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Discariche sommerse: nei nostri mari (e nelle nostre pance) finisce di tutto

Discariche sommerse nei nostri mari (e nelle nostre pance) finisce di tutto
di La nuova ecologia

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Pneumatici, elettrodomestici, fusti, rottami ferrosi e plastica di ogni tipo e provenienza popolano il mare, galleggiano in acqua e giacciono sui nostri fondali, non solo sul bagnasciuga. In spiaggia, ad esempio, si trovano in media 17 rifiuti ogni 100 metri quadri, si tratta di bottiglie, tappi, secchi, stoviglie e mozziconi di sigaretta abbandonati sulla sabbia. Molti rifiuti, soprattutto plastici, galleggiano nell’acqua. La scorsa estate, durante 87 ore di osservazione e 1.700 km di mare monitorati, i tecnici di Goletta Verde e Accademia del Leviatano hanno rilevato 700 rifiuti, fino a 27 rifiuti galleggianti ogni chilometro quadrato. La plastica la fa da padrona, con una percentuale che sfiora il 90%. Gli osservatori hanno in pratica incontrato lungo le loro rotte nell’Adriatico, Tirreno, Ionio e la transfrontaliera Civitavecchia-Barcellona, un rifiuto plastico ogni dieci minuti. «La grande quantità di rifiuti che abbiamo trovato lungo il nostro viaggio rende l’idea di quello che nascondono i fondali marini – commenta Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente – I rifiuti galleggianti costituiscono solo una minima parte del problema: si stima che il 70% dei rifiuti che entra nell’ecosistema marino affondi».

INDAGINE SOCIAL. Sui fondali del Mar ligure giacciono in media 40 kg di rifiuti per chilometro quadrato, con picchi che arrivano fino a 925 kg. È quanto ci dicono i dati della “indagine e mappatura georeferenziata dei rifiuti antropici” realizzata nell’ambito del progetto Gionha (programma di cooperazione transfrontaliera Italia/Francia 2007- 13). «Coinvolgendo i pescatori in questa indagine fra 0 e 50 metri di profondità, abbiamo rilevato decine di tonnellate di rifiuti, di cui il 60% circa in plastica, che sono state smaltite grazie al contributo di Comuni volenterosi», spiega Maurizio Costa, ex presidente e direttore tecnico dell’Osservatorio pesca ambiente della Regione Liguria, che ha curato il progetto. I 17 pescherecci coinvolti nell’operazione hanno pescato ben 83 tonnellate di rifiuti solidi, la maggior parte rinvenuta più vicino alla costa. «Questo perché – aggiunge Costa – i fiumi trasportano al largo molti dei rifiuti del territorio. I risultati del progetto Gionha, infatti, oltre a dirci che c’è ancora poca educazione e l’abitudine di pensare che “prima o poi” qualcuno raccoglierà il rifuto, suggeriscono di intervenire alle foci dei fiumi per recuperare i rifiuti prima che arrivino nell’ambiente marino. Non a caso, dopo Gionha è partito un progetto Life chiamato Smile (Strategies for marine litter and environmental prevention of sea pollution in coastal areas, ndr), che sperimenta anche dei sistemi con palizzate e grosse reti da pesca alle foci per catturare oggetti grossi e impattanti».

SPAZZATURA IN RETE. I danni che generano i rifiuti nell’ecosistema marino sono ingenti, a cominciare dalla fauna. Tartarughe marine, uccelli e mammiferi possono restare intrappolati, o morire per soffocamento e complicazioni dovute all’ingestione accidentale di oggetti scambiati per cibo. Inoltre quelli che costituiscono il microlitter, le particelle di dimensioni inferiori ai cinque millimetri, sono la causa principale del disequilibrio della catena alimentare e dell’ecosistema marino, poichè vengono ingerite molto facilmente senza che l’animale se ne accorga. I predatori possono poi scambiare buste o altri oggetti fluttuanti con le prede. Nel Mediterraneo occidentale, l’ingestione di rifiuti causa la morte del 79,6% delle tartarughe marine. Un’emergenza confermata anche dal Centro recupero tartarughe marine di Legambiente a Manfredonia (Fg), dove ogni anno arrivano centinaia di esemplari da curare, l’8% dei quali presenta sintomi riconducibili all’ingestione di plastica. Danni dunque all’ecosistema, ma anche economici per turismo e pesca. A causa dell’assenza della rete di raccolta e smaltimento in porto, una volta finiti nelle reti dei pescatori i rifiuti vengono spesso rigettati in mare perché chi li pesca ne diviene “di fatto” il produttore e deve sostenere gli oneri e le fatiche dello smaltimento. «Col Gruppo di azione costiera di Imperia (Gac) stiamo cercando di fornire dei trituratori per far compattare i rifiuti ai pescatori– riprende Maurizio Costa – che via via saranno costretti, dalle normative che stanno nascendo, a sostenere l’onere della raccolta di questi rifiuti: parliamo di alcuni centesimi di euro a kg e spesso sono rifiuti pesanti».

CATENA ALIMENTARE. «Speriamo – dice Giorgio Zampetti di Legambiente – che la direttiva europea sulla Marine strategy possa dare il giusto contributo alla risoluzione di questi problemi e ad avviare una seria politica di prevenzione. Peccato però che il 2015 è indicato dall’Europa come l’anno in cui tali misure preventive dovrebbero già essere in atto per implementare la strategia marina entro il 2016». Un aiuto in tal senso dovrebbe arrivare dall’entrata in vigore, nel luglio scorso, del Piano di azione regionale sulla gestione dei rifiuti marini nel Mediterraneo adottato dalle Parti della convenzione di Barcellona nel dicembre 2013. Le misure previste dovranno essere attuate en-tro il 2020. Insomma, in mare non esistono barriere alla circolazione dei rifiuti e questo è un problema comune. «Il Nilo e gli altri grandi fiumi scaricano centinaia di tonnellate di plastica nel Mediterraneo. Questa si frantuma, si muove con le correnti e viene ingerita da pesci e cetacei. Entra cioè nella nostra dieta – spiega Massimo Mucchetti, senatore Pd – Con l’emendamento al collegato ambientale all’esame del Senato, intendo riaprire uno spazio per ripulire il mare da questo insidioso inquinamento. I limiti di finanza pubblica sono stringenti, ma non possono diventare l’alibi per non fare nulla e limitarsi a finanziare la disponibilità di rimorchiatori per intervenire contro gli sversamenti di carburante, che da 23 anni sono ridotti al minimo. A questo scopo va sperimentata la collaborazione, anche economica, fra lo Stato e i consorzi privati per il riciclo della plastica sul piano scientifico e operativo ». In particolare, la proposta del senatore Mucchetti punta alla creazione di una flotta di battelli che, all’interno delle aree marine protette, si faccia carico della raccolta in mare di prodotti e sostanze pericolose per pesci, tartarughe e cetacei attraverso specifici bandi di gara.

Grandi pulizie da fare in fretta: il Consiglio generale della pesca nel Mediterraneo sostiene infatti che sono oltre 6 i milioni di tonnellate di materiali solidi e pericolosi di origine umana che vengono scaricati ogni anno nei mari del mondo, la maggior parte dei quali inquinanti di origine industriale. Uno scrigno di immondizia che lasciamo in eredità agli ecosistemi. Non esattamente un tesoro in fondo al mare.



16/06/2015