari importo”.

 

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07/11/2017